“Lamb” – L’Horror atipico dal 31 marzo al Cinema!

“Lamb” – L’Horror atipico dal 31 marzo al Cinema!
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Scritto e diretto dal regista emergente Valdimar Jóhannsson, “Lamb” è stato presentato in anteprima al 74esimo “Festival di Cannes”, dove ha vinto il “Premio per l’originalità”, e al festival “Alice nella Città”, tenutosi a Roma lo scorso ottobre. 
Con un cast ridotto ma d’eccezione, questo horror atipico è già considerato un cult dal pubblico statunitense. In sala dal 31 marzo, noi di “The Soundcheck” abbiamo avuto la fortuna di gustarcelo in anteprima e di confrontarci con il regista a fine proiezione. 

“Lamb”, dal 31 marzo al Cinema
Uno sguardo su “Lamb” 

Una tormenta di neve. I fiocchi, come impazziti, si levano, vorticosi, ovunque.
Il vento ulula, feroce, tra le montagne, e quel gelo islandese sovrasta e ricopre ogni cosa.
In mezzo a tutto questo, un lontano belare si spegne debolmente, vinto dalla ferocia della tempesta. 

Così inizia “Lamb”.
Con un’immagine potente, di un isolato paesaggio islandese. Un’immagine che evoca, nello spettatore, un senso di solitudine che permane per tutto il film. Un senso di isolamento che scaturisce da un ambiente ostile, da una natura selvaggia e incontaminata, poco clemente con l’uomo. 

Il tempo sembra fermarsi, in attesa di un evento capace di scuotere le profondità della Terra. L’arrivo di un prodigio, che si fiuta nell’aria, dinnanzi al quale la Natura stessa sussulta. 

Una presenza oscura si annida nell’ombra, aggirandosi, con il calare delle tenebre, tra le vallate della montagna.
Uno spirito antico, che giungerà fino alle mura di una piccola fattoria, sconvolgendo la vita dei due fattori, Maria (Noomi Rapace) e Pétur (Hilmir Snær Guðnason), che da tempo vivono lì e portano avanti, indisturbati, il proprio lavoro. 

Dinnanzi al prodigium che si manifesterà loro – e che li condurrà, inevitabilmente, alla rovina -, la vita della famiglia muterà drasticamente.

Com’è nato il film

Distribuito da Wanted Cinema, “Lamb” è la primissima opera del regista Valdimar Jóhannsson, con cui abbiamo parlato, nel tentativo di scoprire qualcosa in più su questa interessante pellicola. 

“È stato un percorso lungo”, ha rivelato Jóhannsson. “È stato fatto un grande lavoro sui materiali e sulla tensione pittorica.” 
Solo per il personaggio di Ada, infatti, sono stati utilizzati vari bambini e agnelli per differenti scene, poi assemblate in fase di montaggio. Un lavoro complesso, che ha richiesto diverse settimane! 

Anche la ricerca del luogo dove effettuare le riprese non è stata semplice.
“Volevo un luogo dell’Islanda del Nord. Abbiamo cercato a lungo la casa, e parlato con diverse persone del posto. Alla fine l’ha trovata mio fratello, vicino a dove siamo cresciuti. È un luogo che mi ricorda l’infanzia, un posto isolato, dove sembra che il tempo si sia fermato”. 

Partendo da un luogo a lui familiare, il regista è riuscito dunque a realizzare un’opera interessante ed intima, con numerosi spunti di riflessione. Non il semplice horror, pieno zeppo di jump scares! 

Riguardo la trama e l’idea che vi è dietro, “Lamb” è il risultato di varie fonti di ispirazione, anche se Jóhannsson ha affermato di non essersi ispirato ad un particolare regista, o ad una specifica storia.
L’idea iniziale si è evoluta durante il corso della scrittura, andando poi a delineare gli eventi che vediamo trasposti sullo schermo.

“Non conoscevo il risultato quando ho iniziato a scrivere. Non si sa mai la destinazione finale. Sarà differente ma vicina a quella iniziale.
E soprattutto sarà Cinema”. 

