Torna il progetto che vede insieme Kill Ref & HI Fi Ensemble, per un nuovo capitolo definitivo: un album dal titolo “Cronache di un apparente movimento“.
Abbiamo intervistato Kill Ref & Hi Fi Ensemble per capire che cosa significa per lui questo incredibile debut album.
Prima di qualsiasi cosa, ci ha colpito il titolo del tuo nuovo disco, “Cronache di apparente movimento”? A cosa fa riferimento?
L’apparenza è un significato recondito che sottende l’intero concept-album, costruito sulla “cancellazione di fase” tra storie sonore lente e contemplative, vissute sotto casa, come in terre lontane. Dal punto di vista dell’eternità dei segnali, il movimento ciclico delle nostre esperienze, ritratte in suoni, rischia di rimanere, inoltre, solo apparente: coltiviamo e raccogliamo visioni sonore durante il cammino, affinché sappiano orientarci nel viaggio di ritorno verso la nostra meta perpetua, la nostra Itaca; anno zero della rinascita.
In che modo possiamo riscontrare questo titolo, e il messaggio che porta con sè, musicalmente? Musica e movimento (apparente!), vanno qui d’accordo?
Ciascun brano racconta musicalmente di storie e personaggi mitici, leggendari e curiosi che hanno impressionato le nostre vite. Quei brani, in concatenazione dei significati, si completano e talvolta annullano; partono da uno stato di inerzia, per ritornarvi. Il movimento è solo transitorio tra due suoni dilatati in eterno nel cosmo.
Nel 2018 dicevi che non pensavi che l’Italia fosse, o fosse stata, indietro musicalmente? È ancora così, anche nel 2025?
Continuo a pensarlo, poiché tendo a cambiare punto di osservazione, alla ricerca, nel c.d. digging, di nuove realtà musicali autoctone, nascoste nei tombini dell’autostrade dell’incalzante conformismo. Sento l’Italia più debole nella sua resistenza alla corrente degli interessi, ma ritengo che molto sia ascrivibile al trasformismo sociale e politico che ha travolto uno stato dell’arte già precario e poco riconosciuto.
E sempre nel 2018 dicevi che l’artista che più ti ha segnato è Bill Evans, e ascoltando questo disco non lo diremmo mai. Hai voglia di raccontarci il tuo rapporto con Bill Evans?
A scapito dell’estetica del suono, lo stile compositivo di “Conversation with myself” di Evans, così come i suoi interventi in “Kind Of Blue” di Davis hanno ridisegnato il mio approccio modale ad un’idea di musica elettronica complessa. Ho ritrovato quel silenzio magico di cui parlava Cage in una chiave leggera e, al contempo, contemplativa. Ho campionato e risuonato alcuni suoi brani, manipolandone tempo e chiave, per alcuni brani del nostro disco.
Poi, Evans soffriva di mal di stomaco e di pancia come me prima dei concerti; quando ascolto i suoi live, mi sento connesso in lan al suo sistema nervoso : )
Tra i tuoi metodi di promozione, anche il rendere disponibile il disco su Bandcamp. Ritieni sia stata una scelta funzionale e “vincente”?
Quando fondai KR/LF Recors, la mia etichetta, con uno spirito puramente techno ed electro, Bandcamp era una risorsa al tempo decisiva; oggi, nelle mutate condizioni discografiche, con questo disco ho cambiato, seppure in via transitoria, drasticamente la direzione della mia musica e Bandcamp è stato il canale su cui abbiamo ricevuto meno attenzione. Mi rendo conto che con questo lavoro io abbia capovolto, sovvertito le aspettative dei nostri seguaci, ma confido che negli anni, lentamente, lo stesso avrà gradualmente più estimatori. Un album tanto lungo e contemplativo necessita di un’attenzione straordinaria degli ascoltatori e una grande pazienza da parte nostra nei feedback.
a cura di
Staff
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