#GentEmergente si sposta nelle Marche con Versilja: “La musica ci aiuta a sentirci meno soli”
#GentEmergente ritorna a parlare di emergenti andando alla scoperta di una giovane interprete marchigiana che sogna in grande e aspira a entrare nei cuori delle persone. Il suo nome Antonia Chierchia, ha 24 anni e in arte è Versilja.
Una ragazza con idee chiare e gusti variegati: dal Brit-Pop allo Shoegaze, fino all’Indie italiano e, perché no, anche la Trap americana. Un ascolto a 360 gradi per assorbire dalla musica il più possibile a livello emotivo. Versilja, infatti, mi dà l’impressione di una ragazza molto riflessiva e che ama analizzare ogni singola sfumatura delle emozioni. Ama riflettersi nelle canzoni e trarne la forza per superare i propri ostacoli.
E poi sogna in grande: “Mi piacerebbe esprimere la parte più intima di me scrivendo testi che mi appartengano”.
Emozionare qualcuno con le proprie storie e con il proprio modo di affrontarle e raccontarle non è mai un percorso semplice, ma noi te lo auguriamo cara Versilja!
In bocca al lupo!
L’intervista
Ciao Versilja! Raccontaci un po’ di te: da quanto canti? Come ti sei avvicinata alla musica?
«Ho sempre avuto questa vocazione fin da piccola e la vocazione è qualcosa che non puoi imparare, né puoi fingere di avere. Ricordo un aneddoto davvero divertente: ero una bambina abbastanza introversa, con la testa tra le nuvole. Anziché socializzare con i ragazzini della mia età, preferivo rifugiarmi nel mio mondo: tornavo a casa e passavo ore davanti allo specchio, simulando concerti usando una spazzola come microfono e fingendomi una cantante famosa. Ovviamente in sottofondo non potevano mancare le mie canzoni preferite.
In realtà ciò che sto realizzando ora è solo una piccola parte di un desiderio che coltivo da sempre dentro di me, la musica c’è sempre stata e spesso è stata il mio rifugio oltre che la mia unica amica.
Ho iniziato ad approcciarmi al mondo della musica circa 5/6 anni fa sperimentando vari stili: facevo cover riarrangiate versione bossa, country o blues un po’ come fanno i Nouvelle Vouge. Ma da un anno a questa parte mi sto mettendo davvero in gioco, uscendo allo scoperto con un progetto inedito. Grazie a quest’esperienza sto sperimentando due realtà diverse: quella dei live, dove il contatto diretto e l’empatia con il pubblico sono fondamentali, e quella della registrazione dei brani in studio, dove invece è fondamentale connettersi con la parte più profonda di noi. In quei pochi minuti bisogna dare il meglio di se stessi e mettersi a nudo.»
Perché questo nome? Che significato cela questo nome? Ha a che fare con la “Versilia”?
«Si assolutamente, la Versilia è una località marittima della Toscana e per chi non lo sapesse io abito in una piccola località marittima, precisamente nelle Marche, per cui sono particolarmente legata al mare!
Devo dire che non amo andarci in estate, preferisco godermi la pace e la malinconia del mare in inverno, rimanendo quindi coerente con la mia personalità pacata e a tratti malinconica.»
Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali? A chi ti ispiri?
«Punti di riferimento musicali? Non ho punti di riferimento ben precisi, mi piacciono molte cose, il Brit-Pop, lo Shoegaze, l’Indie italiano, l’Hip hop e anche la Trap americana. Mi piacciono i nuovi cantautori italiani: Fulminacci, Calcutta, Giorgio Poi, La Municipàl, pur rimanendo fedele a gruppi storici come i Verdena o gli Afterhours.
Non mi ispiro a nessuno in particolare ma sicuramente amo i timbri interessanti di Cristina Donà, Carmen Consoli e Levante.»
Il tuo singolo si chiama “Eyeliner”, com’è nata questa canzone? E l’idea del videoclip?
«Eyeliner parla del momento successivo alla fine di una storia d’amore adolescenziale,, una fase della nostra vita che chiunque di noi ha attraversato o attraverserà prima o poi. A 16 anni si vivono gioie e dispiaceri in modo più amplificato, poi crescendo impari a dosare le emozioni perdendo un po’ quell’ingenuità che spesso può rivelarsi un’arma a doppio taglio, ma che in fondo ci fa sentire anche più vivi.
