Non si può scegliere da chi farsi amare, ma possiamo scegliere di amarci – #Parliamone
La prima storia che ho scelto mi ha colpito per tutta una serie di motivi, ma soprattutto per una frase ed è proprio questa:
“Non si può scegliere da chi farsi amare”
Che è vera, anzi verissima, ma andiamo con ordine…
A scrivermi è una ragazza di 25 anni che ad un certo punto, in un periodo di cambiamenti tra università, interessi e viaggi decide di mettere fine alla sua storia con Matteo dopo 5 anni insieme e dopo una proposta di convivenza. Sceglie di dare una scossa alla sua vita, rendendosi conto di quanto quella stessa vita ormai non le appartenesse più.
“E io che amavo follemente Matteo, mi sono ritrovata ad essere una persona completamente diversa, al punto tale che ho capito che la vita che avevo con lui, nonostante lui fosse l’uomo perfetto, non era la vita che volevo.”
Così, abbandona quella certezza e quell’idea di futuro pensata per due e si rimette in gioco ripartendo da zero e da sola. Negli anni successivi conosce e frequenta diverse persone, ognuna delle quali in qualche modo arricchisce il suo bagaglio di consapevolezze… Della serie “Okay non siete gli uomini della mia vita ma grazie a voi so cosa non voglio assolutamente per me.” Che a pensarci bene è un ottimo modo per guardare il lato positivo di tutti quegli incontri in cui inciampiamo nell’arco della nostra esistenza, incontri che spesso non portano a nulla, dove nessuno dei due investe realmente qualcosa all’interno del rapporto e destinati quindi a morire con la stessa facilità con la quale hanno preso vita.
Persone che sono esclusivamente di “passaggio”, un passaggio fugace che per quanto possa sembrare apparentemente inutile, in realtà è fondamentale proprio per delineare bene alcuni punti essenziali riguardanti ciò che vorremmo per noi, anche se ovviamente preferiremmo evitarli, ma come ben sappiamo la vita va un po’ a cazzi suoi in questo, quindi tanto vale valorizzare anche ciò che ci sembra inutile.
Ad un certo punto però, nella vita della nostra amica arriva un fulmine che si schianta nella sua direzione ed ha un nome: Ale.
“Dal momento stesso in cui ci siamo conosciuti, non ci siamo più allontanati.”
E fin qui: WOW!
Perché tutti noi aspettiamo e speriamo un po’ in quel fulmine, quella persona in grado di scombussolare tutto in maniera positiva, soprattutto dopo lunghi periodi di “apatia sentimentale” o comunque di una serie di conoscenze che si rivelano solo dei tentativi falliti di “insieme”.
Così proprio quando meno se l’aspettava, quella persona arriva e porca miseria sembra perfetta!
” Il nostro rapporto era qualcosa di unico, io non ho mai sentito tanta complicità con una persona come con lui. Cose semplici, un divano, gelato, balli in salotto, film, coperta e chiacchiere, baci mancati e baci dati, nottate in cui abbiamo fatto l’amore… La nostra intesa veniva percepita all’esterno tanto intensamente, credimi. Complicità dentro e fuori, mentale e fisica.“
Qual è il problema allora?
Il problema è che la nostra amica in maniera del tutto consapevole ad un certo punto (nonostante il “filtro rosa” che abbiamo nei momenti di coinvolgimento) usa una parola che è chiaramente un campanello di allarme, perché per quanto mi riguarda credo non sia e non porti a nulla di sano e questa parola è: “Dipendenza”
“Lui ha sviluppato in pochissimo tempo una sorta di dipendenza da me, io sono stata la sua confidente, la sua amante e la sua migliore amica per mesi. Quando abbiamo iniziato a frequentarci era distrutto, non solo per aver perso la persona che pensava fosse la donna della sua vita, ma anche e soprattutto per una serie di colpe che si attribuiva.”
Ecco, dopo aver letto queste parole, più che un campanello d’allarme ho sentito proprio le campane di tutti i campanili dell’universo suonare con un eco infinita.
Da un lato lei, pronta a rimettersi in gioco dopo anni di solitudine e amor proprio in cui sa benissimo chi è e cosa vuole e dall’altro lato lui, che senza prendersi il giusto tempo e senza affrontare realmente la rottura di una relazione importante, si è buttato a capofitto in un’altra frequentazione per colmare l’assenza e quindi cercando immediatamente conforto e comprensione in un’altra persona. Ovviamente è stata una frequentazione mai sfociata in una storia d’amore, ma interrotta bruscamente da lui con quei classici silenzi e quella classica arma letale chiamata sparizione.
