Fuori ora “Mostri” il nuovo EP di Rokas

Fuori ora “Mostri” il nuovo EP di Rokas
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L’intervista all’artista ligure

Esce oggi “Mostri”, il nuvo EP di Rokas, rapper classe ’92 di origini liguri, un lavoro comprensivo di tre brani dal titolo “Complicato”, “Brutte Cose” e “Sofia”.

Rokas è un rapper di Sarzana (SP) di base a Milano. Classe ’92, Alberto Sanlazzaro aspetta 19 anni prima di trasferirsi nel capoluogo lombardo, portando con sé la passione musicale trasferitagli dai genitori. 
Rokas è un progetto che nasce dal desiderio di dare spazio alle proprie parole e ai propri pensieri, di raccontare con sincerità la vita, gli amori, le amicizie.

Il suo album d’esordio “Nemico del cuore” ha ricevuto un’ottima risposta da parte di critica e pubblico: con 200mila streaming su Spotify, è arrivato anche a calcare il palco del MiAmi Festival 2019 nella giornata sold-out di venerdì. Il 26 luglio Rokas ha pubblicato l’EP “Fantasmi”, mostrando la sua attitudine nel voler amalgamare vibes in bilico fra urban e rap e melodie fortemente pop.

“Fantasmi” di Rokas fanno spazio ai “Mostri”Rokas crea con un filo conduttore che lega questo EP con il precedente, sia nella scelta delle tematiche, ricorrenti ma mai banali, sia nella ricercatezza dei suoni. Situazioni che riguardano dinamiche relazionali fra due persone, situazioni che si ripetono all’infinito, si ingarbugliano, poi si sbrogliano, poi chissà, rimanendo sempre appese a un filo sottile.

I tre brani, che mescolano il rap con sonorità pop, sono la perfetta chiave di lettura per il percorso artistico che Rokas ha deciso di intraprendere. “I fantasmi sono le cose di cui ho paura di avere paura. I mostri sono le cose di cui ho paura. 
In Brutte Cose parlo delle male lingue di violenza, di confondere il coraggio con l’incoscienza e di volarci sopra senza stare a sentire nulla. 
In Complicato parlo del tradimento, più che altro delle aspettative che ti crei su una persona. 

Che attenzione attenzione non bisogna mai crearne, vivere la vita giorno per giorno, essere coscienti blablabla.
In Sofia parlo di innamorarsi, di perdere il sonno, di essere come in trance a una serata techno e pensarci su e se mentre nelle strofe mi convinco e convinco lei che insomma siamo perfetti insieme (baby?) nel ritornello so che ci perderò il sonno, perché oramai mi conosco e da una parte va bene così, oramai mi sento libero e non me la prendo più.”

Ecco l’intervista per conoscerlo meglio.

Ciao Rokas, benvenuto su The Soundcheck! Raccontami un po’ di te.

“In questo momento mi sento come se mi avessi messo in mezzo al deserto dei tartari con una bussola rotta e mi dicessi di indicarti dove trovi il primo Carrefour Express che vende le Ichnusa non filtrate.”  

Perché “Rokas”? C’è un significato dietro il tuo nome?

“Sì, credo che nella lingua lettone voglia dire qualcosa, anche su urban dictionary, però io l’ho scelto da ragazzino era la mia tag dei graffiti, cantavo in un gruppo che si chiamava We Rockin, nella mia famiglia si ascoltava Rock. Tutto Rock insomma.”

Qual è il tuo background musicale, i tuoi mostri sacri della musica?

“Hai presente la frase odiosa ascolto un po’ di tutto che ti fa pensare che la persona davanti sia un troglo con la clava fatto e finito? Ecco io ascolto un po’ di tutto però non ho la clava. Ne ho tanti, Rolling Stones, Drake, Beatles, The Weeknd, Stevie Wonder, Kool & The Gang. Sono tanti tanti.” 

Ho ascoltato il tuo nuovo EP “Mostri” e ti faccio i complimenti: mi racconti da cosa nasce?

“Nasce quasi un anno fa insieme a Fantasmi. Non riuscivo a dormire e guardavo le stories su IG distratto cercando qualcosa che mi risollevasse l’umore e mi desse infiniti scenari futuri. A una certa ho visto una stories con un’emoji di un mostro o quello che pensavo fosse un mostro e un fantasma. Il giorno dopo su Spotify ho creato una playlist con scritto “Mostri Fantasmi” e mi piaceva. Ho scritto a Walter che sarebbe stato il nome del mio prossimo progetto. 

Poi con il tempo ci ho ragionato e ho diviso i fantasmi nelle cose di cui ho paura di avere paura (tutto il discorso dell’essere intangibili) e i mostri nelle cose di cui ho paura. Perché se in un film horror vedi un fantasma hai paura ma dici vabbè è un fantasma, se vedi leatherface con la motosega o il mostro della palude cominci a correre.”

Qual è il fil rouge del tuo nuovo EP?

“Forse ho risposto sopra, però banalmente è il dualismo, non del buono brutto, giusto sbagliato ma di ciò che mi rende diverso e influenza il mio modo di essere. La paura. Credo sia il motore più scatenante dell’essere umano. O rimani immobilizzato o fai cose che non penseresti mai di fare.”

Quali sono i tuoi progetti nel prossimo futuro? Ci anticipi qualcosa?

“Magari questo dualismo si scontra, magari si fonde, qualcosa va contro qualcosa, hai voglia di aspettare ancora un po’?”

Visto che ci chiamiamo The Soundcheck ti chiedo: che cosa non deve proprio mancare al soundcheck prima di un concerto? Hai qualche rito scaramantico?

“Io ho un approccio kamikaze stupido. Moravia dice che non esiste il coraggio ma solo la coscienza e l’incoscienza. Ho un approccio inconsciente, non ci penso magari sino al giorno prima o qualche ora prima. Poi a poco dall’inizio del live ho bisogno di stare da solo, o con poche persone, lo vivo molto come una cosa seria che ci siano 3 persone che 1000. 

Quindi qualunque cosa possa danneggiarmi il momento, anche se magari nel restante dei giorni, ho una buona corazza ragionata per affrontare le cose. Quindi mi servono determinate persone, qualche bibita e io che faccio l’idiota che sa quello che fa.”


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a cura di
Giovanna Vittoria Ghiglione

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Giovanna Vittoria Ghiglione

Giovanna, classe 1992, è un’instancabile penna incallita. Per lei, le cose importanti passano tra inchiostro e carta: tutto il resto è noia. Impulsiva come Malgioglio davanti a un negozio di pashmine floreali, ha sempre trovato nella scrittura il rimedio più efficace contro gli errori della vita: scrivere significa pensare e pensare – purtroppo – non è da tutti. La musica ha sempre giocato un ruolo primario nella sua vita e scriverne è diventato presto un obiettivo da raggiungere. E se è vero che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, a lei non piace proprio tutto: è passata, negli anni, da grandi classici della scena Pop dell’adolescenza, al Rock degli anni ‘90, fino all’Hip Hop – che sin da bambina ha amato grazie alla danza. Autentica sostenitrice della morte dell’Indie, oggi non ha un genere preferito nonostante le statistiche di Spotify evidenzino una grande tendenza Pop.

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