Il testo è stato scritto da Gaetano Marinelli, io gli ho semplicemente dato una mia interpretazione personale. Ma credo proprio che il suo intento sia stato quello di far rivivere le fasi di un amore adolescenziale attraverso un testo che arrivasse a tutti con estrema facilità: la fase dell’accettazione dove la protagonista s’interroga sul proprio stato d’animo cercando di elaborare il suo malessere e la fase della consapevolezza, quando prende atto della situazione e invita se stessa ad andare avanti (“se poi resti sola…Ridi un po’!).
«Il videoclip è stato elaborato in maniera molto semplice e in poco tempo, con l’intento di evidenziare la parte introspettiva. La protagonista (Alessia Salvatori) si guarda allo specchio e s’interroga sui propri sentimenti e stati d’animo nella sua stanza da letto, un ambiente molto intimo. Tutti noi in queste situazioni abbiamo bisogno di riflettere e rifugiarci in un ambiente personale in cui ci sentiamo al sicuro, per elaborare i nostri pensieri e chiederci in che modo possiamo superare un momento difficile. Magari in compagnia di un bicchiere del nostro alcolico preferito per alleggerire il tutto!»
Che cosa ti emoziona della musica?
«La musica è un mezzo di comunicazione molto potente, immaginatevi un mondo senza musica: sarebbe come vivere in uno di quei film del cinema muto. In sostanza un mondo senza colori! Tutto gira intorno ad essa. Tramite la musica puoi essere te stesso a 360° gradi, puoi metterti a nudo e mettere nero su bianco tutto ciò che di solito non riesci a dire. Puoi esprimere gioia, puoi trasmettere messaggi importanti, puoi esprimere dolore e frustrazione o aiutare qualcuno che si rispecchia in ciò che dici a sentirsi meno solo. Penso che tutti, in fondo, abbiamo bisogno di questo.
Un qualcosa che va oltre il tempo e l’immaginazione: puoi raccontare una situazione del presente, del passato, o una situazione futura che vorresti vivere; è come avere una macchina del tempo e viaggiare a costo zero.
So che il tempo che dedico alla musica non è mai tempo perso, è un amore incondizionato, lei ci sarà finché io ci sarò.»
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Innanzitutto mi piacerebbe imparare a scrivere dei testi che siano miei con la M maiuscola, perché ad oggi posso definirmi semplicemente un’interprete. Mi piacerebbe anche poter esprimere la parte più intima di me, scrivere dei testi che siano veramente vissuti, personali. Immaginare un foglio di carta come un diario segreto o una persona su cui fai affidamento per confidarti nei momenti in cui senti di averne il bisogno. Voglio arrivare al cuore delle persone e avere un pubblico che sia realmente affezionato a me.
Al momento è il mio amico Gaetano che scrive per me, apprezzo molto il suo modo di lavorare e penso che soprattutto in “Zebra Polare” abbia dato il meglio di sé con testi che spero possiate ascoltare al più presto.
Sono sicura di poter apprendere molto da lui, mi sarà sicuramente di enorme aiuto in questo percorso!
Sono affascinata anche dall’idea di imparare a suonare uno strumento. Mi piacerebbe quindi diventare una cantautrice. Il resto è qualcosa che vivrò e scoprirò giorno per giorno!»
Che cosa proprio non deve mancare al soundcheck prima di un concerto? Hai riti scaramantici?
«Nessun rito in particolare ma, per quanto mi riguarda, non può assolutamente mancare un pensiero positivo e il sostegno delle persone che amo, loro sono un po’ il mio portafortuna! Per me, dopo ogni live, è fondamentale tornare a casa e sapere di aver lasciato il segno e di aver emozionato chi mi ascolta, indipendentemente dal luogo e dalle circostanze.
Fortunatamente attorno ho persone che mi incoraggiano e credono molto in me. Sentire parole di incoraggiamento prima di un live mi dà quell’adrenalina che mi serve per sorprendere sempre di più e in positivo chi crede in me.»
A cura di
Giovanna Vittoria Ghiglione