Valdimar Jóhannsson

Per quanto riguarda la realizzazione del film, essa è avvenuta prima dello scoppio del Covid e, a fine riprese, trovandosi davanti ad uno scenario mondiale completamente mutato, la produzione ha deciso saggiamente di aspettare e di far uscire “Lamb” successivamente. 

L’attesa è stata decisamente ripagata!
Il film è infatti riuscito a catturare l’attenzione del pubblico ed è stato inserito nella shortlist dei candidati per l’Oscar al Miglior Film straniero.

La componente soprannaturale 

Come ogni horror che si rispetti, anche “Lamb” presenta una componente soprannaturale, che affonda le sue radici nel folklore e nelle antiche leggende popolari, pur prendendone le distanze. 

 

“Il punto di partenza è stato sicuramente il folklore, per quanto riguarda alcuni elementi e l’ambientazione. Tuttavia esso è stato solo fonte di ispirazione, nel tentativo di creare una nuova leggenda.”

Valdimar Jóhannsson

“Lamb” è dunque un prodotto nuovo, una storia inedita nata dalla mente del regista e della troupe, utilizzando però un “mostro” iconograficamente caro alla tradizione.
Esso è, infatti, una creatura con fattezze umane ma dotato di testa caprina, un’immagine anticamente associata al maligno o al soprannaturale.

Fattezze caprine erano infatti attribuite, in epoca romana, al dio Pan, divinità lussuriosa dominata da un ferino desiderio sessuale. Questi connotati vennero poi fatti propri dalla tradizione cristiana, che continuò ad associarli al caprone e, successivamente, a Satana, spesso rappresentato con testa caprina.
Secondo alcune leggende nordiche, inoltre, anche lo Joulupukki inizialmente veniva descritto con sembianze analoghe, discendendo dai caproni che trainavano il carro del dio Thor. 

Possiamo dunque ritrovare tutti questi elementi nel mostro che, nel corso del film, si aggira attorno alla fattoria (la cui presenza è percepita solamente dagli altri animali) ma non in Ada. Quest’ultima, concepita dall’unione della bestia con una capra, è in realtà una creaturina tenera e mite, ben diversa dal “mostro” che lo spettatore si aspetta di trovarsi davanti. Con la sua timidezza e il suo candore, nel corso del film Ada riesce ad avere la meglio anche sugli sguardi circospetti dello zio (Björn Hlynur Haraldsson), conquistandosi, dopo qualche tempo, il suo affetto sincero. 

Nulla a che vedere, dunque, con la figura del padre naturale, una bestia feroce e vendicativa, che ha sofferto il torto subito e chiede giustizia. Egli fa dunque valere l’unica legge che conosce – la più antica di tutte – l’unica vigente nel regno animale: “Occhio per occhio, dente per dente”. 
Con essa, il mostro regola finalmente i conti, punendo Maria per il turpe delitto di cui si è macchiata. 

Il significato del film 

Potremmo dunque limitarci a definire questa pellicola come un interessante horror-fantasy, soffermandoci esclusivamente su quella componete soprannaturale – qui sopra citata – tanto cara agli amanti del genere. 

Il film, tuttavia, racconta molto di più.
Esso indaga, infatti, su una miriade di aspetti, cari al regista, il quale lascia allo spettatore il difficile compito d’interrogarsi, con occhio vigile, su quale sia il vero significato di “Lamb”. 

Non vi è tranello, né inganno.
Perché, come ci ha rivelato Jóhannsson a fine proiezione, “Il significato del film è personale, frutto di una soggettiva interpretazione. Ognuno di noi deve dare un senso a ciò che ha visto, e può farlo liberamente, poiché non vi è, per definizione, qualcosa di giusto o di sbagliato.”. 

Il valore della famiglia 

Tra i tanti aspetti, uno dei più evidenti è sicuramente la dimensione interiore dell’animo umano, e l’idea che sta dietro al concetto del termine “famiglia”.
I legami familiari sono infatti posti al centro del film, e rappresentano il vero e proprio motore d’azione, la matrice da cui ha origine il tutto. Dinnanzi ad un prodigium, il senso materno di Maria si risveglia, e la donna riesce finalmente a vivere quella maternità che le era stata negata tempo addietro.

