David Bowie e il folle viaggio di Major Tom in Space Oddity
Sono passati cinquanta anni da quando il Duca Bianco decise di portarci in orbita con Major Tom, uno dei suoi primi personaggi e che rappresenta molto più di una maschera.
Oggi #PagineRock vi racconta come è nato un capolavoro destinato a diventare uno dei più grandi classici della musica, “Space Oddity” di David Bowie.
Il brano che letteralmente possiamo tradurre “stranezza spaziale” esce l’11 luglio 1969. L’anno è lo stesso del famoso viaggio APOLLO 11 sulla Luna e non è un caso che molti critici dell’epoca credessero che l’ambientazione spaziale della canzone avesse un chiaro legame con quell’ avvenimento. Non fu proprio così!
Nel 1969 David Bowie in seguito all’insuccesso del primo album d’esordio (un vero fallimento) vedeva sbiadirsi la possibilità di diventare un’artista acclamato e anche la sua relazione con Hermione Farthingale era giunta alla fine. Proprio questa visione di immagini oscure e malinconiche lo portarono a scrivere i primi versi embrionali del brano.
“In Inghilterra hanno sempre pensato avessi scritto il pezzo ispirandomi all’allunaggio spaziale perché di grande attualità in quel periodo, ma in realtà la vera ispirazione venne dopo aver visto “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick, un film meraviglioso che mi colpì molto.”
Il manager Ken Pitt intuì da subito la potenzialità del racconto di questo eccezionale naufragio spaziale di Major Tom e si convinse che la nuova fase della carriera di Bowie dovesse ripartire e basarsi da questa canzone.
Il protagonista del brano è un’astronauta immaginario in partenza per il suo viaggio spaziale:
“Ground Control to Major Tom
Take your protein pills and put your helmet on
Ground Control to Major Tom
Commencing countdown, engines on
Check ignition and may God’s love be with you
Ten, Nine, Eight, Seven, Six, Five, Four, Three, Two, One, Lift off”
Il testo si apre con il dialogo tra l’astronauta e il centro di controllo , accompagnato in sottofondo dal countdown della partenza fino all’esplosione musicale del brano che ci comunica la buona riuscita del volo e l’inizio dell’avventura, che non avrà un lieto fine. Un viaggio di non ritorno!
Infatti, la canzone non è una celebrazione dei viaggi nello spazio e il suo reale significato è stato e può essere travisato, come del resto è già successo con altri brani nella storia della musica e del rock.
“Space Oddity” rimanda a temi molto più profondi e sui quali lo stesso Bowie avrebbe, poi, basato la sua intera poetica. Tuttavia, non ha mai voluto chiarire nello specifico il senso delle parole del brano. Un colpo di genio rimasto tale anche dopo tutti questi anni.
Si parla di ossessione nella continua ricerca della fama; di isolamento e alienazione per la perdita di controllo e soprattutto privazione del contatto con i rapporti affettivi più importanti e stretti. Il mondo appare a Major Tom immenso, triste e indifferente ( si pensi quando guarda la Terra e le stelle da una prospettiva diversa, da un’enorme distanza); sono aspetti che lo fanno sentire impotente e sui quali lui stesso non può incidere ( “non c’è niente che io possa fare “) e questo porta inevitabilmente alla tragedia, oltre a sottolineare il tema dell’inquietudine del dramma umano ( il rapporto tra l’uomo e il mondo, l’io e la realtà).
Non manca anche il riferimento ad un contesto psichedelico da leggere tra le righe della canzone, ovvero la metafora del viaggio (spaziale) vista come uno smarrimento narcotico, un naufragio stupefacente che culmina con la perdita di sé ( la terra perde i contatti con Tom, il circuito va in avaria e lui è condannato a galleggiare nello spazio da solo in quanto resosi conto di non poter cambiare le cose). Inoltre, questo messaggio (a tratti subliminale) sarebbe stato confermato undici anni dopo in “Ashes to ashes”, dove Bowie ci confessa la deviazione tossica dell’astronauta e ovviamente anche di se stesso.
Sempre lo stesso Bowie qualche anno dopo, divertito, dichiarò a proposito del testo di “Space Oddity”: “Sono sicuro non avessero ascoltato davvero le parole. Non si trattava certamente della cosa più adatta da giustapporre alle immagini di un allunaggio. Qualche pezzo grosso della BBC deve aver detto: ‘oh bene, quella canzone sullo spazio, Major Tom, blah, blah, blah , farà un effetto strepitoso.’
Un brano da considerarsi à se stante rispetto all’omonimo secondo album del Duca Bianco che però conferì all’artista la creazione del suo primo alter ego e il più riuscito fino a quel momento. Ma pensiamo a quello che questo genio assoluto è riuscito a fare solo negli anni ’60: dall’età di sedici anni suona il sax, ha vissuto in un monastero buddista in Scozia, è stato un cantante Mod e ha studiato anche mimo e recitazione in una compagnia teatrale e proprio al fine di finanziarla decide di scrivere un brano come colonna sonora per un cortometraggio (mai realizzato) ma preso e utilizzato dalla BBC per lo sbarco sulla Luna, appunto e che gli cambiò la vita per sempre.
“ Space Oddity, con il suo ossessivo isolamento, la sua purezza asessuata e la sua passività , annunciava la fine degli anni sessanta.” ( The Sunday Times, 2013)
a cura di Ivana Stjepanovic