Il Cinema Ritrovato, giorno 3 – il magnetismo di Delphine Seyrig e la magia del cinema muto tra ieri e oggi

Il Cinema Ritrovato, giorno 3 – il magnetismo di Delphine Seyrig e la magia del cinema muto tra ieri e oggi
Condividi su

Anche il terzo giorno de Il Cinema Ritrovato 2024 continua a regalare momenti unici e indimenticabili agli spettatori.  Di seguito il resoconto della giornata, da Les Lévres Rouges al capolavoro muto georgiano Chemi Bebia. Assieme alla fantastica proiezione della Silent Trilogy di Juho Kuosmanen e ad un dialogo tra il regista finlandese e Alice Rohrwacher sul futuro del cinema muto.

Arrivati alla terza giornata de Il Cinema Ritrovato 2024, dovremmo ormai essere abituati a meravigliarci, eppure ogni proiezione continua a lasciarci a bocca aperta!
Il mio percorso di lunedì è stato caratterizzato dall’importanza del suono, cosa che potrebbe sorprendere dato che ha incluso due film muti. Eppure, come ho avuto modo di sperimentare, nel cinema muto i suoni acquisiscono ancora più importanza

La prima proiezione a cui ho partecipato è stata Les Lévres Rouges, una co-produzione di Belgio-Francia-Germania del 1971 con una sensualissima Delphine Seyrig nei panni della protagonista. A colpirmi più di tutto è stata probabilmente proprio la voce di quest’ultima, bassa e strascicata: la voce della seduzione. 

Nel tardo pomeriggio, ho poi raggiunto il suggestivo cinema Modernissimo per uno degli eventi più sorprendenti di questa edizione: la proiezione della Silent Trilogy di Juho Kuosmanen. Si tratta di tre cortometraggi muti in bianco e nero, girati tra il 2012 e il 2023. Oltre all’accompagnamento musicale da parte della Ykspihlajan Kino-orkesteri, il contributo più innovativo è dato dalla presenza di un rumorista. A seguire c’è stato anche un interessante dialogo tra Kuosmanen e Alice Rohrwacher sul futuro del cinema muto. A fare da mediatore l’immancabile Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna e ideatore del Festival, che ho trovato particolarmente emozionato.  

La giornata si è conclusa con Chemi bebia, capolavoro del genere georgiano del 1929. Il film era previsto in Piazza Maggiore, ma, a causa del maltempo, è stato spostato al Modernissimo. Sicuramente in Piazza sarebbe stato ancora più suggestivo, ma anche la proiezione al chiuso ha donato emozioni forti grazie all’accompagnamento musicale del trio finlandese Cleaning Women. Per capirci meglio, hanno ricevuto una standing ovation da parte del pubblico!

Ma ora entriamo nel dettaglio.

“Les Lévres Rouges”

Cinema Lumière, Ore 14.15. La fila per gli ingressi last minute è incredibilmente lunga.
A cosa si deve questo entusiasmo? Alla proiezione di Les Lévres Rouges (La vestale di Satana), film del 1971 con Delphine Seyrig nei panni della contessa Elisabeth Bathory

La pellicola fa parte della rassegna dedicata alla Seyrig, di cui ho già fatto esperienza ieri con il vivace musical Golden Eighties. In questo caso, però, il tono è completamente diverso. Les Lévres Rouges è una storia di vampiri che, trasportati fuori dal loro tipico contesto gotico, assumono le sembianze di una borghesia annoiata. E così, l’attrice raggiunge un nuovo livello di iconicità nei panni della contessa-vampira Elisabeth Bathory (personaggio che ha ispirato anche Lady Gaga nella quinta stagione di American Horror Story). La sua presenza buca lo schermo tanto dal punto di vista visivo, quanto da quello uditivo. Come dicevo prima, infatti, a rimanere impressa molto dopo la fine del film è la voce bassa e sensuale della Seyrig

La presenza di un’artista del suo calibro in un film originariamente pensato per essere commerciale può sorprendere. Ma, come ci ha spiegato il regista Harry Kümel (presente in sala per l’introduzione), a Delphine Seyrig interessava interpretare un ruolo che la rendesse un’icona. In chiusura ha anche ricordato le parole dell’attrice durante un momento delle riprese particolarmente complicato: “Harry, don’t worry. The only thing that they will look at in this film is me”.
Delphine, sapevi decisamente quello che stavi dicendo!

“Silent Trilogy”

Cinema Modernissimo, ore 18.00. Mi accomodo al centro della sala e subito noto gli strumenti musicali sotto lo schermo. Non so esattamente cosa aspettarmi perché non sono mai stata ad un cineconcerto. Alle 19.00, a fine proiezione, sono una persona nuova: a cosa servono le parole quando la musica può farti vivere così tante emozioni?

