Giorgio Adamo si racconta
É uscito su tutte le piattaforme digitali venerdì 13 dicembre 2024, l’album di debutto di Giorgio Adamo, dal titolo “PIÚ DEI GIGANTI“. Un nuovo e importante capitolo per il cantante e attore, che si espone oggi con un disco personale e intenso, un viaggio sonoro di puro cantautorato con incursioni elettroniche.
Ecco cosa ci ha raccontato Giorgio Adamo!
Sei ancora in contatto con Salerno e con la sua scena musicale? In che modo? E perchè hai scelto di allontanarti?
Purtroppo non sono addentrato nella scena musicale salernitana. Vent’anni fa giravo per locali e cantavo ovunque con le cover band settantiane e con la mia band prog gli STAMINA. Ho fatto parte per un periodo dei Mind Key band partenopea con cui ho avuto esperienze estere. Poi sono andato via molto giovane perché ho cominciato a lavorare con il teatro e i poli principali erano inevitabilmente Roma e Milano per la scena musical.
Salerno però è sempre lì che mi chiama e anche se non sono esattamente profeta in patria, posso dire che ricevo sempre tanto affetto dai miei concittadini e dalla stampa salernitana ogni volta che presento un progetto o se passo in tour con qualche spettacolo. Spero di poter organizzare presto una serata speciale per presentare questo disco. Torno a Salerno sempre con urgenza, perché è nel cuore e quando arrivo e respiro la sua aria, cammino sul lungomare o mi aggiro tra i suoi paesaggi circostanti, mi rigenero.
Il mondo dei musical ti ha formato anche per un disco di debutto così personale come “Più dei giganti”?
Credo che ” PIÙ DEI GIGANTI” contenga una curva esistenziale che vada di pari passo col mio essere. Molti mi dicono che non sia classificabile. In effetti nasco come Rocker, ma non è Rock. Metà della mia vita artistica l’ho trascorsa sulle tavole del palcoscenico nel teatro musicale, ma non è musical. Eppure, a piccole dosi, ci sono tutti gli ingredienti che possono ricondurre a queste mie influenze. Quindi sì, anche il mondo del musical e soprattutto le esperienze collaterali che mi ha fatto vivere, tra viaggi, incontri, vita, credo siano stati fondamentali per la poetica di questo progetto.
Hai lavorato anche con nomi del calibro di Ted Neeley. Qual è il consiglio migliore che hai ricevuto in questo ambito, e da chi?
Ted Neeley è stato un sogno divenuto realtà. L’anello di congiunzione tra la mia passione per il rock e il teatro. Ted è una persona meravigliosa e l’aura che sprigiona sul palcoscenico è ineguagliabile. Per me è un onore immenso aver potuto interpretare accanto a lui ruoli come Simon Zealotes e Judas e per questo sarò Sempre grato a Massimo aromeo Piparo e al Teatro Sistina. Ted mi diceva sempre ” YOU CAN DO EVERYTHING”. Un altro Maestro è stato il grande Gino Landi. Ho avuto la fortuna di essere diretto da lui in un allestimento molto provante dal punto di vista fisico. Quando gli chiedevo qualcosa sulle scene da affrontare mi puntava l’indice e mi diceva: ” IL PALCO È CASA TUA, SAI BENISSIMO DOVE ANDARE” e una volta mi disse: ” Tra tutte le maschere che dovrai indossare, la verità la troverai sempre mentre ti starai struccando, nello specchio”
E com’è nata la tua collaborazione con Disordine Dischi?
Anche qui c’è lo zampino del teatro. Il boss di Disordine Dischi e SoundInside è Jex Sagristano. Ci siamo conosciuti una quindicina di anni fa proprio durante un lungo tour teatrale in cui Jex faceva parte della squadra dei fonici. Da quel momento è nata una stima reciproca e un affetto giunti fino ad oggi. Ho Sempre seguito e ammirato Jex per i progetti che portava avanti e avendo bisogno di qualcuno di fidato ho provato a proporgli il disco. Ed eccoci qui!!
Hai scritto anche un libro, prima di questo disco, come fosse una sorta di anticipazione a ciò che avremmo ascoltato. Ce ne parli?
Il libro si intitola “Un banco di pesci” pubblicato da NEP Edizioni. È una raccolta di racconti brevi, classificato come Poesia-Narrativa. Credo che tra le righe si possa leggere tanto del mio essere perché è molto autobiografico e possa essere un ponte di raccordo con il tipo di immagini poetiche sviscerate nel disco. In quel momento avevo urgenza di esprimermi, avevo un blocco su un romanzo che stavo tentando di scrivere e così mi sono ritrovato ad avere troppa roba nel cassetto tra canzoni, poesie, monologhi e tanto altro. Sono stato invogliato dalle persone che avevo intorno ad alleggerirmi, perché tutto questo accumulo generava anche un peso emotivo. La pubblicazione è stata un rilascio di tanta roba, un abbandono di zavorre che in effetti riprendo simbolicamente nel videoclip del singolo “NON VORREI ESSERE DIO” brano di apertura dell’album.
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