“Generazione Romantica”: la recensione del film dove il sentimento resiste al tempo e alla modernità

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“Generazione Romantica” sarà al cinema da domani, giovedì 17 aprile, distribuito da Tucker Film e diretto da Jia Zhangke, uno dei registi più rappresentativi del cinema d’autore cinese contemporaneo

Nel film Generazione Romantica il regista cinese Jia Zhangke costruisce un racconto profondo e delicato sulla trasformazione emotiva, sociale e culturale della Cina nell’arco di oltre vent’anni. E lo fa con una cifra stilistica precisa e consapevole, mescolando frammenti di girato raccolti negli anni (anche da opere precedenti), componendo così un affresco che non è soltanto individuale ma collettivo, non solo narrativo ma storico, non solo cinese ma universale.

Il tempo che attraversa i protagonisti

Al centro della storia ci sono due personaggi, un uomo e una donna, che nel loro legame raccontano due modi diversi di attraversare il tempo. Lui, disturbato dal tempo che scorre, (che diventa una spada di Damocle del suo valore) e perennemente alla ricerca del successo dimenticandosi dell’amore, perde sé stesso nel tentativo di inseguire l’idea di successo. Il quale, nella mentalità contemporanea cinese, coincide con virilità, silenzio emotivo, forza apparente, individualismo.

Egli si allontana da ciò che ha valore, convinto che il tempo lo porterà a qualcosa di migliore, ma, quando si volta indietro, il vuoto è ormai troppo grande per essere colmato. Non ha mai davvero smesso di amare, ma ha smesso di ascoltare. E questo è un fallimento che nessuna realizzazione professionale potrà mai redimere.

Lei incarna invece la fedeltà, la coerenza e una certa purezza d’animo, risultando commovente senza mai essere ingenua. Rimane innamorata, nonostante tutto, e forse proprio per questo è capace di attraversare le fratture del tempo senza perdere sé stessa.

Il suo volto parla più delle parole: non c’è bisogno di grandi dialoghi, perché sono gli occhi, i silenzi, le espressioni appena accennate a costruire un discorso profondo e umano. È proprio in questo che si coglie la mano del regista, che affida alla fotografia il compito di raccontare quello che la lingua non esprime, mettendo in scena un cinema che vive di volti e di luce.

Il cinema di Jia Zhangke: il tempo che scorre nello sguardo

Jia Zhangke non filma, osserva. Il suo modo di fare cinema somiglia più a una forma di ascolto che ad una dichiarazione. La macchina da presa non è mai invadente, ma diventa quasi un prolungamento del corpo, uno strumento che registra il tempo, le emozioni, i piccoli gesti quotidiani senza mai forzarli.

In Generazione Romantica questa poetica si fa ancora più evidente: il film nasce anche da materiali girati nell’arco di vent’anni ripresi in momenti diversi della sua carriera, che Jia riassembla con la calma e la coerenza di chi sa leggere la continuità nelle crepe del tempo. I suoi movimenti di macchina sono lenti, riflessivi, spesso carichi di silenzio: lunghi piani sequenza, inquadrature fisse, ambienti urbani che sembrano respirare da soli. Ogni scena è un pezzo di realtà che si lascia osservare senza fretta. È un cinema che vive nello spazio e nella durata, capace di trasformare il quotidiano in racconto ed il racconto in memoria collettiva.

Focus del film

La pellicola non giudica ma suggerisce: mentre racconta questa storia d’amore spezzata e mai del tutto finita, ci parla anche di una generazione che ha vissuto una trasformazione radicale: da un inizio millennio pieno di speranze e slancio vitale, ad un presente in cui la connessione tecnologica ha progressivamente ridotto la possibilità di incontro reale. Jia Zhangke ci mostra come la tecnologia, pur avendo moltiplicato i canali di comunicazione, abbia anche chiuso le porte dell’intimità. I protagonisti si scrivono, si cercano a distanza, si osservano da lontano, ma raramente riescono davvero a parlarsi nel profondo. Il risultato è una solitudine nuova, non rumorosa ma costante, silenziosa, quasi imposta.

La “generazione romantica” del titolo non è un’etichetta anagrafica, ma uno stato d’animo. È il ricordo di un tempo in cui si credeva ancora che l’amore potesse durare, che le scelte contassero, che la vita potesse avere una coerenza interiore. È un richiamo a qualcosa che si è perso, ma che forse possiamo ancora ritrovare. Non attraverso la nostalgia, ma guardando con occhi più sinceri ciò che ci circonda.

In fondo, quello che Jia Zhangke ci mostra è che il futuro non sia solo una direzione, ma anche una responsabilità. E senza il coraggio di sentirsi, di fermarsi, di amare davvero, rischiamo tutti di diventare un po’ come lui: costantemente in corsa, ma sempre più lontani da tutto ciò che davvero importa.

a cura di
Michela Besacchi

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