Non mi uccidere: Andrea De Sica si muove tra romanticismo e soprannaturale nella dark story tutta all’italiana

Non mi uccidere: Andrea De Sica si muove tra romanticismo e soprannaturale nella dark story tutta all’italiana
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Dallo scorso 21 febbraio è disponibile sul catalogo Netflix il nuovo film di Andrea De Sica. Basato sull’omonimo romanzo di Chiara Palazzolo, Non mi uccidere è una gothic story con protagonisti Alice Pagani e Rocco Fasano

La locandina di Non mi uccidere (Fonte: Pinterest)

Dopo il suo film d’esordio datato 2016, I figli della notte, Andrea De Sica torna con Non mi uccidere. Il film, basato sul primo volume di una trilogia letteraria, porta in scena una favola nera ambiziosa ma poco convincente.

Il regista di Baby dimostra di saper donare alla pellicola un’interessante personalità estetica, anche se non raggiunge mai davvero una scrittura convincente. Scene scritte in modo superficiale e dialoghi inconsistenti incorniciano un prodotto coraggioso ma alquanto problematico.

Una dark story italiana

Due giovani innamorati, Mirta (Alice Pagani) e Robin (Rocco Fasano), trovano la morte a causa di un’overdose. Questa, però, non è la fine. Mirta, infatti, torna dal mondo dei morti e, tra la straziante presa di coscienza della sua nuova esistenza e l’attesa del risveglio del suo amato, deve fare i conti con il suo corpo che cambia e con una costante fame di carne e sangue. Se non si nutre di carne umana, infatti, il suo corpo rischia di decomporsi.

Allo stesso tempo deve guardarsi le spalle dai Benandanti, una setta capitanata da Luca Bertozzi (Fabrizio Ferracane) che da secoli dà la caccia agli esseri come Mirta: i sopramorti, morti di morte violenta che ritornano in vita assetati di carne umana e con capacità soprannaturali.

L’inizio di una saga?

La conclusione del film lascia presagire una continuazione della storia dark-pulp di Mirta e Robin. Non mi uccidere, infatti, getta le basi per un possibile sequel, magari due, realizzando così un progetto artistico che in Italia non siamo abituati a vedere.

Sebbene la pellicola sia costellata di problematiche di ogni sorta, dallo script alla recitazione, bisogna ammettere che l’idea di dar vita a una trilogia fantasy tutta all’italiana è alquanto interessante e stimolante. I presupposti ci sono, le ambizioni pure.

Alice Pagani in una scena del film (Fonte: Imdb)

Certo, è necessario precisare che non siamo davanti a qualcosa di originale: il film attinge molto da Twilight, nelle atmosfere, nell’estetica e persino nel look dei due attori principali Alice Pagani e Rocco Fasano, che sembrano la copia (sbiadita) di Kristen Stewart e Robert Pattinson. D’altronde tutta la pellicola dimostra come Andrea De Sica apprezzi il citazionismo.

Dallo scontro nel corridoio, che riporta alla memoria la scena di Oldboy di Park Chan-Wook, fino al tema del cannibalismo, indagato in modo brutale e animalesco come in Raw di Julia Ducournau (vincitrice della Palma D’oro all’ultima edizione del Festival di Cannes col suo Titane) o in The Neon Demon di Nicolas Winding Refn, Non mi uccidere dimostra di avere una certa consapevolezza di ciò che vuole essere, anche se a volte si ha la sensazione che abbia voluto mettere troppa carne al fuoco.

Il nuovo film del regista romano è un teen-drama adolescenziale, ma anche un coming of age. Un racconto fantasy, ma anche una cinica riflessione sulla condizione giovanile. Un po’ splatter e un po’ body-horror. Non mi uccidere vuole essere tante cose, non riuscendo però a mettere perfettamente a fuoco la sua identità.

Cosa non funziona in Non mi uccidere?

Il problema principale risiede in una sceneggiatura debole e zoppicante, disseminata di semplificazioni e banalizzazioni che rendono alcune scene stranianti e poco credibili. In più la caratterizzazione di ogni personaggio è appena tratteggiata, così come abbozzata è anche la costruzione dei loro rapporti.

Eccezion fatta per Mirta, gli altri personaggi non vengono mai davvero approfonditi, rendendo così difficile per lo spettatore riuscire a empatizzare con ciascuno di loro. La sensazione è che il minutaggio del film, di appena un’ora e mezza, non sia stato sufficiente per mettere in scena tutto il microcosmo di intrecci, storie e personaggi che popola il romanzo di Chiara Palazzolo.

Giacomo Ferrara nei panni di Ago (Fonte: Imdb)

La contrapposizione tra “sopramorti” e Benandanti, per esempio, meritava di essere maggiormente approfondita, così come le relazioni tra i personaggi necessitavano di essere delineate con più cura. Tutto rimane in superficie e la storia non riesce mai davvero a ingranare.

Personaggi comprimari, come Ago (Giacomo Ferrara) o Sara (Silvia Calderoni), e principali, come il Robin di Rocco Fasano, hanno tutti lo stesso problema: ognuno è potenzialmente intrigante, ma la loro psicologia non viene mai davvero indagata. Persino Luca Bertozzi, il leader dei Benandanti, complice uno screen-time irrisorio, appare abbozzato, tanto che conosciamo a malapena le sue intenzioni e quelle della sua setta.

Il tutto, insomma, manca di profondità. A pagarne le conseguenze è anche il cast. Eccezion fatta per Alice Pagani che riesce, grazie a una buona prova fisica ed emotiva, a donare qualche sfumatura in più alla sua Mirta, Rocco Fasano risulta piatto e impalpabile. Persino Giacomo Ferrara, Anita Caprioli (nei panni di Amalia, mamma di Mirta) e Fabrizio Ferracane, nonostante il loro indiscutibile talento, appaiono poco ispirati e in difficoltà.

Conclusioni

Nonostante un’attenta ricerca estetica e un buon lavoro sulle musiche e sul make-up, Non mi uccidere non riesce a convincere a pieno. Troppe banalizzazioni in fase di scrittura, una debole e superficiale caratterizzazione dei personaggi e una recitazione non all’altezza condannano un prodotto che, sulla carta, avrebbe avuto molto da dire.

Malgrado l’esito alquanto fallimentare della pellicola, spero che Andrea De Sica, insieme ai suoi collaboratori, riesca a correggere il tiro in vista di un (potenziale) sequel. Realizzare una saga intorno a questo prodotto letterario potrebbe risultare una mossa non solo intrigante, ma chissà, in futuro, anche vincente.

a cura di
Alessandro Michelozzi

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Alessandro Michelozzi

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