Riccardo Inge: storia di un ingegnere che scrive canzoni

Riccardo Inge: storia di un ingegnere che scrive canzoni
Condividi su

Il 2020 è senza dubbio un anno critico sotto diversi aspetti, ne abbiamo risentito un po’ tutti, e in campo artistico specialmente la musica dal vivo. Oggi abbiamo con noi Riccardo Inge cantautore che ha fatto dell’attività live uno dei suoi punti di forza.

Riccardo Inge è un ingegnere. Forse un cantautore. Forse entrambi. Nel corso degli anni suona ovunque, dalle spiagge siciliane ai teatri milanesi, passando per i club di tutta Italia. 

In occasione dell’uscita del suo quarto singolo Mose, gli abbiamo chiesto di parlarcene e come è cambiata la sua visione della musica nell’ultimo anno.

Mose è un grido disperato di aiuto. ‘Ho bisogno di amore’ è una delle frasi più semplici da dire, ma più difficili da manifestare. Tutti abbiamo bisogno d’amore, ma non sempre riusciamo a darlo o a riceverlo. Le mancanze e le paure si materializzano più facilmente quando si è da soli, di notte, davanti a un PC che passa le notizie del momento e qualche video su Youtube senza senso.

Ci si può perdere in sè stessi ed è in quel momento che le persone che ti vogliono bene per davvero non mollano il colpo: anzi, rimangono in piedi, senza piegarsi, come un faro in mezzo al mare a segnare la strada per tornare a riva. L’abbiamo incontrato ed ecco cosa ci ha raccontato.

https://www.instagram.com/p/CIQQiZzsUnZ/?utm_source=ig_web_copy_link
Ciao Riccardo, ti chiedo subito di svelarci una curiosità. Leggiamo sulla tua Bio che il tuo vero nome è Riccardo Diaferia…da dove viene il nome Inge?

Ho deciso di creare un cosiddetto ‘nome d’arte’ più per un’esigenza che per egocentrismo: volevo separare i miei riferimenti lavorativi da ingegnere (il mio vero nome) con questo progetto musicale. Però volevo anche lasciare qualche riferimento che potesse comunque richiamare la mia attività da ingegnere. Da questo pensiero è nata l’idea di utilizzare ‘Inge’ come diminutivo.

Solo che nel tempo è diventato anche un modo per chiamarmi nella vita privata.

Ci racconti un po’ come è nata Mose?

Ci sono dei momenti difficili nella vita che non sono necessariamente associati a un evento tragico o negativo. Sono periodi, anche lunghi, che ti logorano l’anima e che spesso sono molto difficili da identificare proprio perché duraturi e non legati a una situazione improvvisa.

Il pericolo in questi casi è perdersi per strada, rischiando di allontanare le persone vicine che ci vogliono bene. Mi ricorda molto quella sensazione di affogare e di non riuscire a respirare nonostante si provi disperatamente a rimanere a galla.

Solo con l’aiuto di chi ci ama possiamo riemergere e non affondare.

Cito testualmente:“Ho bisogno d’amore” quanto c’è di te in questo SOS che ascoltiamo nel chorus della canzone?

È un grido disperato che qualche anno fa ho lanciato e fortunatamente è stato raccolto da chi mi ama per quello che sono. E da chi non mi ha mollato anche quando stavo rischiando di farmi terra bruciata attorno.

Nelle mie ultime canzoni ho abbandonato un po’ quel tentativo molto radical chic di riempirmi la bocca di parole altisonanti o di metafore indie; lascio semplicemente esprimere quello che sento.

Avevo scritto altri chorus, ma alla fine li cancellavo e pensavo: “Ma cosa voglio davvero dire? Cosa?”

E alla fine è arrivato “Ho bisogno d’amore”. Una delle banalità più vere che esistano.

A proposito di Mose, come vedi Venezia nei prossimi 10 anni?

Venezia è una città bellissima, ma purtroppo si porta dietro una serie di problemi di gestione che creano non poche difficoltà a chi ci lavora oltre che agli stessi turisti. Il Mose, un’opera iniziata a progettare circa vent’anni fa, sembrava dovesse essere la risoluzione di una parte dei problemi di questa città, ma personalmente trovo che il suo utilizzo (anche ora che è stato attivato recentemente per la prima volta) lasci ancora molte zone d’ombra (costi di azionamento, manutenzione, effettiva utilità negli anni a venire, ecc.)

Ora rigiro la domanda a te, come vedi Riccardo Inge nei prossimi 12 mesi?

Speriamo di poterci lasciare alle spalle presto quest’ultimo anno, anche se è impossibile fare previsioni. Se 12 mesi fa mi avessero raccontato questo 2020 penso ci avrei scritto un film catastrofico, ma niente di più.

Per questo posso solo sperare che l’emergenza passi presto perché voglio pubblicare il mio primo album  e lo voglio fare con la possibilità di portarlo live senza restrizioni. Incrociamo le dita.

…e nei prossimi 10 anni?

Vorrei togliermi le soddisfazioni per cui è nato questo progetto. Grandi palchi e/o grandi eventi, poche decine di fans ma buoni e tante altre (belle) canzoni da condividere nella speranza di poter crescere a poco a poco (senza trovarsi solo ad invecchiare).

a cura di
Giulia Perna

Seguici anche su Instagram!
https://www.instagram.com/p/CIngnlUl-WB/?utm_source=ig_web_copy_link
LEGGI ANCHE – Galea, un’anima smossa dai venti
LEGGI ANCHE – “Il riflesso dell’odio” è il brano d’esordio di Spectres
Condividi su

Giulia Perna

2 pensieri su “Riccardo Inge: storia di un ingegnere che scrive canzoni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *