Gabriella Martinelli: “Racconto la mia generazione”

Gabriella Martinelli: “Racconto la mia generazione”
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Gabriella Martinelli torna sulla scena musicale con il suo ultimo album “Tutto Daccapo”. Gabriella Martinelli è stata vincitrice di Area Sanremo nel 2019 e in gara con Lula al 70° Festival della Canzone Italiana con la canzone “Il gigante d’acciaio” nella categoria Nuove Proposte.

Cantautrice e polistrumentista dalle molteplici influenze musicali che s’incontrano in un progetto artistico del tutto originale. “Tutto daccapo” è un album fresco, colorato, carico di rock ed elettronica come la pittura in acrilico, altra grande passione della Martinelli, che si presenta con un’immagine completamente nuova e decisamente più glam. Abbiamo incontrato l’artista che ci ha rivelato ogni dettaglio del suo nuovo progetto discografico.

Ecco la nostra intervista a Gabriella Martinelli…

Ciao Gabriella, benvenuta su thesoundcheck! Andiamo subito dritti al punto: raccontaci il processo creativo che ha dato vita all’album…

Tutto daccapo è un album nato nel primo lockdown. Mi sono rifugiata nella creatività cercando prospettive sempre nuove. Ho ascoltato moltissima musica durante la composizione. Sono 9 brani (+ una bonus track) impregnati di tante influenze. Vengo da mondi diversi e ci tenevo emergesse l’eclettismo a cui aspiro. Non ho seguito lo stesso approccio di scrittura per le canzoni: alcune sono nate alla chitarra, altre da un giro di basso, altre ancora da un loop ritmico.

Ogni canzone ha un suo vestito, e anche nel linguaggio ho cercato di conservare la verità di ogni pensiero puntando ad arrivare in modo diretto all’ascoltatore. Lavorare a questo disco è stato molto divertente, grazie anche al confronto prezioso con i miei musicisti e i produttori.

Quale visione di te artista vuoi comunicare con questo album?

Dal punto di vista musicale mi piacerebbe raccontare la multiformità di influenze e di gusti che fa parte di me. Ci tenevo inoltre emergesse la mia visione della vita che ha a che fare con la resistenza e la capacità di rimettersi in gioco continuamente, vivendo da consapevoli e non da invisibili. Racconto la mia generazione, precaria e incastrata spesso nelle abitudini, ma sognante e creativa. Parlo di libertà, di fragilità, di nuove sfide.

Parlo delle forme di violenza di genere che ci riguardano e che meriterebbero una rivoluzione culturale. Viviamo in una società profondamente classista in cui le donne fanno ancora fatica ad emergere e in cui sono forti le convenzioni sociali secondo cui tutti dovremmo fare le cose allo stesso modo.

Com’è nata la collaborazione con Erica Mou?

Ho sempre creduto nella bellezza della condivisione. Ho partecipato a Sanremo con un’altra artista, Lula. E in questo caso sentivo che Erica con la sua vocalità delicata e affascinante avrebbe dato un valore aggiunto al progetto. “Un’altra carezza” è il brano che cantiamo insieme e che ci vede vicine nell’idea di perderci nel mondo. Erica è una mia conterranea ma come me vive ovunque. Ci accomuna la ricerca continua di nuovi stimoli, lo facciamo per migliorarci ma anche perché ci piace rischiare.

Com’è stato entrare in sala di registrazione con Erriquez?

Purtroppo con Erriquez ho lavorato a distanza, non c’è stato modo di entrare in sala di registrazione insieme. Abbiamo scritto durante la pandemia, raccontandoci e scambiandoci materiale attraverso uno schermo. È stato comunque molto potente. Erriquez era un’artista molto generoso con una visione sempre positiva della vita.

Hai partecipato al 70esimo Festival di Sanremo in coppia con Lula, cosa ti ha lasciato questa esperienza? Parteciperesti di nuovo?

Assolutamente sì, mi sono divertita tantissimo! Lo rifarei domani, è stata un’esperienza costruttiva. Sono felice tra l’altro di aver partecipato con un brano non canonico, non tipicamente sanremese diciamo. “Il gigante d’acciaio” è un pezzo complesso, con una tematica profonda, ma a me vicina. Lo racconto con grande orgoglio anche grazie all’affetto ricevuto.

C’è un brano dell’album al quale sei più legata?

Ogni brano ha a che fare con una vibrazione del mio corpo. Forse “Tutto daccapo”, la title track, è quella che riassume più facilmente l’idea che c’è dietro questo lavoro e il mio invito a vivere da visionari sempre, senza aver paura di cadere, perché anche quello fa parte del gioco.

a cura di
Carola Piluso

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Carola Piluso

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