“Burning – L’amore brucia”: il dramma esistenziale di Lee Chang Dong

“Burning – L’amore brucia”: il dramma esistenziale di Lee Chang Dong
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Film uscito nel 2018 del noto regista sudcoreano Lee Chang-dong, “Burning – L’amore brucia” (Beoning) è il suo più recente capolavoro: un dramma psicologico che con delicatezza affronta le crisi quotidiane degli individui, nonché il racconto di un mistero sussurato riguardo la scomparsa di una ragazza che come una fiamma che brucia consumata sparisce all’improvviso.

La sceneggiatura del film è tratta da un racconto dello scrittore giapponese Haruki Murakami, intitolato Granai incendiati pubblicato all’interno della raccolta L’elefante scomparso e altri racconti dell’edizione Einaudi. 

Lee Chang-Dong non è sicuramente un nome nuovo nel panorama cinematografico internazionale. Il regista vanta infatti già numerosi premi e riconoscimenti in diversi festival cinematografici internazionali grazie ad opere precedenti tra cui Oasis (2002), con cui ha vinto il Leone d’argento per la regia al 59° Festival di Venezia, e Poetry (2010), che lo porta a ottenere il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes.

I atto 

Il film ruota attorno a tre personaggi principali, ognuno profondamente diverso dall’altro: Jongsu (Yoo Ah-In), protagonista della storia e ragazzo introverto, piuttosto ingenuo e con un difficile passato famigliare; Haemi (Jeon Jeong-Seo), una misteriosa ragazza apparentemente libera e senza freni, ma che in realtà cela un’interiorità fragile, dove una solitudine immensa, a tratti incolmabile, risulta essere il sentimento portante del suo sé; e infine Ben (Steven Yeun), ragazzo carismatico appartenente alla classe borghese. 

La storia parte quando il protagonista, che vive in un piccolo paese rurale a nord di Seul, Panju, incontra Haemi, sua coetanea nonché vicina di casa quando erano bambini. Un incontro fortuito durante la promozione del negozio in cui Haemi stava lavorando, così come risulta essere fortuita la vittoria durante un gioco d’estrazione dove Jongsu vince il premio in palio: un orologio rosa che successivamente regalerà alla ragazza. Inizialmente Jongsu non la riconosce, ma probabilmente ciò è dovuto alle operazioni estetiche che rivela di essersi fatta al volto. 

Dopo questo incontro, i due continuano a uscire insieme e in una particolare serata la ragazza gli svela il suo sogno di visitare l’Africa, raccontandogli così alcuni aneddoti sulla vita spirituale e culturale del popolo Boscimani, detti anche San, che vive nei pressi del deserto del Kalahari. Secondo la concezione filosofica dei San esistono due tipi di persone: i “piccoli” e i “grandi” affamati.

I primi cercano di colmare la fame attraverso il cibo, una “piccola” fame che si appaga attraverso la materialità della vita; i secondi, al contrario, hanno una “fame” più ampia, una necessità incolmabile di conoscenza di significati che si spingono oltre alla materia tangibile della realtà. In un momento a tratti di confessione, iniziamo a immergerci meglio nel dramma psicologico di Haemi dovuto al senso di profonda ed indefinita conoscenza che prova. 

Burning 1

A seguito di questa conversazione, Haemi chiede a Jongsu di occuparsi del suo gatto per un breve periodo perché sarà via: partirà, infatti, per l’Africa. Lo porta così nella sua stanza dove i due consumano un rapporto carnale, frammentato dall’immagine della torre di Seul che si intravede dalla finestra e che irrompe sulla scena e nella mente del protagonista. 

II atto

La prima parte del film risulta essere lenta, una scelta stilistica in realtà voluta dove una bellissima cinematografia proietta immagini quotidiane del protagonista, apparentemente prive di significato per lo svolgersi della storia.

Tuttavia, ritengo che la bellezza del film risulti non tanto nella trama, seppure appartenga al genere del mystery, dove di per sé l’avvicendarsi degli eventi è il fulcro centrale della narrazione, ma nella sapiente lentezza. Una lentezza quotidiana, ordinaria, dove i dettagli della narrazione e delle immagini restituiscono la complessità del reale di un vivere al di fuori della frenesia delle grandi metropoli. 

Il film continua con Jongsu che, a causa di un padre imputato in un processo giudiziario e di una madre che ormai da anni lo ha abbandonato, continua a sopravvivere cercando lavoretti di vario tipo. Ogni tanto inoltre va nel piccolo appartamento colmo di oggetti di Haemi per dare da mangiare al gatto, dove in un turbinio di desiderio sessuale, alla vista della foto della ragazza e della torre di Seul, inizia a masturbarsi.

Tuttavia, durante tutte le volte in cui torna lì il gatto di nome “Boil” non appare confondendo gli spettatori e il protagonista se quel gatto esista realmente o se sia il frutto dell’immaginazione della ragazza.

Dopo il viaggio in Africa, Jongsu prende Haemi all’aeroporto ma con sua sorpresa è accompagnata da un altro ragazzo, Ben, che ha incontrato casualmente durante il suo viaggio. I tre quindi vanno a mangiare insieme e già intuiamo che Ben sarà un personaggio fondamentale per il dipanarsi della storia. Durante la loro cena, Haemi racconterà del suo viaggio e in particolare di quando si è trovata di fronte al tramonto nell’immensità del deserto: in una deprimente confessione, emerge chiaramente il profondo senso di solitudine che prova e ciò ci spinge a rivalutare la nostra superficiale percezione verso di lei.

