I Ministri – Largo Venue, Roma – 14 dicembre 2022

I Ministri – Largo Venue, Roma – 14 dicembre 2022
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Inizia a Roma il Trio Tour. Tre persone sul palco e tre cerchi sullo sfondo. Una roba biblica per raccontare una storia umana 

Sold out il primo ultimo concerto de I Ministri nell’umida e nebbiosa serata romana a Largo Venue. Un concerto che mentre lo viviamo già sappiamo che ci mancherà. Talmente bello che ci terrà compagnia nella loro – temporanea – assenza. 

In questi anni ci siamo abituati alle pause, alle assenze, alle riprese. Abbiamo imparato che la mancanza è una cosa seria, ma anche un grandissimo stimolo per fame di ripresa. 

Le cose iniziano, finiscono, si interrompono e ricominciano. I Ministri questo ce l’hanno raccontato già varie volte, e in varie canzoni, negli ultimi quindici anni. Si allontanano, poi ritornano, e noi li accogliamo sempre con le braccia aperte e sudate quando lo fanno.

Ore 21.40, la sala strapiena alza un coro di “Tempi bui” mentre le luci iniziano ad abbassarsi. Solo cinque minuti di attesa e I Ministri salgono sul palco. 

Nella loro formazione originale, in tre: Davide Autelitano, Michele Esposito, Federico Dragogna. Nelle loro solite uniformi, non proprio: giacche bianche, strappate, tagliate, sporche di glitter rossi e di qualcosa che ricorda il sangue o il vino. Piene di vita, bellissima e straziata. Opera di Nick Cerioni.

È la metafora di quelle giacche la prima cosa commovente del concerto

La seconda sicuramente è la scaletta, quella che il pubblico tenta più volte di indovinare, ma sbaglia. Divi dice che, no, non indovineremo il prossimo pezzo. 

“La scaletta non sarà una scaletta piacevole, non accontenterà tutti, ma quello che accontenterà qualcuno per noi sarà importante.”

Foto di Mirko Ostuni

Si inizia subito, proprio con due canzoni che dal vivo non sentivamo da un tempo che è difficile quantificare: Fari spenti e I nostri uomini ti vendono, entrambe nel loro primo disco, “I soldi sono finiti” del 2006.

“Torniamo in trio dopo tanto tempo per raccontare una storia. Probabilmente molti di voi hanno pensato il peggio, sbagliato. È molto peggio! – ci rassicura Divi – La verità è che tutta questa gente ha bisogno di tornare un po’ alle origini, in trio certe cose le raccontiamo meglio e non lo facciamo per essere prolissi, lo facciamo per essere essenziali.” 

E via con due classici, di cui le prime note subito le riconoscono tutti. Due classici de I Ministri che scatenano il pogo più sfrenato: Idioti prima, Stare dove sono poi.

La scaletta non manca di raccontare anche quello che hanno fatto più di recente. Sono orgogliosi di tutte le cose che hanno fatto, dicono. Se questo ritorno in trio racconta una storia, la loro, è una storia Peggio di niente. Subito dopo, Fidatevi

Un concerto serratissimo, di cui la batteria di Michele detta i tempi e non lascia un attimo per rifiatare. “Una lezione di acqua gym”, la definiscono ridendo.

Ma qualche momento per introdurre Berlino 3 Federico lo ruba: “Una decina di anni fa, un gruppo di emiliani fu così matto da prendere una delle nostre canzoni e farla diventare realtà, questo pezzo si chiamava Berlino 3. Decisero di nascosto da noi, contattando il manager nottetempo, di organizzarci un concerto a Berlino. Ovviamente poi ce lo dissero prima di andare. Quello fu il primo segnale che voi potevate costruire qualcosa ancora più di noi.”

Si continua con la storica e bellissima La nostra buona stella. Una canzone che il loro ultimo disco, Giuramenti”, ci ha ricordato sotto molti aspetti. Una canzone che dice “voi non esistete più” ed è a queste piccole parole che si lega l’immancabile ricordo, fatto da Davide, per tutti quei posti che non possono più suonare e far suonare.