Silent Trilogy (Mykkätrilogia) è il raggruppamento di tre cortometraggi muti del regista finlandese Juho Kuosmanen. Il primo, realizzato nel 2012, si chiama Romu-Mattila and a Beautiful Woman. Si tratta di una storia vera, la cui sceneggiatura è stata studiata insieme ad alcuni musicisti per capire da subito l’effetto finale. Il secondo cortometraggio, The Moonshiners, è invece un remake del 2017 del primo film della storia finlandese. L’opera, purtroppo, non è più reperibile, ma Kuosmanen ha avuto accesso ad abbastanza materiali per ricostruirlo. Infine, nel 2023 viene realizzato A Planet Far Away, il cui scopo era dare un finale più convincente alla raccolta. 

La Silent Trilogy, oltre ad un umorismo tagliente ed inaspettato, ha come punto di forza principale l’accompagnamento musicale. Temo che non esistano parole per rendere appieno le emozioni che mi ha suscitato questa esperienza immersiva, ma ci proverò comunque. 

I tre cortometraggi sono stati pensati per essere proiettati dal vivo  con tanto di orchestra e rumorista e, in effetti, questo è probabilmente l’unico modo in cui possano raggiungere il loro pieno potenziale. Se già la musica live dell’orchestra è emozionante, lo spettatore rimane letteralmente a bocca aperta nel sentire il lavoro del rumorista Heikki Kossi. Il suo contributo è talmente perfetto, da far dimenticare a tutti la sua presenza sotto lo schermo. Non penso ci sia complimento migliore da fargli. 

Il futuro del cinema muto

Come ricordavo prima, Silent Trilogy è stato immediatamente seguito da una conversazione tra Juho Kuosmanen, Gian Luca Farinelli e, in videochiamata, Alice Rohrwacher sulle possibilità del cinema muto in tempi moderni.

Kuosmanen ha spiegato al pubblico in sala il suo processo creativo nella realizzazione di questo tipo di film. Alla base di tutto c’è la musica che, di fatto, è ciò che dà ritmo alla storia. Di più, mentre il sonoro introduce un elemento di realismo nella narrazione, il muto permette di giocare maggiormente con la fantasia. Un altro punto a favore da un punto di vista tecnico, è che i dialoghi possono essere modificati anche in fase di montaggio

Alice Rohrwacher (che, a quanto pare, sta lavorando ad un progetto di un lungometraggio muto) si è dimostrata altrettanto affascinata da questo tipo di cinema. Per lei muto e sonoro non sono due momenti storici, bensì due dimensioni che possono convivere in parallelo. A sua detta, quando il suono ha fatto il suo ingresso sulla scena, la ricercatezza delle immagini non si era ancora esaurita. 

Infine, la Rohrwacher si è espressa su Chemi bebia, film che ha segnalato lei stessa al Cinema Ritrovato. L’opera – una satira sulla corruzione – presenta, infatti, secondo lei una grandissima libertà espressiva delle immagini.

Dato che avevo già la prenotazione pronta per la sera, sentire queste parole non ha fatto altro che incuriosirmi. E vi anticipo già che il film è veramente una meraviglia.

“Chemi bebia”

Cinema Modernissimo, ore 21.45. Il numero di persone che purtroppo non sono riuscite ad entrare in sala è enorme (spero per loro che con la seconda proiezione delle 23.45 sia andata meglio). 

Il film in questione è Chemi bebia (My grandmother), un film muto georgiano del 1929 di Kote Mikaberidze. Il titolo, letteralmente “mia nonna”, è un modo russo per dire “il padrino” e, infatti, la pellicola è una feroce critica nei confronti della burocrazia sovietica. Come ha ricordato Farinelli nell’introduzione, l’opera è stata realizzata in un periodo in cui esisteva già l’Unione Sovietica. Va da sé che, vista la materia alla base della storia, la pellicola non abbia avuto modo di circolare fino al 1976.

Mikaberidze, in origine attore e poi regista, ha realizzato anche altri film nel corso della sua carriera. Tuttavia, nel 1957 venne arrestato e, dopo la prigionia, decise di dedicarsi solo al doppiaggio di film georgiani. 

Chemi bebia è una pellicola dalle influenze dadaiste, fatto più di sensazioni che di coerenza narrativa. Ad incrementare questo effetto vi è l’accompagnamento musicale immersivo del trio finalndese Cleaning Women. Anzi, è più giusto dire che, senza questo gruppo e la loro volontà di scrivere una partitura, l’opera sarebbe rimasta sconosciuta

Personalmente non avevo mai sentito un accompagnamento musicale del genere – oserei dire dalle influenze rock psichedeliche! -, ma è stata innegabilmente una delle esperienze più incredibili fatte per ora al Festival. 

A domani, con altre notizie ed approfondimenti da Il Cinema Ritrovato 2024!

a cura di
Claudia Camarda

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – Il Cinema Ritrovato 2024, giorno 1 – non solo Wim Wenders!
LEGGI ANCHE – Il Cinema Ritrovato 2024, giorno 2 – Kubrick, Mann e la dolcezza di “Paris, Texas” in Piazza Maggiore
Condividi su

Claudia Camarda

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *