The Last of Us: Quando il gioco incontra la serie (SPOILER!)
La prima stagione della serie tv HBO ideata da Craig Mazin e Neil Druckmann (creatore del gioco) è giunta alla sua conclusione con la nona ed ultima puntata, ed è giunto il momento di tirare le somme.
Sono passati ormai 10 anni da quando mi accingevo a giocare a quello che sarebbe diventato forse il mio gioco preferito di sempre: The Last of Us.
Rimasi rapito fin da subito dalla storia e mi immersi nel viaggio di Joel e Ellie per ben 12 ore.
Quando arrivai alla fine ero devastato, avevo vissuto tutto insieme ai due protagonisti, grazie alla maestria con la quale era stata scritta la storia.
Una delle prime cose che pensai non appena finii il gioco fu: “spero che un giorno faranno un film o una serie su questo capolavoro”. C’è voluto un po’, ma alla fine è arrivata.
Come tutti i fan ero esaltato e allo stesso tempo preoccupato, ma quando ho visto che la produzione sarebbe stata affidata a HBO e il progetto a Craig Mazin e Neil Druckmann, mi sono un po’ tranquillizzato.
Infatti ho apprezzato molto la serie “Chernobyl“, di cui Mazin era lo sceneggiatore, e la presenza di Druckmann mi rassicurava sul fatto che la storia non sarebbe stata troppo snaturata.
I primi dubbi, però, sono giunti quando ho scoperto che le puntate sarebbero state 9 e che alcune sarebbero durate meno di un’ora.
Ma ho voluto comunque aspettare di vedere tutta la serie per trarre le mie conclusioni e, ora che è finita, posso finalmente dare la mia opinione sul prodotto.
Tra gioco e serie
Come ho scritto nel titolo, questo articolo conterrà degli spoiler. Siete avvertiti.
Non ci sono stati grossi cambiamenti rispetto al gioco, e questo ha reso l’adattamento estremamente fedele e godibile anche per i fan del titolo.
Ci sono state, invece, delle aggiunte che, a mio parere, hanno arricchito la storia di alcuni personaggi.
Ciò che è venuto meno è stata la presenza degli infetti, ridotta quasi al minimo indispensabile, per lasciare più spazio al rapporto tra Joel e Ellie.
Ma andiamo nel dettaglio, puntata per puntata, per vedere quali sono stati i punti deboli e i punti forti, e le varie differenze tra il gioco e la serie.
Quando sei perso nell’oscurità
Il primo episodio segue il gioco piuttosto fedelmente, e non c’era modo migliore per convincere anche i fan più scettici a seguire la serie.
Così come nel gioco, la storia inizia seguendo la figlia di Joel, Sarah, con lo scopo di farti affezionare a lei per poi dilaniarti l’anima al momento della sua morte. Primo di numerosi “emotional damage“.
Ma, mentre nel gioco ci si limitava a impersonarla solo per i primi minuti, nella serie il personaggio è approfondito ancora di più, e direi che la scelta è assolutamente vincente.
Possiamo apprezzare da subito l’interpretazione di Pedro Pascal nei panni di Joel, che fa sentire tutto il peso della perdita appena subita dal protagonista dopo il time skip di 20 anni. Infine facciamo la conoscenza di Ellie, interpretata da Bella Ramsey che zittisce immediatamente tutte le critiche riguardo al suo cast.
C’è poco da dire, la prima puntata è pressoché perfetta.
Gli infetti
Nel secondo episodio inizia il viaggio e ci imbattiamo finalmente nei clicker e nella prima sequenza videoludica trasposta nella serie. La parte “stealth” per evitare di farsi sentire dagli infetti ha riportato alla mente di tutti i videogiocatori quei momenti di ansia e angoscia che ci hanno accompagnati per tutto il gioco.
Non a caso è l’unico episodio diretto da Neil Druckmann.
La prima grande differenza introdotta in questo episodio è la presenza della “mente alveare” che collega tutti gli infetti tra loro, creando così i presupposti per le terrificanti orde.
Infatti, è proprio un’orda di infetti che minaccia l’incolumità di Joel e Ellie che, però, si salvano grazie al sacrificio di Tess. Mentre nel gioco sono gli agenti della FEDRA che fanno irruzione nell’edificio.
Molto, molto tempo
Questo è l’episodio che più prende le distanze dal gioco in assoluto.
La storia di Bill e Frank viene approfondita al massimo, ma viene anche cambiata quasi radicalmente.
Qui viene descritta come una storia d’amore che culmina con il suicidio poetico dei due, dopo che Frank arriva al limite della sopportazione della sua malattia, che lo costringerà lentamente a diventare un vegetale.
