“Inverso – The Peripheral”: un rollercoaster temporale

“Inverso – The Peripheral”: un rollercoaster temporale
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I’m moving up and down side to side like a roller coaster

E se potessimo viaggiare nel tempo rimanendo nella nostra cameretta? Se tramite un visore potessimo spostarci dalla nostra realtà nel 2032 ad un’altra nel 2099? Dagli Stati Uniti all’Inghilterra? Come se fossimo in un rollercoaster temporale dove non è il corpo a viaggiare, ma la nostra mente?

“Inverso – The Peripheral” cerca di rispondere a questi quesiti e non solo, prova a farci entrare in quel filone fantascientifico che ha dato tanto da fare ai Cosplayer, il Cyberpunk.

Dalla penna alla carta, dalla carta allo schermo

Da grande appassionato di libri, in particolar modo del genere fantascientifico in tutte le sue derivazioni, quando vidi per la prima volta il trailer di “Inverso – The Peripheral” mi gasai moltissimo.

Per chi non lo sapesse, questa serie targata Prime Video, è tratta dall’omonimo capolavoro di colui che viene riconosciuto come uno dei padri fondatori del movimento Cyberpunk, William Gibson.

Non ho bisogno di scrivere in merito al futuro. Per la maggior parte delle persone, il presente è già abbastanza inquietante.

L’autore americano, naturalizzato canadese, è riconosciuto da tutti come il creatore di alcuni dei più grandi bestsellers del filone e non possiamo non ricordare titoli come “Neuromante” o più di recente “Agency” secondo titolo del Ciclo Jackpot di cui fa parte anche “Inverso”.

Da questo presupposto sono partiti Lisa Joy e Jonathan Nolan, creatori di una delle serie recenti che hanno segnato il genere, “Westworld”, che se non avete visto dovete assolutamente recuperare.

Diciamocelo, per gli amanti della fantascienza, vedere trasposta un’opera di Gibson è sempre difficile, vuoi per la descrittività dei suoi libri che bada molto di più a cosa ci circonda e a chi sono i personaggi, rispetto alla trama vera e propria; vuoi perché questo libro, in particolare, non è consigliato come prima lettura di Gibson in quanto dopo le prime 100 pagine probabilmente smetterete di leggerlo grazie al suo essere complicato.

Ma il fratellino di Christopher Nolan e la sua consorte sono riusciti a dar forma a questa idea e ne esce la prima stagione della serie, composta da 8 episodi, un must di questo periodo storico, complicata, ma che lascia lo spettatore soddisfatto di quanto visto senza la pesantezza della storia. Ogni episodio dura 50 minuti, ma che passano in fretta e lasciano sempre il dubbio di non aver capito fino in fondo quanto trasmesso sullo schermo.

Dall’America rurale all’Inghilterra barocca

Blue Ridge Mountain 2032, Flynne Fisher (Chloë Grace Moretz) lavora in una tipografia 3D; per poter aiutare la madre malata e sbarcare il lunario aiuta suo fratello, Burton Fisher (Jack Reynor), giocando a videogiochi VR. Grazie alla sua bravura, la ragazza viene notata da una non meglio identificata azienda sudamericana che si occupa di videogiochi. Burton riceve così uno strano visore che porterà le sensazioni della realtà virtuale ad uno step superiore.

Credo che le tecnologie siano moralmente neutrali fino a quando non le applichiamo. È solo quando si usano per il bene o per il male, che diventano bene o male.

Flynne si ritrova quindi in una Londra del futuro, accompagnata da Wilf Netherton (Will Karr), un moderno Virgilio, dove tutto è così simile al barocco e dove la realtà virtuale è così reale, tanto reale da sentire dolore. In questo continuo dualismo tra presente e futuro si scoprono man mano verità nascoste e si insinuano parecchie domande.

Perchè queste due realtà sono collegate? Perche il futuro vuole cosi tanto interferire col passato?

Puntata dopo puntata per ogni quesito risolto ne spuntano altri, fino ad arrivare a quel cliffhanger tanto telefonato quanto necessario per concludere la serie in maniera degna e con una latente aspettativa per quello che verrà.

Dal Farwest ai Lord Inglesi

Lisa Joy e Jonathan Nolan dopo aver lasciato HBO ed essere stati spettatori della fine prematura, ma da molte parti definita necessaria, della loro creatura Westworld, hanno ripreso in mano gli stilemi classici delle loro sceneggiature per creare “Inverso – The Peripheral”.

I parallelismi tra le due serie sono tanti e spesso sovrapponibili: le due linee temporali, l’utilizzo di androidi, in taluni casi senzienti, l’esasperazione nella descrizione visiva delle scene e il ritmo mai troppo veloce, anche se con qualche scivolone.

Certo è che, grazie all’opera di Gibson, per il duo di sceneggiatori è stato più che facile addentrarsi in questo tipo di situazione cinematografica e lo sviluppo di una seconda stagione della serie potrebbe portare alla degna conclusione della storia.

In attesa che Joy e Nolan scrivano e producano anche il secondo libro del Ciclo Jackpot, per altro già annunciato, “Agency”, non possiamo che alimentare la curiosità su come questo ciclo possa essere sviluppato per il piccolo schermo e magari, perché no, riportare Gibson sul grande schermo dopo Johnny Mnemonic.

400 Minuti di lenta velocità

Ma in definitiva, la serie mi è piaciuta? La risposta a bruciapelo non può che essere si, ma sarebbe limitativo. La serie ha il pregio di riportare alla ribalta uno dei più importanti scrittori fantascientifici degli ultimi 40 anni, cercando di elevare quel filone da sempre bistrattato dal grande schermo in quanto fin troppo difficile, a parte alcuni capolavori assoluti come Metropolis o Blade Runner.

Joy e Nolan sono riusciti, non senza inciampi, a ricreare le ambientazioni e le sensazioni del libro di Gibson, facendoci domandare se davvero questo genere non debba avere una seconda possibilità. Esplorando sempre di più quella letteratura ancora troppo poco utilizzata.

Come detto nel titolo, “Inverso – The Peripheral”, può essere considerato un ottovolante temporale dove il connubio di questi due mondi è il vero fulcro di tutto, i personaggi diventano un corollario dell’evento.

Chloe Grace Moretz riesce a contrastare questa sensazione soprattutto grazie alle sue capacità attoriali ed a un personaggio forte e ben concepito che sovrasta tutti gli altri.

Il mio augurio per la seconda stagione è che vengano sviluppati e definiti meglio gli altri personaggi e non solo abbozzati sia per caratterizzazione che per il loro trascorso.

La paura è quella che la serie si trasformi in una nuova Lost dove i quesiti aperti sono rimasti troppi anche a distanza di 12 anni dalla sua conclusione.

Non ci resta che aspettare l’annuncio della seconda stagione.

“Inverso – The Peripheral” è disponibile in streaming dal 27 ottobre su Amazon Prime Video.

a cura di
Andrea Munaretto

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Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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