“Roma è stata una città che ci ha accompagnato per tantissimi anni, abbiamo visto tanti posti accoglierci, tanti posti non poterlo più fare. Questa canzone parla di universi, e l’universo musica ha spento le sue stelle in passato. Ringraziamo tutto ciò che può rimanere ancora vivo di quello che fu Il Circolo degli Artisti, il Traffic, Il Sorpasso, e tutto quello che Roma ha sempre fatto per far girare la musica. Ma soprattutto, ringraziamo tutto quello che succede ora, a Largo Venue!” 

Dopo il sudore, le voci che cantano, anche le lacrime e Mangio la terra, siamo arrivati a un pezzo suonato pochissime volte, nato da una scritta vista su un muro a Parigi “durante una delle tante sommosse che fanno lì”, dice Fede. Questo pezzo si chiama La casa brucia.

Foto di Mirko Ostuni

Ora siamo al 2015 con la open track di “Cultura generale”. Una produzione internazionale forse poco capita in Italia, dice Divi. Nella mia personale e irrilevante percezione delle cose, questo disco fu un momento di svolta sia nella loro storia che nella mia. Suonano Cronometrare la polvere.

Continuano con Da questo momento, l’ultimo singolo uscito il 2 dicembre in anticipazione a queste tre date-evento. Mi viene in mente la copertina del singolo, una grafica che ricorda il taglio di Fontana, ma più luminoso. Un passaggio tridimensionale nell’arte, non solo verso ciò che c’è davanti, anche verso tutto quello che c’è dietro, oltre. Al di là del quadro, della musica, del palco. Chi guarda/ascolta è il vero centro: è avanti, dentro e dietro. Siamo parte di tutto questo, I Ministri ce lo fanno sentire forte ad ogni loro concerto. 

E non mi sembra un caso che subito dopo suonino Vestirsi male, in una versione acustica che riprende e rivisita la tradizione de “Il bel canto”. Divi scende a cantarla nel pubblico, con noi, tutta. 

Qualche secondo di pausa, vanno nel back a fare cose orrende da rockettari. Non è vero, ci raccontano che si stavano chiedendo se per caso non dovessero fare quello che stanno facendo stasera sul palco e qualcuno li incontrasse per strada conciati così cosa farebbe. Ma alla fine, di questi tempi, succede molto di peggio.

Impossibile indovinare il prossimo pezzo: Mille settimane. Subito dopo fanno un classicone, Comunque, e non può che essere il delirio. Tra chitarra, basso e batteria, e tra la gente sempre più accalcata.

Il concerto sarebbe finito ma I Ministri tornano sul palco, perché Roma si merita altri tre pezzi. Non erano stati, assolutamente, programmati. Giocano con noi, noi con loro. Ci conoscono, li conosciamo. È un concerto forte ma semplice, musica senza tanti fronzoli. Un’ora e quarantacinque minuti che ci fanno stare solo bene. Ci ricordiamo delle canzoni che non sentivamo da tanto. Quasi tutto è inaspettato ed è bella la gratificazione di una sorpresa che ti piace. 

I soldi sono finiti, poi Spingere. Ed io non so come il soffitto di Largo Venue, dopo questa canzone e tutto quello che si è scatenato, sia ancora lì, sulle nostre teste, col suo finto cielo stellato creato dalle luci.

“In questo momento in cui nella musica è tutto finto, risulta quasi tutto di plastica, vogliamo ricordarci che la nostra culla, il nostro momento di inizio è stato un momento di brutale condivisione di rumori, suoni, che hanno creato forse la cosa che ha condizionato più di ogni altro la nostra vita. E credo che a condizionarla ancora di più siate stati voi e le persone che vediamo oggi a Roma ci hanno accompagnati in anni e anni di concerti. Per cui vogliamo concludere come abbiamo sempre chiuso, grazie per il sostegno e ricordatevi che la musica suonata ha sempre un valore, ha sempre un inizio e una fine.” – Divi

Suonano Abituarsi alla fine. Divi fa stage diving, le luci impazziscono a farci sentire male, il microfono girato verso il pubblico, la musica che continua a martellare, alla fine la giacca a terra. Come sempre. 

Foto di Mirko Ostuni

Questo è quello che è stato. Quello che sarà, come è giusto che sia, non lo sappiamo. 

Questa musica, suonata in questo paese, suonata così, è davvero una cosa romantica. A pensarci ora, passata l’adrenalina, asciugato il sudore, messo lo spray per la gola graffiata, la sua assenza potrebbe essere risonante. Ma tu “non pensarci nemmeno”.

a cura di
Lara Melchionda

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