“Canzone del mare”: Marika Socionovo e la voglia di ripartire

“Canzone del mare”: Marika Socionovo e la voglia di ripartire
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Marika Socionovo, nata a Civitanova Marche, classe 1983, è un’artista determinata, nonché una grande sognatrice. A suo dire è una ragazza di poche parole: lei più che parlare canta. Marika è affetta da spina bifida e nella musica ha trovato il suo rifugio, il suo porto sicuro. Il suo ultimo singolo, Canzone del mare (Pako Music Records/Visory Records/Thaurus), scritto da Claudio Zilli e composto da Chiara Enni Zincone, rimanda all’estate, alla spensieratezza e alla voglia di tornare alla normalità, a come si viveva prima della pandemia. Il brano vuole trasmettere soprattutto leggerezza, ma presenta anche delle note più serie, che invitano l’ascoltatore a riflettere. Marika è nata per cantare e chissà se un giorno riuscirà a realizzare il suo sogno: fare un duetto con Avril Lavigne. Ad ogni modo, noi di TheSoundcheck glielo auguriamo con tutto il cuore.

Raccontami un po’ di te: chi è Marika, sia come artista sia come persona? E com’è nata questa tua passione per la musica?

Io ho 38 anni, sono nativa di Civitanova Marche ma ho sempre vissuto ad Ancona. Ho iniziato a studiare canto a 18 anni perché prima, tra scuola e problemi di salute, non mi è stato possibile. Gli studi li ho intrapresi ad Ancona, assieme ad un insegnante locale. Prima di allora, quando ero piccola e in particolare quando andavo al mare, mi intrufolavo nei karaoke e mi divertivo coi jukebox.

A scuola c’erano molte barriere architettoniche ed era più la fatica che il risultato: in questo caso, la tecnologia mi ha aiutato molto, perché ho potuto studiare con un insegnante privato interamente on line. La prima canzone che ho portato ad un mio saggio, a 18 anni, è stata Doppiamente fragili di Anna Tatangelo.

Poi, il caso ha voluto che anni dopo conoscessi uno degli autori del brano, quello che poi è diventato il mio nuovo insegnante di canto. In seguito, nel 2018, ho conosciuto Claudio Zilli, l’autore dei miei inediti. Prima facevo anche delle cover che passavano in radio.

Per quanto riguarda Marika come persona, mi definisco ancora un po’ insicura, ma ho una marea di idee in testa e credo che prima o poi le realizzerò tutte. Ho imparato a seguire i miei tempi: quando mi metto in testa un obiettivo, non importa quanto tempo ci impiego a raggiungerlo, alla fine lo realizzo. Infatti sono anche molto testarda e determinata.

Di passione nella vita, ce ne metto tanta. 

L’amore per la musica ce l’ho da quando sono nata. Ho iniziato a cantare con il karaoke dei ragazzi di Non è la rai, che mandava in onda i brani di Battisti, della Carrà ecc. La musica per me è un rifugio, una compagna che mi ha aiutato a sentirmi meno sola.

Fin da bambina, quando dovevo affrontare i ricoveri e i problemi in generale, ho trovato nella musica una compagna. Lei c’era e c’è sempre stata. Sei sola e non hai nessuno accanto, fisicamente parlando? La musica c’è. Se hai bisogno di piangere o ridere, lei c’è. Riesce a tirar fuori ciò che sei.

Il tuo ultimo pezzo, Canzone del mare, scritto da Claudio Zilli e interpretato da te, è una ventata di leggerezza e spensieratezza, ma presenta anche delle note più riflessive. Che cosa significa questo brano per te? Che cosa rappresentano il mare e il fiume di cui parla la canzone?

Canzone del mare vuole far pensare all’estate che si viveva prima della pandemia: una stagione di spensieratezza, gioia e leggerezza. Vuole essere un’evasione dalle realtà di tutti i giorni. Una realtà che, ancora oggi, è difficile da accettare e che ha colpito tutti, sia psicologicamente che fisicamente.

Sono tre minuti pensati per liberare la mente dai problemi quotidiani.

Il mare e il fiume, invece, sono due metafore usate per indicare il costante flusso di pensieri della nostra mente: le paure e le ansie che vanno a scontrarsi con il desiderio di rilassarsi, sgombrare la mente e tornare alla normalità. Il mare, come la nostra mente, a volte è calmo e altre volte è in tempesta.