Immagine Burning 2

Inizia così la seconda parte del film, in cui il tema delle differenze di classe tra Ben e il nostro protagonista e Haemi appare essere la colonna portante della narrazione. Infatti, Ben è un ragazzo altamente benestante, guida una Porsche – Jiangsu guida un vecchio furgoncino -; vive in un bellissimo e spazioso appartamento nel centro di Seul, in contrapposizione alla stanza della ragazza e alla fatiscente proprietà in campagna di Jongsu.

Verso la conclusione

I luoghi, infatti, come numerosi studiosi i hanno ampiamente teorizzato, non sono solo spazi del materiale dove le persone si muovono e intessono reti di significato, ma piuttosto gli spazi sono essi stessi socialmente costruiti. E in questa opera i luoghi sono parte centrale e rilevante, in particolare quello dello spazio domestico, sito principale in cui le nostre soggettività diventano concrete: un microcosmo in cui le nostre soggettività si esprimono, capaci di racchiudere la nostra interiorità.

I tre continuano a uscire saltuariamente, ma inizia a sentirsi un senso di presagio e di inquietudine nell’aria. In particolare, è durante un’uscita con il gruppo di amici di Ben che tale sensazione inizia a manifestarsi. In particolare Haemi, con la sua spiccata personalità e i suoi racconti sull’Africa sembra essere un oggetto di divertimento per il gruppo di amici borghese che la vedono con uno sguardo di supponenza, giudicante e a tratti divertito.

La differenza di classe si concretizza così in un gioco di sguardi, di movimenti e di gesti dove la classe subalterna risulta essere il freak, il fenomeno da baraccone, raffigurato nella figura della ragazza, la quale si trova al centro di un gruppo di persone annoiato che per divertimento ricerca nell’altro un giocattolo.

Così, in un pomeriggio in cui Ben e Haemi fanno visita nel paese dove lei viveva e dove tutt’ora vive il protagonista, si manifesta una bellissima sequenza cinematografia, dove le luci naturali del crepuscolo illuminano i volti e i corpi dei tre ragazzi, disegnandone anche le sagome in controluce.

Assistiamo, dunque, a un ballo a tratti disperato di Haemi che – come a ricordare il tramonto che ha vissuto durante la sua permanenza nel deserto africano – diventa il momento apicale della solitudine incessante e incolmabile della ragazza. 

Immagine Burning
Le battute finali

I due ragazzi, rimasti da soli nel cortile dell’abitazione, chiacchierano e confessano alcuni loro segreti: Ben dichiara un hobby particolare che coltiva, ovvero quello di bruciare le serre abbandonate circa ogni due mesi, mentre Jongsu in un’impeto di emozioni confessa al ragazzo di amare Haemi. Tuttavia, al fine della giornata quando Ben e Haemi decidono di ritornare a casa, Jongsu ha una violenta reazione verbale verso di lei. 

A seguito di ciò la narrazione si fa sempre più cupa, il mistero prende sopravvento e l’inquietudine si manifesta con più impeto a causa della strana scomparsa della protagonista.

Infatti, Haemi non risponde più alle chiamate del ragazzo e disperato cerca in tutti i modi di rintracciarla. Ossessionato dalla sparizione dell’amata, decide di seguire Ben, l’unico che potrebbe sapere dove si trovi. Inizia così la parte più palpitante del film in cui ancora una volta la differenza di classe fa da scena al rapporto conflittuale tra i due.

Jongsu, infatti, decide di seguirlo più volte e capisce pienamente le differenze delle proprie condizioni: da una parte un ragazzo ai margini della società, introverso, povero e solo, dall’altra Ben, il quale vive nel lusso totale, piuttosto estroverso e accerchiato da una cerchia di amici. 

Conclusioni

L’ambiguità risulta essere anch’essa un piano di analisi attraverso cui poter interpretare l’opera. Rimane nell’ambiguità il sentimento in questo apparente triangolo amoroso, rimane nell’ambiguità la scomparsa della ragazza che, si presuppone nelle ultime battute del film, essere dovuta a Ben, senza però inquadrare mai con evidenza queste nostre supposizioni. Il vero e il falso, il reale e l’immaginario, la concretezza e il sogno, sono i due binari che il regista decide di percorrere.

Una dicotomia costante che con le immagini evoca un incessante senso di ambiguità, dove i due piani – il reale e l’immaginario – sfumano e si confondono. Le ipotesi degli spettatori non trova mai in realtà una sua concretezza, ma è nelle azioni del protagonista verso il finale dell’opera che traduce con violenza la crudeltà dell’esperienza del reale.

In questo caso non è importante l’analisi delle evidenze, come nelle altre opere di questo genere, ma piuttosto è centrale un’analisi introspettiva, ovvero delle sensazioni e delle esperienze vissute dal protagonista in seguito alla misteriosa scomparsa della ragazza . 

Il regista riesce a catturare con sublime maestria la complessità di questi personaggi e le loro relazioni, attraverso un racconto che inizialmente appare molto lento, a tratti disarmante, ma che alla fine, con i dettagli che solo la lentezza è capace di restituire, risulta essere l’espediente perfetto per poter interpretare il finale dell’opera.

Sarà a noi spettatori decidere se la storia, e le storie che circolano soprattutto attorno al personaggio di Haemi, siano reali o meno. Ma è proprio in questa linea di sospensione tra il reale e l’immaginato, in questo gioco di contrapposizioni, apparentemente dualistiche ma profondamente intrecciate, che la narrazione, le immagini e le relazioni tra i personaggi, trovano l’origine della propria potenza e profondità, nonché la propria bellezza visiva. 

a cura di
Skipper Fonzy Amgao

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