Yes – Teatro degli Arcimboldi, Milano – 6 maggio 2024

Yes – Teatro degli Arcimboldi, Milano – 6 maggio 2024
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Torna, dopo la data a Roma, uno dei gruppi progressive rock più influenti nella storia della musica con il nuovo “The Classic Tales of Yes Tour”

Sono le 21 e sul palco del Teatro degli Arcimboldi di Milano si vedono solo gli strumenti con una piccola scritta del loro nome sulla grancassa della batteria. Ad un certo punto gli strumenti si illuminano grazie a fasci di luce. Oltre ad essi il palco è spoglio e non si direbbe che a breve accoglierà una delle band prog rock più virtuose della storia della musica mondiale, gli Yes.

Il concerto inizia con “Machine Messiah” e capisco subito il motivo della scenografia scheletrica: serviva spazio, spazio alla miriade di melodie che, come il prog vuole, riempie il palco e il teatro intero. Le tastiere, la chitarra, il basso e la batteria si intrecciavano e si slegavano continuamente, come in preda al delirio, fino a tornare sobri.

Il pubblico di vecchia data sembra godersi lo spettacolo senza dimostrare particolare entusiasmo, nonostante il calibro della band, che richiedeva più partecipazione. La musica progressiva, a tal proposito, richiede molto impegno da parte dei musicisti, sia perché i brani, di solito, hanno una durata molto lunga, sia perché richiedono grande precisione e sforzo fisico da parte degli stessi; penso ad esempio all’arpeggio e al riff di basso di Billy Sherwood di “Roundabout”.

A tal proposito, inoltre, sarebbe da sottolineare la frettolosità di questo pezzo, soprattutto da parte del chitarrista, il veterano Steve Howe, che, come dovrebbe fare un orchestrante, non ha tenuto conto delle pause. “Roundabout” è una canzone in cui il silenzio è uno dei protagonisti imprescindibili: senza di esso manca il pathos, l’intensità, il dramma. Anche l’assenza di “Owner of a Lonely Heart” e “Heart of the Sunrise” ci hanno lasciati con l’amaro in bocca. Nonostante tutto, però, ci siamo sentiti di aizzare, dopo la riuscitissima “Starship Trooper”, di aizzare l’unica standing ovation della serata.

Il concerto, inoltre, è stato diviso in tre parti: scelta insolita considerando che ha interrotto il concept, svegliando la platea dalla favola. Nonostante questo, il progressive rock come gli show degli Yes, sono complicati, non populistici. Non si può dire che abbiano cercato di accontentare le aspettative del pubblico. La ragione di queste scelte è ignota ma, purtroppo, non ha mancato di intaccare lo show che sarebbe potuto essere stato organizzato meglio, dalla scenografia alla scelta della scaletta, dalla mancata intensità di alcuni brani alla breve durata dello spettacolo che, tra una pausa e l’altra, sarà durato quasi un’ora e mezza.

Conclusione

In conclusione, mi dispiace che ci sia stata poca partecipazione da parte del pubblico, come se non ci fosse stato il giusto e meritato ringraziamento per tutti gli anni di esperienza, per la bravura e il loro sorriso. Nonostante le defaillance bisogna essere e dimostrare di essere grati a chi, la musica, l’ha amata prima di portarla sul palco.

a cura di
Benedetta D’Agostino

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Benedetta D'agostino

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