“C’mon You Know”: il ritorno di Liam Gallagher, l’ultimo dei romantici
Abbiamo tutti un blues da piangere
Come ben descrive il regista Mario Monicelli nel suo capolavoro cinematografico del 1992 Parenti Serpenti, ognuno di noi può vantare un fratello Gallagher in famiglia.
E proprio sullo storytelling della commedia amara, resa celebre illo tempore dalle vicissitudini dei fratelli Caino e Abele, ad ogni uscita discografica solista post Oasis dei Gallagher’s ci attanaglia fedelmente la stessa domanda: Liam o Noel, OurKid o The Chief?
Per la generazione degli anni ’90, cresciuta tra MTV e un pallone incastrato sotto le marmitte delle automobili parcheggiate sotto casa, il dilemma si rinnova periodicamente dal 28 agosto 2009, data in cui Noel Gallagher decise di porre fine al capitolo Oasis dando forfait a pochi minuti dal concerto della band di Manchester al Rock en Seine di Parigi dopo un violento litigio con Liam.
It’s with some sadness and great relief to tell you that I quit Oasis tonight. People will write and say what they like, but I simply could not go on working with Liam a day longer.
Noel Gallgher, 28 agosto 2009
E così Liam, raccolte le ceneri del suo ego ferito e del suo perenne status conflittuale di fratello minore, dopo aver fondato parallelamente la sua linea di abbigliamento Pretty Green e una nuova band – giunta al capolinea nel 2014 – con tre ex Oasis Beady Eye, ha avviato la sua carriera solista pubblicando tre album in studio: As You Were nel 2017, Why Me? Why Not nel 2019 e C’mon You Know, uscito il 27 maggio 2022 per l’etichetta Warner Records.
C’mon You Know, l’album per liberarsi dal fantasma del fratello maggiore
Il disco di quattordici tracce, frutto del secondo periodo di quarantena imposta dal Covid-19, è stato anticipato dai singoli Everything’s Electric, C’mon You Know e Better Days, e vanta la partecipazione artistica dei produttori Greg Kurstin e Andrew Wyatt, di Dave Grohl dei Foo Fighters, Ezra Koenig dei Vampire Weekend e Nick Zimmer degli Yeah Yeah Yeahs.
L’album si apre con More Power, una ballad acustica introdotta da un coro celestiale di bambini, prosegue poi con Diamond In The Dark, caratterizzata da una tagliente bassline e sonorità inglesi più canoniche senza mai inciampare in cliché e dinamiche ripetitive.
Don’t Go Halfway, tra le più riuscite del disco, è sorretta da un loop di batteria ossessivo che scorre fino alla title-track, C’mon You Know, un tripudio blues e gospel.
Liam Gallagher spazia dalle sonorità più ruvide di I’m Free, Wave, Oh Sweet Children, World’s In Need e The Joker, alternando sapientemente un sound electro rock e beat, a tratti dub e trip hop, raggiungendo echi psichedelici con It Was Not Mean To Be.
Sitar, hammond, archi, fiati, armonie maggiori e minori guidano l’ascoltatore in un trip che suona come un pugno nello stomaco ma anche come una dolce carezza, lasciando il giusto respiro e spazio alle melodie più morbide e malinconiche di Too Good For Giving Up, Better Days e Moscow Rules.
Everything’s Electric è il brano più significativo e brillante dell’album. Attitudine, piena consapevolezza e Dave Grohl alla batteria. Quando i due migliori frontman degli ultimi 30 anni si incontrano, anche le rette parallele tremano e riconsiderano il concetto di infinito: «underneath the red sun, everthing’s electric».
L’ultimo dei romantici
Liam indossa con eleganza e convinzione le sue influenze musicali come Linus la sua coperta: dai The Beatles ai The Rolling Stones, dai Sex Pistols ai Beastie Boys, senza tralasciare la sua profonda devozione per i T-Rex, The Stones Roses e la The Jimy Hendrix Experience.
Anche se, in alcuni passaggi, può risultare facile trovare dei richiami al rock ‘n’ roll degli anni ’60, l’ex cantante degli Oasis è l’ultimo dei romantici, l’artista dal timbro inconfondibile capace di far risultare inedite anche le cover, figuriamoci le assonanze.
C’mon You Know è coerente con la sua crescita personale dove abbandona il suo ruolo indisponente e, oltre ad essere il suo miglior lavoro solista, si libera definitivamente da ogni vincolo genealogico smascherando chi lo voleva in giro per casa e non in giro per il mondo in tour.
Un album che emoziona, sorprende e trasmette con forza la sua perenne voglia di entrare in studio di registrazione e salire sul palco per scelta personale e non per mere esigenze e logiche di mercato.
Non me ne vorranno i fratelli Buffoni di Romanzo Criminale ma, se «’sta banda nun se scioje co’ un par de vaffanculo!», è sorprendente constatare quanto il Gallagher minore sia cresciuto con l’esperienza solista, diventando meritatamente il maggiore per genuinità, idee e consistenza artistica.
Post scriptum
Senza Noel non esisterebbero gli Oasis, senza Liam non esisterebbe Noel.
Sipario.
a cura di
Edoardo Siliquini