Risucchiate e consumate tutte le energie positive della nostra amica, quando ormai non serviva più è stata semplicemente accartocciata e buttata nel cestino e via che si va alla ricerca di qualcosa di più leggero e meno impegnativo.
Errore numero uno: non siamo salvagenti ma persone, il che significa che non spetta a noi risolvere le questioni personali degli altri, non spetta a noi tentare di fare ordine nella loro testa e nel loro cuore, ma ognuno dovrebbe assumersi la responsabilità delle proprie azioni e agire di conseguenza. Non siamo neanche dei cerotti pronti all’uso da applicare sulle ferite, perché è necessario leccarsi quelle ferite da soli, è necessario capire quanto facciano male ed è necessario soprattutto prendersi del tempo per curare quel taglio, metterci dei punti e aspettare che guarisca, senza voler tenere vicino una persona solo per sentire meno dolore e fare in modo che ci sia sempre qualcuno a soffiare su quella ferita.
Fa un male porco è ovvio ma qual è l’alternativa? Attaccarsi in maniera continuativa ad altre persone senza mai imparare a stare soli con le proprie paure? A nessuno piace soffrire e a nessuno piace scavare a fondo dentro di sé perché significherebbe aggiungere male a quel male, significherebbe cercare risposte e ci sono persone che odiano farsi domande, odiano capire, non sapendo che non esiste altra strada per ricominciare davvero. Affrontare la tempesta è il primo modo per provare a superarla. Cercare continuamente riparo cercando di uscirne immuni è da vigliacchi, ma da vigliacchi verso sé stessi e da egoisti verso chi ci sta accanto.
Errore numero due: ad un certo punto la nostra amica mi ha scritto
“Ci siamo conosciuti in un momento sbagliato, quando lui non era pronto a me.”
Vorrei rispondere con una frase di un mio libro che dice:
“Non esistono momenti giusti o sbagliati, esistono solo cose che vogliamo davvero e cose che non vogliamo davvero.”
Quindi smettiamola di giustificare sempre tutto, smettiamola di appigliarci ai momenti sbagliati perché la vita ha un fottuto tempismo perfetto, smettiamola di credere che le persone non siano pronte a noi perché non è vero. Semplicemente non siamo noi ciò che vogliono, non è questione di essere pronti o meno, è questione di volere la stessa cosa e andare nella stessa direzione.
La cosa assurda è che in questo momento lei pur non vivendo concretamente questo amore e pur sapendo che non è corrisposto, sia rimasta ferma lì a lui, che nel frattempo ovviamente continua la sua vita altrove e con altre persone.
Lei invece ha alzato muri intorno a sé e non riesce più a dare spazio a nessuno, con addosso la paura per un sentimento come l’amore che dovrebbe solo far del bene non del male, così come i rapporti che scegliamo di coltivare. Non è colpa dell’amore ma delle persone che non sanno minimamente cosa sia davvero, è colpa di chi pensa solo a soddisfare i propri bisogni attraverso cuori generosi come quello della nostra amica e attraverso tutte quelle persone capaci di donare senza misura tutto ciò che hanno da dare.
Conclude dicendo:
” Ogni volta che ci penso non posso che pensare a quanta felicità ho perso.”
Io invece vorrei concludere dicendo che bisognerebbe imparare a mettere dei punti e ad andare a capo con l’idea di provare almeno a cambiare qualcosa, piano piano, magari partendo dal colore della penna, insomma da tutte quelle piccole cose nostre che mettiamo da parte per dare e fare spazio a persone come Ale, che arrivano e prendono tutto quello che c’è da prendere per poi andare via. Queste persone saranno sempre emotivamente lontane da noi e dal nostro concetto di amore, perché stare insieme non significa colmare le voragini lasciate da chi ci ha preceduti, stare insieme significa costruire su un terreno senza dislivelli e buche, ma soprattutto significa alimentare quel sentimento con la stessa intensità, non mettendosi a fare da traino e sperando in un cambio di rotta.
L’unica felicità che perdi amica, è quella che ti togli ogni giorno rimanendo ferma nello stesso punto con la stessa convinzione che le cose sarebbero andate diversamente se solo vi foste incontrati al momento giusto.
A volte il momento giusto è solo un’illusione e un pessimo alibi per non guardare in faccia la realtà.
Sei sopravvissuta una volta, sopravviverai anche la seconda e con le tue forze, lui invece probabilmente continuerà a sopravvivere solo aggrappandosi agli altri senza aver mai quel bellissimo privilegio di conoscere sé stesso e vivere con quella bellissima sensazione che si chiama libertà interiore e che ti permette di non dipendere da nessuno.
E’ quella la vera felicità.
Cara amica, riparti da qui. Da “Ciao per sempre” di Levante.
A cura di
Claudia Venuti