MUR – Il simbolo dell’anti progresso

MUR – Il simbolo dell’anti progresso
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Un film di estrema attualità, che rappresenta l’essenza e anche la contraddizione dell’umanità. Perché è di questo che parla MUR: la voglia di sopravvivere, nonostante si sia sempre ad un passo dalla morte, e, allo stesso tempo, l’incapacità di voler aiutare il prossimo. La regista Kasia Smutniak rapresenta eccellentemente questa ambivalenza, sfruttando il film per fare una potente critica e denunciare ciò che sta accadendo oggigiorno.

MUR, presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival, è stato presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma 2023 nella sezione Special Screening. È prodotto da Domenico Procacci, Laura Paolucci, Kasia Smutniak ed è scritto da Kasia Smutniak e Marella Bombini.

È una produzione Fandango in associazione con Luce Cinecittà e una distribuzione Luce Cinecittà. Le vendite internazionali sono a cura di Fandango Sales. Il manifesto di MUR è stato realizzato dall’artista e giornalista curda Zehra Doğan. Sarà inoltre disponibile in tutte le sale dal 20 ottobre.

La trama

Marzo 2022, da pochi giorni la Russia ha invaso l’Ucraina e l’intera Europa si è mobilitata per dare asilo ai rifugiati. La Polonia, distintasi per tempestività e generosità, è lo stesso Paese che ha appena iniziato la costruzione del muro più costoso d’Europa per impedire l’entrata di altri rifugiati.

Una striscia di terra che corre lungo tutto il confine bielorusso, la zona rossa, impedisce a chiunque di avvicinarsi e vedere la costruzione del Muro, il protagonista della storia di questo film.

Kasia Smutniak esordisce alla regia con un film che è allo stesso tempo un diario intimo e una denuncia. Il percorso, un rischioso viaggio nella zona rossa dove l’accesso non è consentito ai media, inizia davanti a un muro e davanti ad un altro muro finisce.

Grazie all’aiuto di attivisti locali e con una leggerissima attrezzatura tecnica, la regista raggiunge il confine e filma ciò che non si vuole raccontare.

Il primo muro respinge i migranti che arrivano da terre lontane attraversando il bosco più antico d’Europa, una frontiera impenetrabile in un mare di alberi. Puszcza Białowieża, così si chiama quel bosco, che, proprio come il mare, è un elemento nuovo per le migliaia di persone che tentano il viaggio.

Il secondo, quello di fronte alla finestra di casa dei nonni a Łódź, dove la regista giocava da bambina, è il muro del cimitero ebraico del ghetto di Litzmannstadt.

Cercando di riconciliarsi con il proprio passato, Kasia Smutniak torna a casa con una forte consapevolezza: l’accoglienza non deve fare distinzioni. Chiunque sia in pericolo va soccorso. Un continente che si definisca democratico non innalza muri.

a cura di
Staff

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Marianna Conforti

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