Pensi che le persone affette da patologie rare o diversamente abili abbiano abbastanza visibilità e voce nei tempi odierni? La frase che canti nella tua canzone, “siamo soli che più soli” fa riferimento ad una tua esperienza personale?

Penso che le persone diversamente abili abbiano un po’ più di visibilità rispetto al passato, ma vorrei che fossero riconosciute come tali, persone con un nome e un cognome, e non in quanto appartenenti ad una categoria. Vorrei che fossimo inseriti nella società come soggetti dotati di diritti, come chiunque altro, sia nel lavoro sia in tutti gli altri ambiti.

Per quanto riguarda la visibilità che abbiamo nei media, trovo che ci sia ancora molto pietismo nei nostri confronti. Mentre io vorrei vedere rappresentata la persona, con i suoi pregi e i suoi difetti: anche noi abbiamo momenti di gioia, tristezza o rabbia. Come tutti.

Ma quando c’è da parlare di problemi concreti che possiamo avere, come la sospensione delle terapie durante l’emergenza Covid, non se ne parla. Non voglio che si faccia del pietismo su di noi, ma che si parli dei problemi seri che dobbiamo affrontare. Le mie terapie, ad esempio, sono fondamentali e devono essere costanti.

Se resto ferma a lungo, com’è successo durante questa pandemia, possono sorgere grossi problemi. Ma forse certe tematiche non fanno notizia…

La frase “siamo soli che più soli” non è riferita ad una mia esperienza personale, ma alle persone in generale che, soprattutto in questo periodo tanto critico della nostra storia, si sentono sole e smarrite.

Che cosa vorresti comunicare con la tua musica e quali sono gli artisti che ti ispirano maggiormente?

Vorrei trasmettere me stessa, quello che sento in un determinato momento. Spesso sento dire: “Voglio che la gente si rispecchi nelle mie canzoni, voglio essere un esempio”. Ecco, a me questo non interessa. Io non voglio insegnare nulla agli altri della mia vita. Perché la verità, è che ho ancora tanto da imparare da me stessa.

Saranno gli altri a dirmi cosa gli comunica la mia musica.

Per quanto riguarda gli artisti a cui mi ispiro, chiunque mi conosce sa che io sono una grandissima fan di Francesco Gabbani. Infatti, io e Claudio Zilli, abbiamo voluto citarlo in una nostra canzone, Voglio solo andare al mare. Oltre a lui, apprezzo molto Arisa, Anna Tatangelo e la Pausini.

Ma se devo pensare ad un sogno irrealizzabile, il mio sarebbe quello di fare un duetto con Avril Lavigne.

Volendo rimanere coi piedi ben piantati a terra invece, il mio sogno sarebbe quello di costruirmi un’identità come artista. E poter dire “Ecco, ce l’ho fatta: sono diventata quella che volevo essere”.

Parlami dei tuoi progetti futuri: hai in serbo qualcosa per le tue prossime opere?

Sto iniziando a scrivere alcune cose con l’aiuto della mia manager, che mi dà una mano per le musiche. Non mi pongo delle scadenze, perché voglio seguire i miei tempi. Già è difficile credere di essere arrivata fin qui dove sono…

Per quanto riguarda i temi di questi brani, dico solamente che sarà una canzone che parla di me e delle mie molteplici sfaccettature.

A cura di
Silvia Ruffaldi

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Silvia Ruffaldi

Silvia ha studiato Scienze della Comunicazione a Reggio Emilia con il preciso scopo di seguire la strada del giornalismo, passione che l’ha “contagiata” alle superiori, quando, adolescente e ancora insicura non aveva idea di cosa avrebbe voluto fare nella vita. Il primo impatto con questo mondo l’ha avuto leggendo per caso i racconti/reportage di guerra di Oriana Fallaci e Tiziano Terzani. Da lì in poi è stato amore vero, e ha capito che se c’era una cosa che voleva fare nella vita (e che le veniva anche discretamente bene), questa doveva avere a che fare in qualche modo con la scrittura. La penna le permette di esprimere se stessa, molto più di mille parole. Ma dato che il mestiere dell’inviato di guerra può risultare un tantino pericoloso, ha deciso di perseguire il suo sogno, rimanendo coi piedi ben piantati a terra e nel 2019 ha preso la laurea Magistrale in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Delle sue letture adolescenziali le è rimasto un profondo senso di giustizia, e il desiderio utopico di salvare il mondo ( progetto poco ambizioso, voi che dite ?).

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