Torino Film Festival (giorni 1 e 2) – dalla Palestina alla premiazione di Angelina Jolie con Alessandro Baricco

Torino Film Festival (giorni 1 e 2) – dalla Palestina alla premiazione di Angelina Jolie con Alessandro Baricco
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Dopo un’inaugurazione hollywoodiana, sono iniziati i primi appuntamenti del TFF, con le prime conferenze stampa e i primi film in concorso e fuori concorso, che in molti casi hanno suscitato interesse, ma anche generato clamore. 

Se la cerimonia di apertura del Torino Film Festival è stata incentrata sulla consegna delle Stelle della Mole ai grandi artisti americani e italiani (oltre che all’anteprima di Eden di Ron Howard), sabato è stato il primo vero giorno del Festival, con un calendario fitto di conferenze stampa e film suddivisi nelle 6 categorie della Kermesse. 

Districarsi tra tutti questi eventi non è semplice. Fortunatamente tutti i poli di interesse del Torino Film Festival sono racchiusi in poche centinaia di metri, ma la scelta su a quali eventi presenziare è comunque da eseguire in maniera oculata per non perdere alcuni piccoli capolavori sconosciuti, ma di altissimo interesse sociale e culturale. 

Dopo tante ricerche per le prime due giornate ho individuato due dei film più interessanti della rassegna, entrambi fuori concorso, ma di sicura rilevanza. Per i temi trattati nel primo caso, e per la prova da regista di Angelina Jolie nel secondo. Per Without Blood, tuttavia, ho potuto partecipare esclusivamente alla conferenza stampa. 

Andiamo quindi con ordine. Nella giornata di sabato mi sono presentato col mio biglietto in mano al Cinema Romano all’interno della stupenda cornice della Galleria Subalpina di Torino per la visione in anteprima di From Ground Zero, alla presenza della coproduttrice Layali Badr.

Emozioni senza odio

La coda per entrare in sala è tanta e, una volta fatto l’accesso e scelto il posto, la vedo riempirsi velocemente arrivando al tutto esaurito. Da un certo punto di vista sono stupito, da un altro contento che questa pellicola abbia destato tanto interesse.

Parliamo di From Ground Zero che, a dispetto del nome, non parla dell’11 settembre 2001, ma è un contenitore di corti girati, ideati e prodotti da registi – e aspiranti tali – di origine palestinese, direttamente dalla Striscia di Gaza

Prima della proiezione Giulio Base, Direttore del Festival, ha voluto far sapere a tutti i presenti con quanta decisione abbia voluto questo film all’interno del Torino Film Festival, per i temi trattati di assoluta attualità e perché la voce di Gaza e dei palestinesi non deve essere messa a tacere. 

All’ingresso in sala di Layali Badr gli applausi sono arrivati immediati, ma è con le sue parole che la sala è esplosa in un’ovazione. La produttrice palestinese ha voluto ringraziare l’Italia per il calore dimostratole, facendo però sapere che la situazione nella Striscia di Gaza è molto peggiore rispetto a quella mostrata nei 22 corti della pellicola. 

Prima dell’inizio del film è stato presentato anche Carlo Maria Spina di Revolver, distributore italiano, che ha comunicato che già 60 sale hanno accettato la distribuzione, che l’80% del ricavato verrà devoluto a Gaza e che è già in produzione un sequel con all’interno quattro cortometraggi da 30 minuti l’uno. 

22 punti di vista della stessa tragedia

From Ground Zero è diviso in due macro blocchi da 11 corti ciascuno, tutti dalla durata massima di 5 minuti, registrati tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. I quali portano una testimonianza cruda – ma mai politicizzata! – di come la vita delle persone all’interno del quartiere di Rimal a Gaza si stia svolgendo.


Tra tragedie famigliari e voglia di vivere una vita normale, il punto di vista di questi registi under 25 riesce a far smuovere ben più di un cuore, con applausi ad ogni corto scroscianti e mai “obbligati”. 

In questo contenitore possiamo vedere una varietà di generi e tecniche compositive che portano in scena piccole storie dinnanzi alle quali non si può essere ciechi. A partire da quella del regista vincitore del Premio Internazionale, che lascia la sua carriera per documentare la Storia, ai bambini che raccontano in stop motion di come le mamme scrivano i loro nomi sugli arti affinché possano essere riconosciuti in ospedale o da morti. 

Finito il primo blocco ho avuto la possibilità di assistere al Q&A con la produttrice che ha risposto alle domande del pubblico raccontando anche la sua personale storia. 

Com’è stato produrre un film in questa situazione così tragica? 

