Siccità: un film corale
“Siccità” è il nuovo film di Paolo Virzì. Una lavorazione durata due anni e mezzo con grandi difficoltà a causa della pandemia. Il film descrive un futuro improbabile ma sempre più possibile.
Una Roma del futuro dove non piove da tre anni. La spaventosa veduta dall’alto del Tevere prosciugato con scavi riaffiorati insieme a immondizia. Quando Virzì, insieme agli autori Francesca Archibugi, Francesco Piccolo e Paolo Giordano hanno dato vita a questa visione distopica si sono accorti che il film diventava sempre più, spaventosamente, attuale. D’altronde fa pensare la scorsa estate, considerata una delle più calde di sempre e le recenti devastazioni succedute nelle Marche.
Virzì e il suo tocco
Il film, quindi, descrive la vita di personaggi di estrazione diversa in questa situazione limite. E qui Paolo Virzì usa il suo inimitabile tocco. Erede a pieno titolo di Mario Monicelli e Dino Risi Virzì, nei suoi film, è riuscito a descrivere vizi e virtù della società italiana. Ne ha saputo tratteggiare gli aspetti drammatici e comici in maniera acuta riuscendo sempre ad attualizzarli.
Una Roma decadente splendidamente ritratta dalla fotografia di Luca Bigazzi. Un insieme di personaggi che vivono vite disperate. Un attore di teatro che cerca consensi come improbabile influencer (Tommaso Ragno) schiavo della sua vanità, che trascura la moglie (Elena Lietti) costretta a chiudere la sua libreria e tornare a fare la commessa in un supermercato.
A sua volta lei ha una relazione segreta con un avvocato spregiudicato e di successo (Vinicio Marconi) sposato con una dottoressa d’ospedale (Claudia Pandolfi). Un ex autista di auto blu che vivacchia come tassista ma è narcolettico e immagina di parlare coi fantasmi del passato presenti in auto (Valerio Mastandrea).
E ancora il rozzo bodyguard burino (Gabriel Montesi) che scorta la figlia di un grande proprietario di alberghi di lusso (Emanuela Fanelli). L’ex commerciante in bancarotta (Max Tortora) che cerca di apparire nelle dirette televisive per denunciare la sua disperazione. Il detenuto che evade per sbaglio (Silvio Orlando) e coglie l’occasione per porre rimedio agli sbagli commessi in passato. L’esperto scienziato che diventa, suo malgrado, una star televisiva ed entra nel jet set seducendo una famosa attrice (Monica Bellucci).
Vite che si incrociano
Tutti questi personaggi incrociano le loro vite. In qualche modo vivono una situazione di disagio interiore. Non solo la mancanza d’acqua ma la razionalizzazione imposta dalle autorità. Nel supermercato non si può acquistare più di una bottiglia d’acqua. In più, un’epidemia causata dalle blatte che infestano la città, rischia di peggiorare la situazione. Destini che si incrociano, quindi, nel film e nella vita come a dire che il disagio interessa tutti. Un modo per porre l’attenzione sul tema ambientale come urgenza primaria per la salvaguardia umana.
Un universo popolato di personaggi reali e disperati, ritratti in tutte le loro debolezze. Meschinità e ipocrisie, finti abbracci. Questo universo è un po’ la rappresentazione reale di quello che siamo diventati. Si sorride, a volte, ma con amarezza. Eppure, in questo universo apocalittico, Paolo Virzì riesce a dare speranze tangibili che si riflettono soprattutto nel personaggio della giovane figlia di Loris (Mastandrea) interpretata da Emma Fasano.
Piano piano, nel finale si dispiegano le tensioni in un abbraccio corale di speranza. E, fra le scene finali, la commovente immagine dell’ergastolano Antonio (Orlando) che viene inquadrato dalle telecamere del carcere di Regina Cieli mentre attende di rientrare, sotto la pioggia. Un’immagine tenera e poetica che rimanda a Charlie Chaplin e ricorda la frase della canzone “Son s’cioppàa” di Enzo Jannacci:” adesso hai capito come nascono i comici”.
a cura di
Beppe Ardito
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