In occasione dell’uscita del suo singolo “Il Mio Compleanno” abbiamo fatto due chiacchiere con Cara sulla sua musica e sul suo percorso fino a oggi.
Ciao Cara, innanzitutto grazie mille per questa chiacchierata virtuale. Come stai? Come sta andando al momento questo 2025, personalmente e artisticamente parlando?
Cara: Ciao! Grazie a voi. È un momento molto particolare e delicato, sotto più punti di vista. Sento che è in atto un cambiamento, soprattutto personale e che chiaramente si riversa nella musica, ma ancora non ho ben chiari i contorni. Sto cercando di lasciarmi attraversare dai punti di domanda.
Credo che si rivelerà un periodo molto utile. Adesso ho bisogno di fare ordine mettendo però da parte la razionalità. Ho bisogno di recuperare vita da tutte le parti e di lasciare che sia lei a indicarmi la strada. Che poi è questo il mio approccio con la musica e con le parole, affidarmi io a loro.
Il 2025 ha visto l’uscita del tuo singolo “Il Mio Compleanno” nell’anniversario della tua nascita. Partiamo dal titolo della canzone, come la vivi questa festività? La senti più o meno di altre? Come vivi il rapporto con il passaggio del tempo?
Il mio compleanno non è mai un giorno che aspetto con ansia. Ammetto di viverlo sempre in modo estremamente malinconico. Non mi piace festeggiarlo, ma alla fine poi lo faccio lo stesso. Credo di dare a questo giorno importanza proprio cercando di dargliene il meno possibile, ma faccio fatica a evitarlo. Credo che questo sia strettamente legato, in effetti, al passaggio del tempo. E ammetto, anche qui, di sentire sempre un grande spavento in relazione all’aggiungere un numero in più ai miei anni.
È più il concetto, a spaventarmi. La paura di allontanarmi da un periodo della vita dove l’illusione e la fantasia sembrano essere più concessi. Il tema della nostra parte “bambina”, ricorre in tanti miei brani, e penso sia vitale, come penso che non vada confuso col rifiuto di crescere. Si può crescere e conservare dentro di sé lo stupore incontaminato. Ma è difficile, ci vuole tanto coraggio e dedizione, ogni anno di più.
Nel presentare questo pezzo alla stampa, hai definito “Il Mio Compleanno” come “una delle canzoni più descrittive che ho mai scritto”. In generale mi sembra che le tue canzoni abbiano immagini abbastanza chiare e definite. Questo singolo cosa presenta da renderlo ancora più descrittivo? Cosa lo rende speciale?
Si è vero, in generale mi piace scrivere per immagini. Questo brano è uno dei più descrittivi, soprattutto nella prima strofa, perché scriverlo è stato come vivere la scena di un film in diretta. Ogni azione è raccontata così com’è accaduta della mia mente.
Sono uscita e ho fatto tutte quelle cose: sono arrivata tardi a un concerto, ho scordato il mio compleanno e mi sono fermata a parlare con te del più e del meno. Per ore. È un racconto fantastico che mi ha aiutato ad affrontare la prima “rottura”, e in questo senso per me è speciale questa canzone. Mi ha dato le parole che mi mancavano in quel momento, e ho capito subito che erano sincere.
Una domanda sempre sul singolo, cosa ti ha indotto a liberarti proprio in una canzone dal titolo “Il Mio Compleanno”? È un modo per “chiudere” certe esperienze passate e aprire un nuovo capitolo? O anche semplicemente per regalare un contrasto tra il titolo e il contenuto della canzone stessa?
Il titolo della canzone l’ho deciso ancora prima di chiudere il pezzo. Lo ripeto solo una volta “il mio compleanno”, nella prima strofa, ma per me è sempre stato il titolo. Rappresenta un concetto ribaltato, un momento di festa che invece di celebrare qualcosa di allegro, celebra un addio. L’ultima speranza di far rivivere qualcosa che è arrivato al capolinea.
Ma comunque di speranza si tratta, e questo va celebrato sempre. Quindi si, in qualche modo questa canzone è un modo per chiudere dei capitoli del passato, ma ammetto che per ora riesco a farlo bene solo in musica. Quando esco dalle canzoni, rimane un po’ di casino e troppe stanze aperte. Un addio a metà.
Assieme a “Il Mio Compleanno” dopo averla fatta sentire sui social l’anno scorso, hai deciso di far uscire nonostante tutto una versione grezza di “Piccolissimissima”, un brano molto intimo. Hai mai avuto paura nella creazione delle tue canzoni di mostrare troppo della tua persona? Durante il processo di scrittura ti sei mai fermata per questo motivo?
No, in tutta onestà la mia paura è opposta. Se sento che una canzone non ha quel tipo di sincerità e vulnerabilità che voglio raggiungere, rimango irrequieta. E allora si che capisco che forse mi devo fermare, e aspettare. Lasciarmi attraversare da quello che davvero voglio dire.
Comunque, è particolare che la persona a cui dedico questo brano è anche una delle persone che più ha visto e accolto la mia parte creativa più vulnerabile e sincera, in un momento difficile e in cui mi sentivo persa. È sempre tutto intrecciato alla fine.
La prossima domanda è una curiosità, finora hai fatto uscire tantissimi singoli, compreso un EP limitato nella quantità di brani, giustamente, ma con delle tracce interessanti. Cosa ti ha impedito finora di “esordire veramente” e creare un album dove la gente possa ascoltare ancora più della tua arte?
In realtà adesso sto lavorando a un progetto più ampio. In generale ho sempre cercato di avere un approccio che fosse il più spontaneo possibile. Ho sempre capito “in corsa” alcune cose. Ho cercato sempre di seguire il flusso della musica e capire lungo la strada dove volessi andare adesso, proprio per non mettere fretta a un processo che voglio che sia sempre il più coerente possibile con quello che sono. E io sono sempre in evoluzione come tutti quanti. Perciò a volte la confusione e gli stop sono di più del previsto, ma sono anche vitali per la cura di ogni dettaglio.
Passando un po’ alla tua carriera musicale, mi ha sempre incuriosito il rapporto tra canzoni con tanto successo e artisti nelle prime fasi della carriera. Con le “Feste di Pablo” hai avuto un exploit di visibilità importante. Come hai vissuto quel periodo dal punto di vista personale e come ti sei rapportata da quel momento in poi con la tua musica?
Onestamente adesso mi sembrano passate in mezzo mille vite. Quando è uscita Le feste di Pablo ho avuto modo di toccare con mano tantissime esperienze inaspettate. È stato un viaggio che conservo nel cuore e per cui sono grata. Dal punto di vista personale è stata tosta, da un lato, anche per la quarantena. Ho avuto i miei momenti di “tilt”, ma ho cercato di affrontare le emozioni una alla volta.
A volte ci sono riuscita, a volte mi sono incasinata. Il mio percorso musicale è sempre proseguito e io quello che ho sempre messo davanti a tutto è l’aspetto della coerenza. Ho capito che fare musica per me funziona se sono allineata con la musica in ogni angolo. Pelle su pelle. Procedo in questo modo perché è l’unico che mi permette di vivere la musica in modo autentico.
Ultima domanda, oltre all’album mi chiedevo quando farai un tour dato che in questi anni è stato difficile vederti suonare dal vivo. Come te lo immagini un tour nei club con un album uscito e magari una band al seguito in una vita on the road?
Suonare dal vivo è un mondo a parte e io non vedo l’ora. Adesso in generale mi sto concentrando sulle uscite e sui prossimi passi del mio percorso ad ampio spettro.
a cura di
Luca Montanari
Seguici anche su Instagram!