Intervista con Andrea Dodero: un anno sui set di “The Equalizer 3” e “The Good Mothers”!
Un anno dopo il suo debutto su Sky con “Blocco 181”, Andrea Dodero torna sullo schermo con due interessanti novità: la serie tv di casa Disney “The Good Mothers” e l’attesissimo terzo capitolo di “The Equalizer”, dove l’attore ha avuto l’onore di recitare a stretto contatto con Denzel Washington! Durante questa intervista Andrea ci ha raccontato la sua esperienza sui rispettivi set, e noi di The Soundcheck ve ne parliamo qui, in questo articolo!
Buongiorno, Andrea. Ci ritroviamo a distanza di un anno, dopo la nostra prima intervista. Ne sono cambiate di cose da allora! Parto subito, quindi, chiedendoti come hai vissuto questo ultimo anno, e com’è cambiata la tua vita dopo Blocco.
Questo è un periodo di vita molto bello per me, e sono davvero molto contento! Innanzitutto perché ho lavorato a progetti che mi interessavano, e che mi hanno dato la possibilità di raccontare storie di cui mi premeva parlare. Questa non è una cosa così scontata, nel mio lavoro e alla mia età: per chi fa questo mestiere, avere la libertà di poter scegliere le proprie progettualità è una cosa molto rara! E sto lavorando per questo: per diventare, in futuro, un attore in grado di scegliere le proprie sceneggiature.
Ho anche avuto la fortuna di essere selezionato per progetti per i quali avevo fatto i provini senza tener granché conto di questo aspetto (eccetto The Equalizer 3).
Per ora, questo è ciò che mi gratifica di più. Lavorare su storie che mi divertano, e che io possa raccontare, contribuendo anche con le mie proposte allo sviluppo del personaggio! E non sempre ciò avviene sui set, nel nostro Paese.
Come ho vissuto questo ultimo periodo? Decisamente bene! In quest’ultimo anno sono riuscito a ridimensionare l’idea che avevo sulla mia professione – che si occupa d’intrattenimento! Siamo attori, facciamo Cinema!
Ho poi maturato delle consapevolezze, a livello tecnico e attoriale, grazie anche alla partecipazione a progetti che mi hanno consentito di apportare un mio personale contributo.
Spero che questa mia fortuna continui! Perché credo che il percorso sia fondamentale per un attore, e vada poi a definirlo professionalmente nel futuro.
Volevo focalizzarmi sui due progetti maggiori a cui hai partecipato in questo periodo. Il primo è The Good Mothers, serie tv di Disney+ sbarcata sulla piattaforma streaming il 5 aprile. Come hai vissuto questa esperienza? Che tipo di lavoro hai svolto sul set?
Sono stato impegnato con le riprese da gennaio fino a fine giugno 2022. Ho ottenuto il progetto a novembre 2021, qualche mese prima, e ciò mi ha consentito di prepararmi al meglio!
In The Good Mothers, infatti, interpreto Carmine Venturino, un personaggio realmente esistito. Ho cercato, quindi, di avere il massimo rispetto per questa figura storica, studiando tanto, facendo ricerche su di lui e cercando di farmi un’idea su Carmine. Grazie all’aiuto di un mio amico, Nicola Quaranta, – un attore calabrese fantastico che saluto! – sono riuscito ad imparare al meglio il dialetto proprio di quelle zone e svolgere questa ricerca attorno al personaggio da me interpretato.
Carmine non è uno dei protagonisti, quindi la sua storia è collegata direttamente a quella principale, che riguarda appunto questi ultimi. Le sue volontà e le sue azioni fungono, dunque, da cornice alle vicende di altri due personaggi, quelli di Denise e di Carlo Cosco.
Inoltre, si è creata un’alchimia strana sul set (cosa che non capita sempre), che ci ha permesso di lavorare nella tranquillità più assoluta. Questo è un aspetto molto importante perché, lavorativamente parlando, più ti senti sereno – e a casa -, più ti senti libero di fornire proposte attoriali.
Anche le trasferte mi hanno divertito molto! I primi tre mesi siamo stati a Reggio Calabria, poi siamo tornati a Roma: in questi due luoghi ho girato la maggior parte delle riprese.
Posso quindi affermare che The Good Mothers sia stata una delle esperienze più incredibili della mia vita! Ho lavorato con un grande maestro del Cinema, Julian Jarrold, e con una grande regista, Elisa Amoruso. Il lavoro da loro svolto è stato eccezionale – credo appaia evidente, osservando il risultato!
Solitamente, infatti, quando nelle serie tv sono presenti più registi, il cambio di regia si percepisce. Per quanto riguarda The Good Mothers, invece, no.
Le puntate di Elisa sono sì più materne, ma in quanto frutto di un’idea, che è stata voluta e perseguita. Questo risultato deriva probabilmente dalla scelta di montaggio, che hanno effettuato insieme nella stessa sala, uno a destra e l’altra a sinistra, confrontandosi costantemente tra loro.
