Condividi su

Vermiglio, diretto da Maura Delpero e presentato alla 81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dove ha vinto il Leone d’Argento – Gran Premio della giuria, ha conquistato critica e pubblico. Inoltre è stato selezionato per rappresentare l’Italia ai Premi Oscar 2025.

I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi
Johann Wolfgang von Goethe

Vi confesso che il mio approccio al film non è stato dei migliori. Qualcuno lo ha paragonato all’Albero degli zoccoli, l’opera di Ermanno Olmi. Francamente ho un ricordo di una visione (forzata) vista con la scuola e a dieci anni risulta un film difficile da mandare giù. Invece, riguardo a Vermiglio mi devo ricredere.

Intendiamoci, il paragone non è sbagliato, perché in entrambi i film viene rappresentato un mondo perduto fatto di tempi dilatati e pochi dialoghi. Ma soprattutto è lo spaccato di una civiltà contadina, le vicissitudini famigliari in un contesto difficile e in un’ambiente duro. La regista recupera le memorie nei posti dove è cresciuta, rende giustizia ad un mondo che le appartiene nel profondo. Riesce poi a tratteggiare in maniera raffinata i personaggi, di cui ci rimangono impressi gli sguardi più delle (poche) parole.

Il film prende il nome da un paesino tra le montagne del Trentino. Racconta la vita di una famiglia patriarcale nel 1944, i Graziadei, dove Cesare (Tommaso Ragno) è insegnante in una scuola di bambini analfabeti. Nella famiglia abbiamo poi la moglie Adele (Roberta Rovelli) che sembra destinata a partorire di continuo in una famiglia già abbastanza numerosa.

Abbiamo infatti il maschio più grande e ribelle (Patrick Gardner), la prediletta Flavia (Anna Thaler), la devota Ada (Rachele Potrich) che reprime voglie e desideri votandosi alla religione con pene autoinflitte. E poi la semplice Lucia (Martina Scrinzi) e una numerosa serie di fratellini più piccoli. La quotidianità fatta di sacrifici e pochi attimi di serenità viene interrotta dall’arrivo di un militare disertore di nome Pietro (Giuseppe De Domenico). I Graziadei accoglieranno il ragazzo malgrado lo scetticismo del villaggio che si innamorerà di Lucia.

Diciamo subito che il grande pregio di Vermiglio è l’urgenza che ha spinto la regista a rappresentare il mondo dei suoi predecessori. Così le testimonianze raccolte di chi è rimasto in quei luoghi, la visita delle location e i volti di comparse sono stati la base per la realizzazione del film. L’aspetto agreste e la spontaneità delle comparse (i bimbi piccoli sono straordinari) rendono credibile l’elemento fondamentale di un’opera che voleva restituire una genuinità perduta.

Il contrasto a cui assistiamo è quello di un mondo dove il silenzio e il lento incedere della stagioni la fanno da padrone. Ma, soprattutto nelle figure femminili, c’è il desiderio di affacciarsi a un mondo nuovo, a nuove pulsioni e sogni che siglano il passaggio verso la maturità. Il desiderio di scoperta di quello che c’è aldilà di cui unico documento è un’ atlante per scoprire dove si trova il Perù.

Ma donne che sono il pilastro morale della gestione famigliare. La moglie Adele che rimprovera il marito per l’acquisto di un nuovo disco mentre lei conta le patate che da ai bambini. Uomini, come appunto Cesare, che, dietro il suo rigore nasconde debolezze e il microcosmo della sua stanza dove riporre la frustrazione di vivere in un mondo che non gli appartiene in fondo.

Maura Delpero, nel suo discorso di ringraziamento dopo l’assegnazione del Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia, ha tenuto a sottolineare l’importanza del finanziamento pubblico. Ha evidenziato l’importanza del cinema come espressione di cultura e arte da salvaguardare per il nostro paese. Un finanziamento privato non gli avrebbe permesso di rendere credibile l’aspetto di quel villaggio, le riunioni famigliari all’ombra di un focolare. Non avrebbe, insomma, reso giustizia a quel mondo perduto ritratto in con naturale spontaneità.

Assistere alla visione di Vermiglio vuol dire entrare in quel mondo pieno di umanità, lasciarsi coinvolgere dalla descrizione di Cesare mentre fa ascoltare alla classe “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi. Partecipare alla quotidianità della gente di montagna, di chi parte per trovare fortuna e chi reagisce alle sventure. Vi emozionerete ad ascoltare l’allegria del piccolo Pietrin che riporta gioia in un ambiente martoriato dalla fatica.

Come nel suo film d’esordio Maternal, Maura Depero riesce a trasmettere i sentimenti dei protagonisti in maniera delicata e autentica. Un film prezioso con una maestria nel raffigurare volti e tempi dilatati, immagini che parlano da sole. Un mondo perduto che si dipana agli occhi dello spettatore in tutta la sua poesia.

a cura di
Beppe Ardito

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – “Citadel Diana”: l’incontro con il cast della serie in conferenza stampa
LEGGI ANCHE – Martin Scorsese: la conferenza stampa al Museo del Cinema di Torino
Condividi su

di Beppe Ardito

Da sempre la musica è stata la mia "way of life". Cantata, suonata, scritta, elemento vitale per ridare lustro a una vita mediocre. Non solo. Anche il cinema accompagna la mia vita da quando, già da bambino, mi avventuravo nelle sale cinematografiche. Cerco di scrivere, con passione e trasporto, spinto dall'eternità illusione che un mondo di bellezza è possibile.

Related Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *