Eddie Van Halen è morto. Viva Eddie Van Halen
Le rockstar vanno e vengono. I musicisti suonano fino alla morte. Le leggende vivono per sempre.
Martedì 6 ottobre 2020. In Italia è ora di cena. Preparo la tavola, metto la bistecca sulla piastra. Vibra il telefono. In televisione continuano a parlare di mascherine. Guardo distrattamente. La carne sfrigola. “Uh, mi hanno mandato un link”. Apro. “Morto Eddie Van Halen”. La bistecca continua a cuocersi, qualcuno dallo schermo più grande inveisce contro una non meglio precisata dittatura sanitaria. Io non so che fare.
Una nota di merito
Eddie Van Halen è morto a 65 anni. Il tumore alla gola, debellato nei primi 2000 e tornato negli ultimi anni, ha avuto la meglio. Una notizia come un bending stonato che causa lo strappo della corda. Quella chitarra, quella sei corde rossa con striature bianche e nere non verrà più toccata da quelle mani che l’hanno fatta urlare e godere per decenni. Di rimando, anche noi abbiamo urlato e goduto per decenni.
Van Halen, uno dei guitar hero che hanno portato al successo mainstream un certo tipo di rock sporco ma scintillante, uno dei musicisti che ha reso popolare lo shredding anche a chi non si interessa minimamente di chitarra o di rock nello specifico.
Il salto nella leggenda
Van Halen = tapping. Suonare assoli e fraseggi non usando il plettro, ma usando le dita di entrambe le mani sulla tastiera della sei corde. Non è stato lui a inventare questa tecnica (un italiano, negli anni ’60, è il primo a essere documentato), ma è stato lui a farlo diventare un marchio di fabbrica, un elemento distintivo.
Una rivoluzione negli anni ’80, tanto che Michael Jackson gli chiede di realizzare un assolo per Beat It. Tanto che Eddie lo suona al volo, al secondo tentativo. Bestiale.
Divertente un aneddoto a riguardo: negli anni ’90 Eddie Van Halen si trova con Michael Jackson per un concerto. La chitarrista del Re del Pop, Jennifer Batten, sta provando proprio Beat It. Van Halen si avvicina e si complimenta con la musicista… e le chiede come diavolo avesse fatto a suonarla in maniera così fedele all’originale, dato che lui, l’autore di quell’assolo, non ricordava più tutti i passaggi!
La bravura è anche questa: cogliere l’attimo, farsi trasportare e buttare giù note. La grandezza, spesso inconsapevole, è di realizzare qualcosa che rimarrà nella storia.
Legends never die
Jump, Ain’t Talkin ‘Bout Love, Panama, Eruption, ma anche quella versione depravata di Pretty Woman. Il ritorno negli anni 2000 con David Lee Roth, un album spesso annunciato e mai pubblicato. Oggi risuonano dannatamente più chiare le parole di David quando diceva che “i Van Halen sono definitivamente finiti”. Non erano i soliti scazzi triti e ritriti tra le due primedonne dell’Hard Rock.
C’era qualcosa di più problematico. Non capricci da rockstar, ma un tumore alla gola che nelle ultime 72 ore diventa fottutamente aggressivo.
“Rockstars come and go. Musicians play until they die” dicevi, Eddie. Tu, però, hai fatto un passo ulteriore. Le leggende continuano a vivere.
Ciao Eddie. Per usare le parole di David Lee Roth: che gran viaggio che è stato, amico mio.
a cura di
Andrea Mariano
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