Matteo Carmignani e “Le Curve del Buio”

Matteo Carmignani e “Le Curve del Buio”
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“Le Curve del Buio” è l’album d’esordio di Matteo Carmignani, il cantautore tosco-veneto.

Una sensibilità peculiare e fuori dal tempo per Matteo Carmignani nel suo nuovo lavoro “Le Curve del Buio” e un debutto solista “tardivo” ma anticipato da anni di vita e di esperienza artistica sempre inquieta e caratterizzata da curiosità mai statica.

Un disco che racconta l’introspezione dell’anima, il percorso necessario per raggiungere quel luogo che preferiamo evitare per non trovarci di fronte al nostro passato e a tutto ciò che di irrisolto ci portiamo dentro.

Ogni canzone è una tappa di questo viaggio, un cammino musicale che attraversa, ripercorrendoli, tutti i nostri stati emotivi, facendoci rivivere le relazioni e gli eventi che nel vivere ci hanno segnato.

L’abbiamo incontrato per voi e gli abbiamo fatto qualche domanda.

Prima domanda quasi ovvia: perché un esordio solista soltanto ora?

Ho suonato per anni con la mia band e nonostante ci potessero essere già allora i presupposti per poter pubblicare, la cosa alla fine non è successa se non in compilation di band emergenti del periodo.

Realizziamo i nostri progetti quando arriva il momento giusto e quando siamo pronti per poterli condividere e forse il momento era davvero questo.

“Le curve del buio” è diventato un disco solo quando sono ritornato a scrivere canzoni. La coerenza dei temi che ho usato nei testi mi ha portato a legare insieme le canzoni in un concept album. L’intensità e l’unicità di questo legame è stato quello che mi ha spinto a pubblicarlo.

Il Matteo Carmignani che emerge dalle canzoni è spesso piuttosto pensieroso e “autunnale”. Quanto ti assomigliano le tue canzoni?

Più che pensieroso direi avvolto in una memoria fatta di introspezione, è il concept del disco, un percorso di brani che raccontano questo mio viaggio a rileggere il mio vissuto.

Il termine “autunnale” mi piace, mi si addice, l’autunno rispecchia la mia personalità, una stagione di cambiamento, un po’ malinconica dove si gode l’ultimo sole, quello più intenso che esalta i colori della vita e che ci prepara a rinascere con la primavera.

Se dovessi indicare il nome di un artista che ti ha ispirato particolarmente?

Ce ne sono moltissimi e per motivi decisamente diversi. L’ispirazione è il risultato di uno stimolo che ne genera un altro e non necessariamente uguale. Le mie influenze musicali sono anche così, autori o band apparentemente distanti ma che attivano idee che si concretizzano sotto altra forma.

Sono nato con la musica anni 70 italiana e anglofona, quella delle band che hanno creato generi musicali e di songwriters che hanno mosso generazioni di persone.

Sono cresciuto con i cantautori come Guccini, De André, De Gregori, Luigi Tenco, ma anche Neil Young, Bob Dylan, Nick Cave e poi in ordine sparso , Massive Attack, Depeche Mode, Air, Bruce Springsteen, Brian Eno, Jim Croce, The Doors, Portishead, Bjork, Beck, The Beatles, Pink Floyd, David Bowie, The Cure, Tindersticks, Starsailor, Lou Reed, Jeff Buckley, Tricky..

Le cose che ascolto più spesso oggi e alle quali mi sento molto vicino sono Anna Calvi, Cigarette After Sex, Lamb, Emily Jane White, PJ Harvey, Moby, Low, Radiohead, M83, Of monsters and men, Tom York, Mazzy Star, Turin Brakes, I’Am Kloot, Emma Ruth Rundle, Lights & Motion, Joy Wants Eternity, The Evpatoria Report, Marriages, U137 e tanti altri…

C’è stata una canzone del disco che ti ha fatto arrabbiare perché non veniva come la volevi?

In studio abbiamo lavorato molto su “Lieve” e “Le dimensioni del giorno” che hanno richiesto un lavoro supplementare rispetto alle altre, più per scelta dinamica e sonora che per struttura della canzone.

La situazione della musica dal vivo appare sempre più complicata. Qual è il modo di resistere, secondo te Matteo, per un artista ai tempi del Covid?

Sopravvivere è complicato per tutta la categoria, decine di migliaia di persone soffrono le restrizioni e nonostante soluzioni alternative non è semplice sopravvivere per un settore come quello dell’arte e dello spettacolo in generale.

Non potendo suonare dal vivo ho visto che si possono simulare performance acustiche o a formazione ridotta in streaming ma non penso che abbiano lo stesso impatto, ci penserò.

Al momento cerco di lavorare sulla diffusione del disco e del video, ho in preparazione un secondo video e la stampa dei supporti fisici aspettando un momento migliore nel quale poter vivere la musica e l’arte in generale, come siamo da sempre abituati, di fronte alle persone.

a cura di
Sara Alice Ceccarelli

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Sara Alice Ceccarelli

Giornalista iscritta all’ODG Emilia Romagna si laurea in Lettere e Comunicazione e successivamente in Giornalismo e Cultura editoriale presso l’Università di Parma. Nel 2017 consegue poi un Master in Organizzazione e Promozione Eventi Culturali presso l’Università di Bologna e consegue un attestato di Alta Formazione in Social Media Management presso l'Università di Parma. Ama il giallo e il viola, possibilmente assieme e vive in simbiosi con il coinquilino Aurelio (un micetto nero). La sua religione è Star Wars. Che la forza sia con voi.

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