Nel gioco, invece, Frank si allontana da Bill perché non lo sopporta più e viene trovato impiccato dallo stesso Bill e da Joel in una casa abbandonata, in cui aveva lasciato una lettera dove scriveva tutto il suo odio nei confronti del compagno.
Ma così non avremmo pianto abbastanza e quindi: “EMOTIONAL DAMAGE!”
E siccome la storia non era già abbastanza triste, hanno aumentato il carico mettendo la musica “On the Nature of Daylight” di Max Richter.
Maledetti bastardi. Hanno migliorato anche questo.
Per favore, stringimi la mano
In questo episodio approfondiamo il rapporto tra Ellie e Joel, durante il loro viaggio nel pick-up, in cui i due si aprono un po’ di più l’uno con l’altra.
Ellie tira fuori un po’ più della sua personalità leggendo delle battute pessime da un libro, per cercare di abbattere il muro che Joel ha eretto tra loro due. Vedere Joel ridere per la prima volta dopo così tanto tempo ci ha scaldato il cuore.
Poi abbiamo la scena dell’imboscata che è praticamente identica al gioco, dove Ellie salva il culo a Joel, dimostrando di avere coraggio e sangue freddo.
Anche su questo episodio non ho niente di negativo da dire.
Resistere e sopravvivere
Qui conosciamo i personaggi di Henry e Sam e approfondiamo quello di Kathleen, personaggio aggiunto nella serie e che non è presente nel gioco.
Altra differenza rispetto al gioco è il fatto che Sam è sordo muto. Con un flashback iniziale conosciamo la storia di Henry e Sam, in questo modo possiamo empatizzare con loro per poi…vabbè avete capito.
Anche in questo episodio tutto è al posto giusto, ogni personaggio è ben caratterizzato e la scena con gli infetti e il Bloater è incredibile sotto ogni punto di vista, ancora meglio del gioco.
Piccola curiosità: il Bloater non era in CGI ma era un tizio alto e grosso con delle protesi.
Ah giusto, Kathleen torna a fare quello che faceva nel gioco, ovvero non esistere.
La scena finale è leggermente diversa da quella nel gioco, con l’aggiunta del tentativo di Ellie di guarire Sam attraverso il suo sangue, ed è l’unica parte che mi convince meno.
Il resto ve lo devo descrivere?
No, vero?
EMOTIONAL DAMAGE!
Famiglia
Per questo episodio scriverò poco perché succede poco, ma ci sono due scene fondamentali.
La prima è il dialogo tra Joel e Tommy in cui il primo mostra tutte le sue fragilità e insicurezze, dicendo di non sentirsi in grado di proteggere Ellie. Questo dice molto del personaggio, soprattutto dopo averci fatto vedere che soffre di attacchi di panico, cosa che nel gioco non vediamo.
La seconda è il confronto tra Joel e Ellie, che è stato lasciato esattamente com’era nel gioco, perché era perfetto così:
Ellie: Mi dispiace per tua figlia Joel, ma ho perso qualcuno anch’io
Joel: Tu non hai neanche idea di cosa voglia dire
Ellie: Tutte le persone a cui ho voluto bene sono morte oppure sparite, tutte dalla prima all’ultima a parte te! E non dire che sarei più al sicuro con qualcun altro, perché la verità è che avrei solo più paura!
Joel: Hai ragione, tu non sei mia figlia, e io di sicuro non sono tuo padre.
Qui Joel fa i conti per la prima volta con la possibilità di perdere Ellie, e capisce di non volerlo fare.
Il tentativo di allontanarla era dovuto solo ed esclusivamente alla paura di dover vedere morire anche lei.
Poi però è Joel che rischia di morire e stavolta dovrà essere Ellie a prendersi cura di lui.
Left Behind
Left Behind è anche il titolo del DLC (contenuto aggiuntivo) da cui è tratta la puntata e narra appunto la storia di Ellie e Riley, che avviene poco prima dell’inizio di questa avventura.
Anche qui è stato fatto un lavoro di adattamento egregio, con l’episodio che si svolge quasi interamente all’interno del centro commerciale, riprodotto in modo perfetto. Questa parte è estremamente importante perché rivela che Ellie era innamorata di Riley e che è proprio lei la persona che ha perso, a cui faceva riferimento con Joel.
Ed ecco che ci viene sbattuto in faccia il fatto che siamo noi a scegliere in che modo reagire alle cose brutte che ci capitano.
Giustissimo inserirlo a questo punto della storia, dove Ellie rischia di perdere anche Joel e attraverso questi ricordi trova la forza e la volontà di far sì che questo non accada di nuovo.
When we are in need
Arriviamo a uno degli episodi più intensi ma anche con più problemi di tutti.
Ellie si imbatte in David, personaggio alquanto controverso e malvagio, che la costringerà per la prima volta a cavarsela davvero da sola.