“È stato molto difficile. Tutte le persone erano traumatizzate, sopratutto a Gaza, non c’era Internet, non c’era l’elettricità, grazie ai telefoni siamo riusciti ad avere la linea e la rete. Riprendevano da Gaza (c’erano due macchine da presa e con i telefonini), montavano in loco e poi via telefono spedivano il girato, che veniva editato in Francia.”

Non ho visto odio, quanto è difficile non coltivarlo a favore della speranza e dell’amore?

Mia nonna era ebrea, mio nonno musulmano, vivevamo felici, in perfetta armonia. Dentro di noi c’è amore, adesso gli israeliani (dal 1948) vogliono il loro Stato, vogliono cancellarci dalla faccia della terra commettendo un genocidio, perché sono al fianco degli Stati Uniti e dei paesi imperialisti. Noi continuiamo a voler tornare a vivere con amore ed in armonia per questo non c’è odio dentro noi.

L’attesa per la distribuzione in Italia è tanta perchè la visione di questa pellicola è un dovere per tutti. La Storia non viene raccontata solo dai telegiornali, ma risiede soprattutto nell’esperienza di chi vive questi fatti e questo contenitore è il più grande grido alla normalità che potremmo mai avere al mondo. 

Una trasposizione col cuore

Sono le 23:00. Camminando verso la macchina penso alla visione di From Ground Zero e alle parole di Layali Badr. Con pensieri che rimangono nella testa, immagini che restano nel cuore e che mi fanno pensare come questo sia stato veramente il modo giusto di raccontare la Storia, vado a dormire con la consapevolezza che il candidato palestinese agli Oscar 2025 DEVE vincere la statuetta. 

Chiudo gli occhi ed è già domenica. Alle 15:00 c’è la conferenza stampa di Without Blood, è ora di correre al media center per il red carpet e sentire le parole di Angelina Jolie e Alessandro Baricco sul film tratto dal libro dello scrittore torinese Senza Sangue

L’ambiente intimo e colloquiale ci fa dimenticare per un attimo la presenza di due persone cotanto importanti. Angelina Jolie dimostra tutta la sua dolcezza ed eleganza, sia nell’abbigliamento assolutamente confy che nelle parole che dispensa per Alessandro Baricco.

Il quale fa da controparte all’attrice. Ma non solo: ne esce come la colonna portante della giornata, mattatore per carisma e cipiglio istrionico, tanto lontano dal classico torinese quanto espressione di un’italianità coinvolgente. 

Non penso che lo scrittore sia la persona adatta per scrivere lo screenplay di un film. In questo caso mi sono goduto questa serie di pensieri assieme ad Angelina e al suo editor, nel processo produttivo ho capito che lei ha percorso questa strada incredibile che è: “Voglio fare il libro, nulla più di questo, niente aggiunte, niente modifiche, quindi non ho più mosso nulla e ho aspettato arrivasse il film.”
È un percorso coraggioso sin quanto il film è diviso in due. La prima parte è già cinema, nella secondo invece ci son due persone al tavolo che parlano. 
Damien è veramente la rappresentazione di quanto io avevo in testa per l’uomo al tavolo che parlava.
Sarò sempre grato ad Angelina per aver tradotto le mie parole in questo film
.”

Alessandro Baricco

Il discorso tra amici coinvolge tutti i presenti portando alla mente dei lettori del romanzo l’idea che la scrittura ha dato e che è trasposta in maniera similare dalla pellicola, tanto che lo scrittore torinese ne tesse le lodi, pur avendo visto solo poche immagini ed essendo stato sul set perché “tutto quello che ha visto è quello che ha immaginato”.

In questa parte della sua carriera, Angelina si mette sulle spalle le sofferenze delle persone che ci circondano. È vero che c’è questa empatia con le sofferenze degli altri? 

Penso di si, credo di essere un attore che studia il background umano, la sua sofferenza e ho scoperto di aver sofferto per lo più per la vita, l’amore, e credo che i più grandi insegnamenti li ho ricevuti dalle famiglie di rifugiati.

Lei ha fatto della battaglia contro la violenza sulle donne uno dei suoi fondamenti. Cosa pensa dell’immagine della bambina nel libro?

Io penso che sia un immagine forte, ma voglio proteggere tutti, tutte le persone che subiscono abusi. In molti casi, ad esempio, in Afghanistan e nella violenza domestica si sta normalizzando il problema, ci sono un sacco di uccisioni ogni giorno. Voglio spostare la discussione sul fatto che ci sia qualcosa di sbagliato e vorrei che si arrivasse a punto in cui uomini e donne debbano proteggersi e vivere assieme superando la violenza.

A conclusione della conferenza, a sorpresa, Alessandro Baricco su suggerimento di Giulio Base ha consegnato la Stella della Mole all’attrice americana, che con molta emozione ha ritirato il premio ringraziando con calore i presenti.

a cura e foto di
Andrea Munaretto

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Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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