Dalla promessa indie alla nuova fase synth pop, gli Inhaler sognano i grandi festival mondiali con il loro terzo album, Open Wide
Il 2025 segna il ritorno degli Inhaler con Open Wide, il loro terzo album in studio, che ha debuttato al secondo posto nella UK Albums Charts e al primo in Irlanda.
Dopo il successo di It Won’t Always Be Like This e Cuts & Bruises, la band irlandese tenta la carta vincente, raffinando il proprio stile verso un sound più maturo, poliedrico e moderno, che fonde le radici dell’indie rock con influenze pop ed elettroniche.
Una sfida ambiziosa, ma non l’unica, quella degli Inhaler, il cui frontman è Elijah Hewson, figlio di Bono degli U2.
Questo legame di sangue con una delle figure più iconiche della storia del rock porta inevitabilmente gli occhi – e l’attenzione mediatica – a concentrarsi più sul “venticinquenne cantante figlio di” che sulla proposta artistica della band, riducendola talvolta a una mera tentazione di modellare il loro sound per attrarre un pubblico più vasto, influenzato dal successo planetario degli U2.
Un viaggio sonoro che non teme l’innovazione
Open Wide è un album che segna una nuova fase per gli Inhaler: la fusione di chitarre energiche con sintetizzatori e beat elettronici dà vita a un disco dinamico, che si sposta con disinvoltura tra momenti più frenetici e atmosfere più introspettive, riflettendo un percorso di crescita artistica e personale.
Nonostante questa premessa, in alcuni passaggi l’album rivela difficoltà nell’acquisire una forma completamente definita, con scelte che risultano forzate nel tentativo di individuare una voce unica e riconoscibile in questo nuovo contesto sonoro.
L’album si apre con Eddie in the Darkness, una traccia che unisce le sonorità indie degli anni 2000 con una ritmica dance-rock, richiamando band già affermate come The Killers e The 1975. Il brano incarna il cuore del disco, con un sound ambiziosamente sperimentale che prepara l’ascoltatore verso una destinazione sonora audace e variegata.
Tra spirito di adattamento e istinto di conservazione, le sonorità moderne e i tentativi di abbracciare il pop – che emergono chiaramente in pezzi come la title track e Billy (Yeah Yeah Yeah) – a volte rischiano di far perdere al gruppo quella freschezza che aveva caratterizzato il suo sound iniziale.
Equilibrio e introspezione
A differenza dei precedenti lavori, Open Wide mostra una maggiore profondità emotiva e una versatilità stilistica che emerge in superficie nei brani più riflessivi. La traccia Your House fonde elettronica e cori gospel, donando un tono epico che arricchisce il disco con una nuova dimensione sonora.
Le tematiche universali della crescita, vulnerabilità e ricerca di sé, elevano il songwriting a un livello superiore rispetto al passato. Brani come All I Got Is You e Still Young evidenziano un approccio più consapevole alla narrazione anche se lasciano percepire una certa ripetitività e familiarità a tratti prevedibile.
Alla ricerca di nuovi equilibri tra passato e presente, tra promessa e consacrazione, arriviamo a Even Though, che con il suo basso pulsante – non distante dalle inconfondibili linee armoniche di Simon Gallup dei The Cure – esplora le sfumature più malinconiche del disco, portando con sé riflessioni sul tempo e sulla bellezza delle piccole cose.
L’album scorre fino all’ultima traccia, Little Things, un brano che ricorda la scena grunge americana degli anni ’90 e offre una chiusura perfetta per un disco eterogeneo e pulsante.
Alla ricerca di una nuova identità musicale
Gli Inhaler tentano di dimostrare una maturità compositiva che va oltre la semplice sperimentazione sonora, cercando di esplorare anche una rinnovata profondità narrativa.
La produzione, curata da Kid Harpoon – già noto per il suo lavoro con artisti come Harry Styles e Florence + The Machine – arricchisce ogni traccia con un tocco moderno e raffinato anche se rimane un divario tra l’ambizione sonora e la sua realizzazione concreta.
Tuttavia, rimane un divario tra l’ambizione sonora e la sua realizzazione concreta: alcune scelte stilistiche e costruzioni armoniche sembrano infatti più orientate alla ricerca di un pubblico più ampio che a una spinta creativa genuina, rischiando di appiattire l’autenticità del quartetto di Dublino.
Nonostante la pesante eredità che il frontman della band porta con sé, la loro evoluzione sonora continua in modo interessante. Resta da capire se questa nuova direzione rappresenti la chiave per un successo duraturo o se si tratti solo di un momento di transizione.
a cura di
Edoardo Siliquini
Seguici anche su Instagram!