Qui la nostra protagonista mostrerà il lato peggiore di sé, quello più violento, ma lo farà solo per sopravvivere e tornare da Joel. Bella Ramsey raggiunge il picco della sua performance dandoci un’interpretazione meravigliosa.
Anche Joel tira fuori di nuovo il suo lato cinico per poter andare a salvare Ellie, facendoci capire che ormai è disposto a tutto pur di non perderla.
I problemi di questo episodio sono sostanzialmente due: il primo è la guarigione troppo rapida di Joel e il secondo è che tutto succede fin troppo in fretta.
Nel complesso però anche questa puntata non può considerarsi negativa.
L’abbraccio finale tra Joel e Ellie è semplicemente meraviglioso.
Look for the light
Finalmente siamo all’ultimo episodio, che era quello che mi preoccupava di più.
Da quando ho saputo che sarebbe durato solo 43 minuti ho iniziato ad avere forti dubbi. Mi sono chiesto il motivo di tale scelta e, onestamente, me lo chiedo tuttora.
L’episodio inizia con un flashback sulla madre di Ellie, interpretata da Ashley Johnson (l’interprete di Ellie nel gioco). Anche questa parte non è presente nel gioco ma è un’aggiunta che non mi dispiace, perché prova a dare una spiegazione al perché Ellie sia immune.
La madre, infatti, taglia il cordone ombelicale dopo che è stata morsa.
Quando torniamo dai due protagonisti vediamo che Ellie è ancora scossa da quanto accaduto, e la Ramsey anche in questo caso riesce a trasmettere tutto nel modo giusto.
Vediamo anche la bellissima scena con la giraffa (anch’essa vera e non in CGI), presente anche nel gioco, dove ritroviamo quella purezza tipica dei bambini quando vedono qualcosa per la prima volta.
Ormai il rapporto tra Joel e Ellie è consolidato, e raggiunge la sua massima espressione in un bellissimo dialogo inedito, non presente nel gioco, in cui Joel confessa di aver tentato il suicidio.
Joel: Non c’è molto da dire. Sarah era morta e la mia vita non aveva più senso, tutto qui. Non ero nemmeno spaventato, ero pronto. Più che pronto. Quando ho premuto il grilletto, mi sono mosso. Non so ancora perché. Comunque il motivo per cui ti sto dicendo questo è…
Ellie: So perché me lo stai dicendo.
Joel: Sì, credo che tu lo sappia.
Ellie: Quindi il tempo guarisce tutte le ferite, immagino.
Joel: Non è stato il tempo a guarirle.
In queste parole si nascondono tutti i motivi della scelta che Joel farà poco dopo, quando deciderà di uccidere tutte le luci per salvare Ellie, condannando così il mondo intero.
La cura è possibile, ma questo ucciderebbe Ellie, quella che è appena diventata sua figlia, quella che è appena diventata il suo mondo. L’unico mondo che vale la pena salvare.
Mettetevi nei panni di Joel, voi cosa avreste fatto?
Il finale di questo episodio è anch’esso identico al gioco, ed è praticamente perfetto. Nonostante la poca durata, nonostante anche in questo caso sia successo tutto un po’ troppo in fretta.
Conclusioni finali
Questa serie è riuscita dove centinaia di altri film o serie hanno fallito: adattare la storia di un videogioco e farne un prodotto valido per la tv.
Sarà perché The Last of Us si presta particolarmente bene alla serialità, ma credo che molti dei meriti vadano dati alla produzione, che ha saputo fin da subito a chi affidare le redini del progetto.
La HBO ha colpito di nuovo nel segno, donandoci un altro gioiellino, che ci ha trasportati in un viaggio incredibile, facendoci emozionare quasi ogni puntata.
Sono tante le cose che funzionano in questa serie, troppe, per poterla criticare.
Dalle interpretazioni magistrali degli attori alla scrittura degli episodi, passando per la fotografia e la regia fino ad arrivare alla colonna sonora, affidata al fantastico Gustavo Santaolalla, che ha giustamente deciso di usare la stessa del gioco.
Resto dell’idea che la serie sarebbe dovuta durare 12 episodi, così da avere più tempo e lasciare più spazio a certi avvenimenti, ma devo dire che anche così funziona molto bene.
Che abbiate giocato o meno al gioco, alla fine di questa serie dovreste esservi sentiti sopraffatti da un turbinio di emozioni diverse, confusi sull’essere felici o tristi.
Personalmente sono molto contento che, anche chi non ha la possibilità di giocare a The Last of Us, potrà godere della meravigliosa storia di Joel e Ellie.
Ma l’avventura non finisce qui e posso già dirvi una cosa: non siete pronti per la stagione 2.
a cura di
Edoardo Iannantuoni
Seguici anche su Instagram!