La potatura del patrimonio culturale a favore di una bellezza mitica

La potatura del patrimonio culturale a favore di una bellezza mitica
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Il classismo della società contemporanea, di cui i principali mezzi sono l’arte e la cultura, fotografa la decadenza e l’impoverimento del patrimonio culturale e di conseguenza la sua fruizione.

La bellezza salverà il mondo?

La fatica, il sentirsi inadatti a capire ciò che vediamo nei musei è il sintomo di una pratica che vuole tramandare la narrazione mitologica dell’arte e della bellezza come unica salvezza mondo.
La domanda sorge spontanea: è necessario doverlo salvare questo mondo, oppure basterebbe interessarcene e averne cura?

Cittadine e cittadini pagano le tasse per la tutela del patrimonio culturale affinché venga restituito alla comunità non come prodotto finito da dover consumare e poi sputare, ma come un mezzo che possa fornire degli strumenti per tentare di approfondire tematiche che riguardano la contemporaneità.

La scomodità del patrimonio artistico

Il patrimonio culturale ci appartiene ma non per fare la conta dei siti Unesco, non come jolly da utilizzare per ululare quanto l’Italia sia bella con l’unico scopo di attirare turisti, piuttosto dovrebbero essere luoghi che, almeno idealmente, ci raccontino qualcosa, ci portino a stare almeno un po’ scomodi, perché è nella scomodità che nascono le domande.

È questo quello dovrebbero fare, a mio avviso, gli addetti ai lavori invece di inseguire il concetto di mostra blockbuster che porta sì persone e biglietti venduti, ma fornisce informazioni che possono incuriosire solo altri addetti ai lavori e addomestica i visitatori ad un’idea specifica di arte e cultura facendo cascare nel dimenticatoio curiosità, dubbi, domande e scomodità.

Il dogma artistico della bellezza

Portiamo ancora avanti il dogma artistico del rimanere sconcertati e commossi, illuminati dalla bellezza delle opere arte. Ma se a noi non capita? Significa che siamo sbagliati? Significa che non abbiamo capito niente? Forse i musei non fanno per noi, forse sono solo luoghi per chi ne sa di più?
Ma allora mi chiedo, questo di più, dove e quando finisce? Quali sono i criteri minimi per accedere?

Questo è una delle problematiche più grosse, cioè, essere in grado di identificare a chi vuole parlare una determinata tematica e costruire un linguaggio comprensibile senza banalizzarne i concetti.
Per patrimonio culturale, poi, non si intendono solo opere e monumenti, ma anche tradizioni, espressioni orali, linguaggio, pratiche sociali, riti e feste.

L’arte non è un qualcosa di magico, men che meno ha il potere di fare miracoli e se non riusciamo a capire quello che stiamo guardando è perché, forse, chi avrebbe dovuto restituircelo non ci ha dato gli strumenti giusti, perché è ancora forte l’ideale di chi può permetterselo e chi invece non può.

Lo sguardo bianco dell’arte

Al classismo dobbiamo anche stratificare il colonialismo e il razzismo, la maggior parte dei discorsi che vengono fatti sull’arte riguardano sempre un punto di vista occidentale, bianco e giudicante. Questi costrutti permeano la nostra società e la nostra cultura e anche se non li percepiamo influenzano il modo in cui pensiamo, parliamo e ci muoviamo, compresa l’arte. Oggi più che mai decantiamo una serenata piena di parole incomprensibili per dimostrare che chi si occupa del patrimonio culturale meriti il proprio posto e, ancora più in profondità, per portare avanti un’ideologizzazione della cultura, ridotta ad un unico modello emblematico a cui ispirarsi all’infinito.

Nessuna cultura oggi è isolata dalle altre. Non esistono culture pure, sarebbe ridicolo. Il sentiero della vita non è tracciato dall’identico, ma dal diverso. L’uguale non produce niente.

L’idea di una cultura barocca e di chi vive del suo riflesso nasconde in realtà il vuoto, la povertà e lo spolio che si è fatto del patrimonio culturale, che invece appartiene alla comunità che abita quel territorio e che è il primo interlocutore a cui dovrebbe rivolgersi.

La nostra responsabilità è indignarci, fare domande, chiedere spiegazioni, ad oggi la rabbia può fare la differenza perché la bellezza non salverà nessuno.

a cura di
Letizia Servello

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