Sara Fortini e la sua nuova musica senza compromessi

Sara Fortini e la sua nuova musica senza compromessi
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“Eterogenetika” è l’ultimo album dell’artista veronese Sara Fortini uscito venerdì 15 novembre per Osteria Futurista/Maieutica Dischi. Si tratta di un viaggio appassionato attraverso mondi sonori e influenze musicali che definiscono l’anima dell’artista e la sua scrittura.

“Eterogenetika”, nuovo progetto artistico di Sara Fortini, disponibile a partire dal 15 novembre si nutre di contaminazioni e dell’intima convinzione che la musica sia il linguaggio più puro per celebrare la pluralità e la diversità. L’album vuole essere un manifesto sonoro di libertà creativa, in cui ogni nota è un’esplorazione, ogni melodia un passo verso plurime direzioni e dove stili e generi diversi si intrecciano. Su The Soundcheck Sara ci racconta la sua nuova musica, la rottura con gli schemi passati per approdare ad un inedito mondo ricco di sfumature sonore e sensoriali.

Ciao Sara e benvenuta su The Soundcheck. In che modo il concetto di “eterogenesi” ha ispirato la tua scrittura e il tuo percorso musicale? Hai usato questa idea come base per l’album: come descriveresti il legame tra l’eterogenesi, i cambiamenti inattesi, e la tua evoluzione artistica?

Ciao e grazie dell’invito per questa intervista e di queste belle domande! Dunque, per me il processo creativo è un momento in cui riversare tutte le idee, influenze, emozioni che ho in un determinato momento e vedere cosa esce dalla contaminazione di tutti questi elementi. Poi io sono curiosa, credo che sia giusto conoscere ed esplorare universi diversi per conoscersi un po’ di più e nel mio rapporto con la musica seguo lo stesso concetto.

Ho sempre ascoltato tanta musica diversa, sono nata in una band dove cantavo rock anni 70 per poi ritrovarmi a scrivere in una band indie, poi ho studiato canto pop e con gli anni mi sono innamorata del hard-bop del jazz e del cantautorato italiano, adesso sto studiando canto lirico. Provo a sperimentare a unire stili e generi e a vedere come cambia la mia voce in ognuno di questi mondi. La mia evoluzione artistica è stata piena di cambiamenti inattesi  e sinceramente mai avrei immaginato di arrivare a fare un disco come questo e riuscire a sperimentare come autrice generi così diversi.   

In Eterogenetika ci sono generi diversi che convivono in armonia. Da artista, come vivi questa libertà espressiva? Ti è mai capitato di sentirti costretta a seguire un genere specifico per ottenere maggiore riconoscimento o visibilità?

Per me la possibilità di fare liberamente musica per quello che sento è una sensazione bellissima, credo che il giudizio su qualsiasi forma di arte e di espressione definisca semplicemente chi il giudizio lo esprime e non aggiunga o tolga molto a chi con l’arte si esprime.

Ad ogni modo si, ho vissuto molti momenti in cui mi sono sentita obbligata a scegliere la fedeltà a un genere per necessità/volontà di mercato e quel momento per me ha sempre rappresentato una dolorosa rottura e una nuova fioritura verso qualcosa di diverso, sono felice oggi di essere dove sono e di poter fare musica senza costrizioni o compromessi.

Ogni traccia dell’album sembra rappresentare una parte diversa di te o della tua visione musicale. C’è un brano in particolare che senti rappresenti al meglio chi sei oggi come artista? E quale brano pensi che possa stupire di più chi ti ascolta per la prima volta?

Il brano che mi rappresenta come artista è sicuramente “Questa Musica” che racconta come vivo la musica, non a caso per questo brano ho scelto un sound che ricorda Napoli Centrale, la musica di Pino Daniele e un periodo storico dove non si aveva paura di unire il funk, il soul, il jazz, di sperimentare senza troppe etichette. Credo che il brano che possa stupire in questo album sia “Ti sparerei” perchè esce un po’ di più il mio lato da clubber figlia del drum and bass anni 90 che in pochi conoscono. 

Nel panorama musicale di oggi, che spesso impone una forte categorizzazione agli artisti, Eterogenetika vuole presentarsi come un “manifesto di diversità”. Quali sono le sfide e le soddisfazioni nel proporre un progetto che rifiuta le etichette e sposa l’idea di una creatività fluida?

Si, Eterogenetika ha un po’ questa pretesa, per me la soddisfazione sta nel fatto di non doversi indirizzare verso un’identità unica ma cercare di far dialogare le parti diverse di me in un unico lavoro. Coraggiosamente o stupidamente è un progetto che probabilmente farà fatica a collocarsi nel mercato discografico odierno ma il lato positivo può essere che chiunque può ritrovarsi in almeno una di queste canzoni, Ti piace il pop? Ce l’ho! Ti piace il blues? Ce l’ho! Ti piace il metal? Mi manca. Magari nel prossimo disco ci metto una romanza, non si sa mai.   

Tra i brani, “Ti sparerei” ed “Puoi dimenticarmi” sono due esempi di stili opposti che convivono in Eterogenetika. Qual è il processo creativo dietro la scelta e l’integrazione di generi diversi? Come riesci a mantenere un’identità artistica coerente pur abbracciando influenze così variegate?

Io mi sento tante cose diverse ogni giorno, ascolto Sly & The Family Stone e lo stesso giorno magari ho voglia di ascoltare i Subsonica e la sera stessa Puccini. La musica è casa per tutti perché è una dimensione che non ha confini e io mi sento me stessa nonostante tutte queste “contraddizioni” anzi forse sono proprio queste a definirmi. Forse ho anche smesso di chiedermelo e scrivo per quello che sento, il risultato finale è comunque sempre una sorpresa quindi mi godo il momento.

“Questa Musica” esplora sfumature soul, mentre altri brani abbracciano il pop raffinato o l’elettronica. Quali artisti o esperienze personali hanno influenzato le sonorità e i messaggi di questo album? E quali ascolti ti hanno permesso di ampliare la tua sensibilità verso stili musicali tanto diversi?

I testi di questo album sono molto personali, spesso sono dedicati a persone o storie di vita e nel cercare le sonorità adatte mi sono ispirata a vari artisti e sonorità dai dischi italiani di Concato, Battisti, Pino Daniele ma anche le più recenti cantautrici che amo come Carolina Bubbico, Serena Brancale, Ditonellapiaga passando per Tom Misch, i Seeba Kaapstad, Amber Marks, o l’ultimo disco di Palladino con Blake Mills, gli Yin Yin per poi arrivare a Bonobo, Bicep, Mace insomma ci sono tante cose di cui mi innamoro e con cui mi piace fondere e influenzare il mio modo di scrivere.

a cura di
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