Naska e la sua stanza: dove il pop punk fa da colonna sonora

Naska e la sua stanza: dove il pop punk fa da colonna sonora
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È uscito venerdì 5 maggio il secondo album dal titolo “La mia stanza”: una montagna russa tra poster e musica, alla scoperta della sfacciataggine di Naska e l’emotività di Diego

Nel giro di un anno Naska è entrato nel mondo musicale riportando un genere che per molto tempo è rimasto all’ombra del pop, del rap e della trap: il pop punk.

Prima con “Rebel”, e adesso con “La mia stanza”, Diego Caterbetti racconta con un’irriverente sincerità e molta ironia la sua visione del mondo, attraverso le sue esperienze. Ed è grazie a questa sua estrema schiettezza che riesce a parlare ai suoi ascoltatori.

Naska diverte e coinvolge, senza mai risultare banale. Parla di temi concreti e reali, suonati al ritmo di power chord e una batteria veloce e incalzante.

Copertina di “La mia stanza” – Naska
Traccia dopo traccia

“La mia stanza” è una full immersion intensa di 10 canzoni: 29 minuti dove l’energia di Naska e il romanticismo di Diego percorrono ogni pezzo, tra un pogo e un abbraccio.

Nella mia stanza faccio cose pericolose

“A testa in giù”

Così inizia il disco di Naska: con il primo singolo che rappresenta a pieno la sfrenatezza e la follia della vita che l’autore sperimenta in quel di Milano. Una vita senza freni, un atto di ribellione contro una società irrigidita e bloccata dentro i suoi stessi schemi. Questa vita dettata da eccessi e divertimenti, è la stessa raccontata nel primo album: le esperienze di un ragazzo ventenne, catapultato nella realtà frenetica, quasi surreale di una grande città.

I riff di chitarra e i tempi dettati dalla batteria rimandano subito all’inizio degli anni 2000 e qui si comprendono a pieno le radici dell’artista, cresciuto a pane e Sum 41, Blink-182, Green Day. “Mai come gli altri” e “Non me ne frega un cazzo” cavalcano perfettamente il filone del pop punk. Due manifesti di fuga e di libertà da tutto ciò che ti impone di essere quello che non sei davvero.

L’anima più matura, emotiva e sensibile di Diego viene fuori in pezzi come “A nessuno”, con un’atmosfera più cupa e grunge. Un dialogo intimo di una coppia sul proprio dolore, circondata dall’indifferenza delle altre persone.

E del telefono in muto
E dei giorni che ti prendono al buio
E di ieri che hai detto ti scoppiava la testa
E ti sentivi una merda, non importa
A nessuno
Tranne che a me, di te

“A nessuno”

Nella stanza di Naska c’è posto anche per l’amore, raccontato nelle sue declinazioni più folli. “Pronto soccorso” è il pezzo iconico dell’album, dove viene fuori tutta l’anima del disco: amore, divertimento e anche un po’ ingenuità. “Cattiva” invece è quella relazione fatta di un’estrema passione, ma che ti svuota completamente una volta usciti dal letto.

“Fottuto sabato” e “Fuori controllo” riportano l’album nel mondo punk. Qui troviamo il conflitto tra l’eccesso e la voglia evadere dalla montagna russa del weekend. Il ritmo torna a rallentare con “Male”, un pezzo che racconta di quei periodi di apatia, dove niente riesce a suscitare un’emozione. Qui Diego racconta la sua esperienza: a volte si è disposti a soffrire pur di provare qualcosa.

“La mia stanza” si conclude con un pezzo emozionante, forse il più personale dell’album. Un riff struggente apre “Wando”, una delle canzone dove viene espressa a 360° la maturità dell’artista.

Come il pezzo omonimo del disco precedente, “Rebel” anche quest’ultimo è dedicato a qualcuno di molto speciale: Diego si mette a nudo, mostrando paure e insicurezze, in un dialogo faccia a faccia con il padre.

“Wando” chiude questo viaggio nella stanza di Naska, arrivando dritto al cuore, lasciandoti una dolce malinconia.

Scusami se grido
Se non sono bravo
A tenermi le lacrime
Come sai fare tu
E sbaglio un’altra volta
Un’altra volta

“Wando”

Grazie, Naska

Avevamo bisogno di un ritorno del pop punk? È una domanda che mi è capitato spesso di sentire. E oggi, alla luce dell’annuncio dello scioglimento dei Sum 41 (sigh) sono ancora più convinta della mia risposta.

Sì, c’è e ci sarà sempre bisogno del punk. La musica è come la storia: è ciclica, e prima poi tutto torna. Lo abbiamo visto all’estero con artisti come Machine Gun Kelly e Youngblud: il punk rock non è morto. Nel panorama italiano, Naska ha riportato sul palco il divertimento fine a sé stesso, la spensieratezza che qualunque ragazzo venticinquenne dovrebbe avere e quel dito medio alzato che molto volte non riusciamo a mostrare.

Quindi, vai Naska. Continua così: riporta il pop punk, che noi prepariamo i pop corn.

a cura di
Martina Giovanardi

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