Bandit intervista sul nuovo singolo
Torna finalmente il progetto di Bandit con un singolo disponibile da venerdì 8 novembre 2024 su tutte le piattaforme digitali. “Camerata“, questo il titolo del brano, è un nuovo e inaspettato capitolo che segue una lunga assenza dalla pubblicazione di un piccolo cult della scena indipendente.
Con Bandit abbiamo parlato dei suoi vent’anni, che non gli mancano così tanto, del suo incontro con Bradipo Dischi, e molto di più.
Nel 2024, in un periodo storico dove è possibile fare tutto da soli, a cosa serve un’etichetta discografica, secondo te? E come è nato il tuo rapporto con Bradipo Dischi?
Ci ho messo un po’ a convincermi a stare coi bradipo ma alla fine si sta rivelando una bella esperienza. Però è difficile beccare gente come loro, insomma,l la speranza è un business, è pieno di etichette che vendono i propri servizi agli artisti anziché aiutarli a crescere. Se è così è meglio stare da soli in genere. Con loro invece ho trovato ottimi compagni di viaggio, che credono nei nostri lavori e li valorizzano.
Ti senti mai scomodo nella scena musicale italiana? Già a partire dal titolo “Camerata” può essere difficile spiegarsi e far comprendere la propria ironia? E poi, ti è mai successo di doverti spiegare?
Scomodo può essere. Ma involontariamente. Io cerco solo fare esistere un’alternativa all’indie pop, non voglio portare via niente a nessuno. Cioè io manco la cago la scena indipendente, se non in rari casi quasi sempre underground più che indie. No non mi è mai successo di dovermi spiegare, casomai di essere insultato, garbatamente, e la cosa ti dirò che mi diverte. O mi ami o mi odi. Lo accetto. Come accetto che ci sia gente che fraintende o intende benissimo ma non gli va a genio.
E di che cosa parla “Camerata”?
CAMERATA parla dell’estrema destra attuale, di quanto sia ridicola e di quanto purtroppo sia comunque la base di partenza ideologica dell’ attuale governo in carica che ci trascineremo dietro per un po’. Ma più velatamente parla di quanto sia stupida l’omofobia.
E quali possono essere i punti in comune rispetto al tuo primissimo disco “Quando la luce grande della discoteca”?
Che è iper realistica. Prima vi ho sbattuto in faccia i tamarri del duemila senza censura, ora vi faccio osservare i fasci. La tecnica è la medesima.
E che cosa ti manca di più del 2011?
Poco. Neanche i miei vent’anni, che in realtà sono un età da incubo. Forse il fatto che non lavorassi ancora. Non lavorare è bello.
a cura di
Staff
LEGGI ANCHE – Max Pezzali, a sorpresa annunciato il concerto di Capodanno
LEGGI ANCHE – JUDAS PRIEST: una data al Ferrara Summer Festival 2025 il 1° luglio 2025