Reduci da un grave lutto, Maria e Ingvar riescono dunque a ricostruire la loro famiglia e ad andare avanti grazie alla nascita di Ada, creatura portentosa, che sarà per loro, al contempo, un dono e una maledizione.

Alla luce di tutto questo, il film porta quindi il pubblico ad interrogarsi sul significato della parola “famiglia”, e su come esso possa variare, al giorno d’oggi. 

Non solo. Il rapporto tra Ada e i genitori “adottivi”, per quanto singolare e anche un po’ grottesco, si basa su un amore incondizionato, che va al di là di qualsiasi differenza possa intercorrere tra loro. Ciò ci aiuta a comprendere quanto sia importante e giusto, oggigiorno, utilizzare questo termine nella sua accezione più ampia, per favorire l’accettazione e la comprensione di tutte quelle diversità che altro non sono che il nostro tratto distintivo. Caratteristiche che ci rendono, sì, diversi gli uni dagli altri, ma anche, a nostro modo, speciali.
O per lo meno, agli occhi di chi ci ama. 

La Natura come protagonista indiretta 

Il sole pallido tra i campi.
Il nitido profilo delle montagne.
La neve e il gelo, nella tormenta.
Il mite belare delle capre, nella notte.
Il rapido sopraggiungere del cattivo tempo, portatore, da sempre, di oscuri presagi, in un ambiente che a tutti risulta ostile, eccetto a chi lo abita. 

Con una fotografia degna di nota, “Lamb” ci mostra, attraverso le immagini, una natura incontaminata che è, sì, sinonimo di solitudine, ma anche di una bellezza intatta.

Una Natura che può dimostrarsi feroce e brutale, ma che deve sottostare a determinate regole.
Una Natura che non dimentica e non perdona, che è capace di dare e di togliere, ripristinando quell’equilibrio che si era rotto. 
Una Natura che diviene essa stessa protagonista a tutti gli effetti della vicenda, soffrendo in silenzio o diventando presagio di eventi nefasti e di strane apparizioni. 

“Essa è un personaggio invisibile”,  svela il regista. “La sua presenza si percepisce durante tutto il corso del film, e va a colpire lo sguardo del pubblico.”. 
Essa è quell’elemento in più, un silenzioso portavoce al quale Jóhannsson affida tutte le parole non dette, ciò che vi è di più tacito e che non può essere espresso con l’umana parola

Perché guardare “Lamb”

Arriviamo dunque alla fatidica domanda, quella che ogni spettatore si pone alla fine di un film. 
“Lamb” vale il costo del biglietto?
È un film che merita d’essere visto? 

Per quanto mi riguarda, sì.
Questo film mi ha, infatti, convinto, sotto numerosi aspetti.

Non sono una grande amante del genere (anche se credo si debba comunque fare un distinguo tra horror realizzati bene e quelli buoni solo per trascorrere una serata tra amici), e, proprio per questo motivo, sono rimasta davvero stupita da questa pellicola. 

Lamb” è un film che comunica molto, e lo fa in modo tacito, colpendo gli occhi e la mente dello spettatore.
È un film colmo di significati, che pone il pubblico dinnanzi ad interrogativi di grande importanza.
L’accettazione del diverso.
Il valore della famiglia.
Il senso del dolore e della perdita. 

“Lamb” è un film ipnotico, capace di rapire lo sguardo dello spettatore con immagini potenti, difficili da dimenticare. 
Io, a distanza di giorni, ne ricordo con piacere alcune.

La tormenta di neve, già citata, in apertura al film, che mi ha fatto rabbrividire e mi ha ricordato “The Hateful Eight”, uno dei miei film preferiti. 

La dolcezza infantile di Ada, e il suo sguardo di dolore sincero, nel momento in cui viene strappata a Ingvar. 

Maria che geme, ormai sola, in un luogo che non è più casa – che non può essere più casa -, lasciandosi andare in un sospiro distrutto. Un sospiro che diviene vero emblema della perdita subita.

Quando un film ti lascia questo, una serie di immagini che non puoi – che non vuoi – dimenticare, ecco, allora penso che valga la pena d’essere visto. 

Perché, detto alla maniera di Jóhannsson, esso è sicuramente Cinema. 

Trailer di “Lamb”

A cura di
Maria Chiara Conforti

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