Intervista a Vincenzo Incenzo: come dare forma all’EGO

Intervista a Vincenzo Incenzo: come dare forma all’EGO
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Vincenzo Incenzo nasce a Roma il 24 gennaio 1965, è cantante, scrittore e regista italiano. Il diploma di solfeggio al conservatorio e la laurea al DAMS di Bologna sono solo i primi tasselli di un lungo e produttivo percorso con la musica. Nel suo palmares spiccano subito le collaborazioni con Renato Zero, Michele Zarrillo, PFM, Venditti, Patty Pravo.

La carriera da autore più volte lo ha condotto alle porte di Sanremo, con L’elefante e la farfalla di Michele Zarrillo oppure Nel Perdono interpretata da Al Bano, per fare due esempi.

Tre mesi fa circa è stato pubblicato EGO, secondo album dopo l’esordio da solista di Credo. Recentemente, esattamente come Credo, ne è uscita la versione spagnola. Il disco è prodotto da Jurij Ricotti e si racconta come romantico e politico, nato da una profonda riflessione. Uno sfogo e una protesta dove racconta tutta la rabbia e lo spaesamento sociale che proviamo, in una realtà che – ci racconta – è troppo omologata. 

Abbiamo avuto l’opportunità di approfondire questo sentimento, ricostruendo come nasce e si sviluppa un disco di questo tipo, facendo qualche domanda a Vincenzo

Ciao Vincenzo. Prima di inoltrarci nel disco, volevo chiedere un po’ di te, della tua visione e del tuo senso di musica. Ancora prima degli studi, come nasce il tuo rapporto con arte e musica? Come è cominciato poi il tuo progetto solista?

Ho avuto la fortuna di avere un padre primo clarinetto nell’Orchestra di Santa Cecilia e una madre professoressa di lettere. Gli stimoli sono stati sempre molto forti, sin da piccolissimo. L’idea di fare il cantautore c’è sempre stata. Ho iniziato il mio viaggio cantando le mie canzoni nello storico locale romano Folkstudio, poi è esploso il mio lavoro di autore e mi ha preso la mano in un percorso scintillante e senza respiro, per oltre due decenni: canzoni, teatro, musical. La spinta definitiva a riconsiderare i miei sogni adolescenti è arrivata da Renato Zero, che ha prodotto il mio primo album da cantautore, “Credo”.

Da autore hai scritto e contribuito a grandi brani, undici dei quali sono finiti anche a Sanremo. Quando invece ti ritrovi a scrivere per te, per un tuo prodotto, ti approcci alla stessa maniera o il processo creativo è diverso?

Ho sempre avuto un approccio da cantautore nella scrittura; considero fondamentale calarmi in quello che scrivo in prima persona per avere un metro di attendibilità innanzitutto con me stesso. È cambiato poco cantando ciò che scrivo, se non una possibilità incondizionata di esporre temi che più mi stanno a cuore senza nessun filtro, come è naturale che accada invece quando scrivi per altri e devi mediare comunque con il loro pensiero. Sento una libertà diversa scrivendo per me stesso, non ho niente da perdere, non ho censure.

Hai raccontato il disco come un’interazione a doppio senso: tu osservi, rubi sensazioni a chi ti passa accanto e le trasformi in musica, in riflessioni.  È nelle persone che hai cercato ispirazione, o c’è dell’altro? Come nasce un disco come EGO?

La gente, e parlo di tutta la gente incontrata, anche in giro per il mondo, è la fonte primaria della mia ispirazione; poi ci sono i luoghi, le situazioni, e aggiungerei le mie letture, continue e estremamente utili alla mia creatività. EGO nasce in viaggio, durante il tour estivo 2019 in America Latina. Oltre alla gente e ai luoghi frequentati, nuovi linguaggi sonori e collaborazioni intraprese oltreoceano hanno  favorito la sua nascita. Avevo voglia di dire tante cose e di dirle senza censura; è il progetto in cui sono più a nudo, con il mio sguardo su me stesso e sul mondo, la mia indignazione, la mia rabbia, il mio bisogno d’amore.

In un’intervista racconti che il “tuo” EGO non è in accezione negativa, bensì un punto di contatto tra noi e il mondo. Qual è il suo ruolo nella nostra quotidianità e, secondo te, come si può coltivare questo equilibrio?

EGO è il ponte tra le nostre pulsioni e la società, tra libertà e appartenenza. Nelle nuove sfide che ci attendono l’EGO ha un compito assoluto. La persona deve tornare al centro, con tutte le sue differenze. Perché l’uguaglianza ha senso tra diversi, non tra “eguali”. Ognuno di noi è tanti; governare il “popolo” che vive all’interno di ogni singolo individuo è la sfida della contemporaneità.

Fuori Fuoco porta uno dei messaggi più potenti: un invito a non omologarsi. Anche nel video musicale le persone sono al centro di tutto. Cosa consigli ai diversi, ai più emarginati, alle persone fuori dal coro in una società che tende a nasconderli?

Di non avere paura, di gridare il proprio nome. Questa è una società che ci educa alla paura, che decide arbitrariamente ogni giorno chi sono i buoni e chi i cattivi, in base a un focus fatto di propaganda, di convenzioni e di politically correct, forse l’arma più cinica, retorica e falsa del nostro tempo.

Nel disco riproponi Rispondimi di Lucio Dalla in una versione diversa. A cosa è dovuta questa scelta? C’è poi una traccia a cui sei più legato?

Con grande amore e rispetto ho voluto rendere omaggio a Lucio, con la canzone che abbiamo scritto insieme. So che lui avrebbe apprezzato una versione nuova ed originale del brano. Con il mio produttore Jurij Ricotti abbiamo pensato a un viaggio all’interno del brano completamente diverso; abbiamo chiamato poi Fabio Liberatori, collaboratore storico di Lucio, che ha creato un tessuto armonico totalmente libero dalla versione originale: il brano è diventato quasi prog. Sono molto orgoglioso del risultato. Lucio era unico, e lo cito spesso, perché ogni sua frase mi ha lasciato un segno.

Hai in mente qualche tour o concerto per portare il disco al grande pubblico?

Ho già programmato delle date “in presenza”, appena la pandemia allenterà la morsa. Sono partiti intanto i concerti online; questa nuova frontiera del live ha un suo fascino, anche se per me vitale rimane il contatto fisico, il respiro con la gente. Ad ogni modo propongo concerti in rete molto diversi tra loro (con band, in acustico, con coreografie) per riempire questo tempo di attesa e rimanere creativamente in contatto con chi mi segue.

Ultima domanda. I vari lockdown, zone gialle, arancioni e rosse rendono il periodo difficile un po’ per tutti. Avresti un consiglio per affrontare con più coraggio questi giorni?

Consiglio di coltivare la nostra anima, con ogni risorsa di cui ognuno dispone, di fortificarla in vista della rinascita. Bisogna farsi trovare pronti a quello che comunque sarà un tempo nuovo. Ridisegnare la scala dei valori e delle priorità della vita è fondamentale. Nel frattempo c’è il problema lavoro, ci sono le difficoltà sociali; lì davvero il coraggio non deve mancare. Bisogna farsi sentire, non abbassare la guardia, manifestare con forza le proprie necessità e i propri bisogni. Nel rispetto di tutti.

a cura di
Nicolò Angel Mendoza

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