“Out” il Pride statico di cui non sapevamo avere bisogno

“Out” il Pride statico di cui non sapevamo avere bisogno
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Out come coming out, quello a cui devono sottoporsi tutti quelli che vogliono dichiarare il loro orientamento sessuale (come se fosse necessario, quando, per quel che mi riguarda dovrebbe essere irrilevante). Out come fuori dopo un periodo pandemico che ci ha costretti in casa.

L’evento nasce in concomitanza con il prossimo 28 ottobre, data in cui si tornerà a discutere in Parlamento sul Disegno di Legge Zan. Un Pride statico, ancora una volta, nella meravigliosa cornice di Piazza Umberto a Bari.

Il centro si è colorato dei colori dell’arcobaleno mixati a quel nero che tanto ha fatto storcere il naso alla Meloni sul tweet della Cruzzocrea, ma che ha tinto gli abiti di una generazione che si ispira anche ai Maneskin per dare voce al gender fluid.

Il “perché” della manifestazione

I motivi che hanno spinto a riunirsi sono tanti. Tra il bisogno di manifestare per far sentire la propria voce sino al puro orgoglio di dire: lo Scacchi è la prima scuola in territorio pugliese, sesto in Italia, ad aver riconosciuto la carriera alias per le studentesse e gli studenti trans. Una misura di civiltà dovuta e che si spera possa essere da apripista alle altre strutture scolastiche.

Per l’appunto l’educazione resta uno dei cardini fondamentali per la comunità LGBTQI+. Non solo sul fronte scolastico, ma anche a livello sanitario, tanto che in loco, oltre le forze dell’ordine sempre presenti durante le manifestazioni, vi era anche l’unità mobile della Lila per informare sull’AIDS, e volendo si poteva effettuare test rapido in modo anonimo.

Ospiti della manifestazione

Tra gli ospiti della manifestazione ci sono stati: Nichi Vendola, ex presidente della regione Puglia che, ha voluto ricordare l’importanza dei moti di Stanwall del 1969, senza i quali la comunità trans non si sarebbe spinta a farsi conoscere e ottenere identità, la stessa che si sta ancora richiedendo in realtà.

E anche il momento più divertente, ma non solo, creato dalla madrina Nikita Magno, nota attivista e diva che, in un abito rosso fuoco ha incendiato gli animi dei presenti con il gioco “scova il cartellone che ci veste meglio”.

Il mio racconto del Pride

Ho scelto di prendere il treno per arrivare in centro, a quell’ora immaginavo i vagoni pieni di studenti di rientro da scuola, invece in stazione sono stata aiutata dal primo ragazzino che, vedendomi in difficoltà causa sole accecante, non riuscivo a capire cosa ci fosse scritto sulla macchinetta e li scatta il mio primo momento da boomer.

Succeduto dall’essere chiamata signora da una seconda ragazzina adolescente, mentre i Cradle of filth mi stavano cantando Temptation nelle orecchie, che stava cercando di attirare la mia attenzione chiedendomi un kleenex.

Ho capito lì di essere entrata ufficialmente nella categoria adulti proprio perché avevo dietro un pacchetto di fazzoletti, ma ciò non mi ha esclusa dal sentirmi ancora giovane e pienamente affine a quei metallari presenti nel treno. Ne dovete mangiare di musica e Maneskin prima di competere con me su quel punto di vista.

Tolto questo momento di digressione personale sull’età che avanza, una volta giunta in loco mi hanno accolto bandiere rainbow ovunque così come ragazzini che ballavano. Il paradosso? Le mascherine, unico elemento che mi ha ricordato essere ancora in un periodo pandemico, per il resto ammetto di essermi sentita a casa, di essermi sentita in un momento di normalità.

Nikita
Libertà di essere a prescindere da chi ci fa compagnia a letto

Da subito ho dato attenzione ai cartelli, in fin dei conti Nikita aveva un ruolo fondamentale anche per quelli. Ho fotografato e disturbato educatamente tutti i presenti, e nonostante i vari “Grazie signora” che mi son dovuta sorbire, li perdono, perché mi hanno riempita talmente di gioia nel vederli felici nonostante le limitazioni che quella frase educata passa in secondo piano.

Proprio per via del suo essere statico, molta importanza è stata data dai cartelli che si sono rivelati essere pieni di riferimenti alla cultura nipponica dove, Yaoi e Yuri, sono i manga e anime più acquistati dagli adoratori del genere. Tanto che la presenza dei personaggi nerd è palese nelle mie foto.

L’intervento di Nichi Vendola per quanto se ne possa dire è stato sì politico, ma è andato ben oltre quell’aspetto. Nelle sue parole si è percepita l’appartenenza non solo alla comunità lgbtqi+ ma anche l’appartenenza a Bari.

Ma chi mi ha conquistata resta Nikita, una verve non comune, ma soprattutto una intelligenza sopraffina. Come ha sottolineato anche lei: essere etero non vuol dire essere indifferenti alle problematiche lgbtqi+. Siamo tutti uguali, etero, bisessuali, lesbiche, gay o disabili restiamo semplicemente umani.

Non è carnevale!

Quindi niente carnevalate come vorrebbero identificare certi giornalacci, ma solo voci che vogliono essere ascoltate, che hanno il diritto di poter esprimersi e manifestare e che hanno il diritto di avere eguali diritti.

La musica, i balli stile Pose, con annessi abiti ottocenteschi creati ad hoc da Antonella Brabante la contessa del Pride (trovate la foto in gallery) sono solo espressione di libertà. Quella stessa libertà di essere che, ancora oggi, viene e vuole essere censurata.

a cura e foto di
Iolanda Pompilio

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