“Le otto montagne”, il romanzo Premio Strega che ha ispirato il film

“Le otto montagne”, il romanzo Premio Strega che ha ispirato il film
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Il 22 dicembre è uscito nelle sale italiane Le otto montagne, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Paolo Cognetti, per la regia di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, già vincitore del Premio della giuria al 75° Festival di Cannes.

Quale migliore occasione, allora, per leggere (o rileggere) questa toccante storia di amicizia prima della visione del film?

Fonte: Pinterest
La trama

Il romanzo è ambientato nel piccolo paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa. La montagna, in effetti, sarà il tema ricorrente in tutta la storia.

Il protagonista è Pietro, un solitario ragazzino di città. Vive a Milano con i suoi genitori: la madre, donna premurosa e dolce, e il padre, uomo severo e oppresso da una vita pesante.

L’unica cosa che solleva i genitori di Pietro dalla tristezza della vita cittadina è la loro grande passione per la montagna.

– Se uno va a stare in alto è perché in basso non lo lasciano in pace.

– E chi c’è, in basso?

– Padroni. Eserciti. Preti. Capi Reparto. Dipende”

Questa passione lega la coppia fin dalla gioventù. Tra i monti si sono conosciuti e poi innamorati. La montagna, si scoprirà, li ha uniti anche nella tragedia della perdita.

Proprio per questo, scoperto il paesino di Grana, deciderà di ripercorrere l’antica passione e di passare li, ogni anno, le vacanze estive.

L’inizio di un’amicizia

Qui Pietro conoscerà Bruno, suo coetaneo all’anagrafe ma segnato da una vita molto più dura, che l’ha reso un ragazzo più saggio e scaltro di quanto ci si aspetti. Bruno sa tutto della montagna, ogni segreto sui fiumi e i laghi. Chiama tutto con il proprio nome specifico, rispettando l’identità e la dignità di ogni filo d’erba.

La montagna l’ha generato e cresciuto, e questo non poteva renderlo più diverso da Pietro. Allo stesso tempo i due man mano riempiranno i vuoti lasciati dalle loro diversità con i mattoni saldi dell’amicizia.

Un paio di giorni dopo, in cucina, trovai il ragazzino delle mucche che faceva colazione seduto sulla mia sedia. Lo annusai, per la verità, prima di vederlo, perchè aveva addosso lo stesso odore di stalla, fieno, latte cagliato, terra umida e fumo di legna che per me da allora è sempre stato l’odore della montagna, e che ho ritrovato in qualunque montagna del mondo”.

I due ragazzi, così, cresceranno ogni anno sempre un po’ di più, ritrovandosi ogni estate su quelle cime, con quell’amicizia riscoperta e mai sopita, come se non fossero passati intanto diversi mesi.

Un anno, un litigio con suo padre farà si che Pietro, ormai grande, non tornerà più con i genitori su quelle montagne e inizierà a inseguire da solo la sua vita da adulto, fatta di lavoro, viaggi e città.

Ma il destino lo riporterà molti anni dopo a Grana dove il padre, ormai defunto, ha lasciato un’importante eredità al figlio.

Altro non è, infatti, che un terreno ai piedi dell’adorata montagna su cui costruire un casolare tutto per sé. Ma ad una condizione: ad occuparsi della costruzione dovrà essere Bruno.

Per motivi che non conoscevo era lì che mio padre mi voleva portare, su quel pianoro battuto dalle slavine, sotto a quella roccia strana a lavorare a quel rudere insieme a quell’uomo. E mi dissi: va bene, papà, fammi quest’altro indovinello, vediamo che cos’hai preparato per me. Vediamo cosa c’è di nuovo da imparare”.

Fonte; Pinterest
Pietro e Bruno

Si capisce fin dalle prime pagine che questo romanzo, con una scrittura lineare e cruda, parla di vita, di destino e soprattutto di amicizia, Quella che non si consuma mai, nemmeno se filtrata da invidie, da tragedie e dalla lontananza.

Sebbene apprendiamo tutta la storia dalla voce di Pietro, il vero perno saldo è Bruno. Il loro rapporto si sviluppa, in tutta l’opera, come le braccia di un compasso. Pietro sempre in giro, irrequieto nelle sue vicissitudini per il mondo, a disegnare una nuova felicità. Bruno, invece, come la punta dell’oggetto, saldo per tutta la sua vita nel piccolo paesino di Grana, dove Pietro tornerà a ricongiungersi con lui ogni volta.

Una lezione di vita

La domanda ricorrente, suscitata al lettore in ogni pagina del libro sarà dunque questa: meglio restare, fedeli alla propria terra e alla felicità semplice che ci dà, o andare alla ricerca sempre di nuove cime?

Da qui il titolo del romanzo, le otto montagne. Questo, infatti, trae origine da una leggenda nepalese che Pietro conoscerà in uno dei suoi numerosi viaggi.

Secondo tale leggenda, al centro del mondo si trova una montagna altissima, il monte Sumeru, e intorno a questa vi sono altre otto montagne e altrettanti mari.

Avrà imparato di più chi avrà fatto il giro delle otto montagne o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”

E così le persone si dividono in chi abbraccia il proprio destino fin da subito, comprendendo in qull’abbraccio il primo luogo, la prima casa e i primi affetti. E chi, invece, scalpita e continua la ricerca di una felicità rinnovata e diversa in ogni approdo.

Il mondo si divide in Bruno e Pietro.

In certe vite, esistono montagne in cui non è possibile tornare. Che nelle vite come la mia non si può tornare alla montagna che sta al centro di tutte le altre, e all’inizio della propria storia. E che non resta che vagare per le otto montagne per chi, come noi, sulla prima e più alta ha perso un amico”.

a cura di
Rossana Dori

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