Zucchero – Stadio San Siro, Milano – 4 luglio 2024

Zucchero – Stadio San Siro, Milano – 4 luglio 2024
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Zucchero torna a San Siro dopo 16 anni e fa letteralmente tremare lo stadio con uno show durato più di 3 ore

Lo spettacolo inizia presto, alle 20:30, perché Zucchero ha tanto da dire e ha deciso di farlo con la sua musica. La prima pausa per salutare il pubblico arriverà infatti dopo più di mezz’ora di musica ininterrotta.

Lo spettacolo si apre con la bravissima Oma Jali che chiama i fedeli alla funzione con un accenno di “Oh, Doctor Jesus” di Ella Fitzgerald e la folla esplode alla prima nota di “Spirito nel Buio“. Le intenzioni sono bellicose e parte un filotto in cui brillano soprattutto “Soul Mama” e “Vedo Nero“. Dopo questa le prime parole (sono già passate le 21) per benedire e salutare il pubblico e presentare il brano inedito “Amor che muovi il Sole“. Una dichiarazione d’amore di ispirazione dantesca su una bella base rock, mentre sugli schermi scorre il testo Sugar si fa affiancare dai suoi chitarristi.

Pochi ospiti ben selezionati

Si continua con un ritmo serrato fino a “Senza una donna” quando sul palco appare Jack Savoretti. Non è facile duettare con un concentrato di carisma come Zucchero, ma il cantautore londinese ci riesce alla grande. Una bella investitura essere l’unico ospite invitato a cantare con Sugar a San Siro, sono certo non mancassero i pretendenti per quel microfono.

Non ci si ferma praticamente mai e sul palco con Zucchero sale Tomoyasu Hotei, il chitarrista giapponese con cui c’è una collaborazione dai tempi dell’album “Black Cat“. Due fiammate con “Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica” e “Baila” si rallenta e si passa ad un momento più intimo. Dopo “Iruben Me” Zucchero si prende un momento per sedersi e imbracciare la chitarra. Dice che vorrebbe suonare tutta la notte, ma il comune dopo la mezzanotte fa scattare il protocollo “Poca confidenza”. Accenna qualche brano escluso dalla scaletta come “Occhi“, “Indaco dagli occhi del cielo” e “Un piccolo aiuto“.

Tra un pezzo e l’altro di questo momento più intimo in cui inserisce tra le altre le commoventi “Oltre le Rive” e “Un soffio Caldo” racconta d quella volta che ha suonato per due spettacoli di fila in una discoteca davanti ad una sola persona pagante, sempre la stessa, anche di fronte allo scetticismo dell’organizzatore. Sembrano altre ere a vedere i 45000 di San Siro in festa per il bluesman.

Il talento e il carisma di Zucchero non si discutono, ma una band così è da applausi

Zucchero si prende una pausa e lascia spazio alla band per 3 pezzi ed io mi prendo un secondo per sottolineare il livello incredibile della band di Sugar. Un mix di artisti di culture e stili diversi che nel tempo si sono uniti al progetto e che rendono questo spettacolo un capolavoro.

Oltre alla già citata Oma Jali che ha un’estensione vocale ed una presenza scenica assurde, non si possono non citare Polo Jones (Musical director, bass), Kat Dyson (guitars, bvs), Peter Vettese (hammond, piano and synth), Mario Schilirò (guitars), Adriano Molinari (drums), Nicola Peruch (keyboards), Monica Mz Carter (drums, percussions), James Thompson (horns, bvs), Lazaro Amauri Oviedo Dilout (horns), Carlos Minoso (horns).

Zucchero torna sul palco, ma non resta solo: passando tra il pubblico arriva a supportarlo il Sherrita Duran Gospel Choir. Finalmente arriva “Un’overdose d’amore” e poi l’emozione di “Diamante” e “Così Celeste“.

Il gran finale è pronto: fuori il coro gospel, salgono i decibel e San Siro inizia letteralmente a tremare: “Per colpa di chi” lo abbiamo capito, ma in effetti il colpevole ammette di avere “Un diavolo in me“. Due brani riusciti sicuramente meglio di questo gioco di parole.

Dopo la convenzionale discesa dal palco in attesa della richiesta del bis Zucchero torna e chiude con “Chocabeck“, che dopo tutta l’adrenalina dei due pezzi precedenti sembra un po’ più debole, quasi come un motoristico cool down.

Lo spettacolo è davvero finito, dopo più di 3 ore che sono state veramente una festa. Sicuramente uno show riuscito, poche chiacchiere e tanta musica (prendano esempio certi cantanti ormai diventati monologhisti) e forse solo una critica: l’effetto filtro di Instagram delle spighe sui ,maxischermi durante “Diamante”. Il che è indicativo di quanto poco abbia sbagliato quel volpone di Adelmo, che i suoi 68 anni li ha dimostrati solo in quanto a gusto estetico della regia.

a cura di
Luca Nicolini
foto di
Emanuela Giurano

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Luca Nicolini

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