Parliamo di Carmine, il personaggio che interpreti in The Good Mothers. Nella nostra precedente intervista mi avevi raccontato di come questo ragazzo e la sua storia ti avessero colpito fin da subito, e di quanto ti fossi sentito legato ad esso. Oggi, a distanza di diversi mesi dalla fine delle riprese, percepisci ancora questa forte connessione con lui?
All’inizio della mia esperienza nel mondo cinematografico, nonostante avessi un’idea di come andare a svolgere la professione attoriale, non sapevo realmente come cimentarmi in essa.
Con Carmine ho fatto un percorso. È stato un vero e proprio viaggio, all’interno della sua vita e del suo mondo. Per questo motivo ne vado estremamente orgoglioso. Sono molto fiero di come sia riuscito a raccontare questo personaggio, un uomo dalla vita costantemente in bilico.
Questo ragazzo non è, infatti, un principe della ’Ndrangheta. Non essendo, dunque, figlio di alcun membro delle cosche mafiose, inizia a lavorare per Carlo Cosco – un uomo estremamente feroce! – eseguendo per lui attività di piccola criminalità in cambio di denaro.
Pur trovandosi in questa situazione di non ritorno, all’interno di questa nuova dimensione che lo porterà alla rovina, Carmine si innamora: il suo cuore inizia a battere per Denise, la figlia di Cosco. E al momento del processo, quando confesserà ciò che hanno compiuto, dichiarerà anche il suo amore per la giovane.
Questo è l’aspetto che mi ha colpito di più del mio personaggio, ed è da qui – da questa storia – che sono partito! Continuando poi a scavare a fondo, nelle volontà e nei desideri di Carmine.
Qual è stato l’aspetto che ti ha colpito di più di questo progetto inizialmente? E cosa ti impressiona, invece, ora che la serie è uscita?
Un elemento che sicuramente mi ha stregato fin da subito è stata l’effettiva violenza dei dialoghi – veramente da cardiopalma! Essi donano alla scena un pathos e una tensione indescrivibili.
Ti aspetti sempre che sullo schermo sia sul punto d’avvenire qualcosa: un crimine, un omicidio, una sparatoria, che poi non si verifica!
Proprio per questo motivo all’inizio, leggendo il copione, ho avuto paura che The Good Mothers avrebbe annoiato quella fetta di pubblico abituata a serie tv d’azione, proprio a causa di questo suo carattere troppo documentaristico (seppur romanzato). Invece sono stati fenomenali i registi, che hanno dato vita ad un progetto estremamente autoriale, dotato di una portata tale da poter essere tranquillamente accostato a moltissimi prodotti cinematografici.
Avete presentato i primi due episodi in anteprima al Festival di Berlino 2023. Com’è stata l’accoglienza riservata alla serie?
Ottima! Io non ero presente al Festival, ma mi hanno raccontato lo svolgimento dell’intera serata, e di quanto sia stata super emozionante! Lì The Good Mothers ha vinto l’“Orso d’oro”... non un premio da poco!
Esso è stato istituito per la prima volta quest’anno per quanto riguarda le serie tv. Questo riconoscimento ha rappresentato per noi un segnale di gradimento estremamente forte, che ha convinto la produzione a puntare con maggiore sicurezza su questo prodotto autoriale.
Per quanto mi riguarda, invece, sono stato invitato alla prima tenutasi a Roma! E, anche in questo caso, le mie parole non bastano per descrivere l’intensità e la complessità delle emozioni che abbiamo vissuto! È stata un’esperienza incredibile!
The Good Mothers è stata apprezzata da tutti, sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori, i quali si sono dati da fare per primi per quanto riguarda la sua promozione (cosa che non sempre accade, e che dimostra, anche in questo caso, quanto coloro che vi abbiano lavorato diano importanza ad essa).
Sui social mi scrivono numerose persone che vogliono parlarmi della serie, dicendomi la loro! E in molti mi hanno fatto domande molto specifiche sul mio personaggio e su alcuni aspetti della sua storia, che mi hanno riempito di orgoglio e felicità. Anche spettatori che non sono soliti guardare questo genere seriale, ma che hanno adorato The Good Mothers per come queste vicende sono state raccontate.
Per la qualità altissima che questo progetto esprime!
Sei soddisfatto del risultato? Se tornassi indietro ripeteresti questa esperienza?
Scherzi? Nel modo più assoluto!
Soprattutto ora che è finita, la riesco a vedere e ad apprezzare nella sua totalità. La bellezza del mio mestiere è anche questa: inizi un progetto e te lo vivi intensamente, per tre o quattro mesi. Per l’intera durata delle riprese lo senti tuo, lo fai tuo, ti appartiene.
Poi esce sugli schermi, e inizi a condividerlo con le persone attorno a te. Diventa del pubblico.
E ti senti parte di qualcosa di più grande.
E qual è per te l’aspetto più bello del mestiere dell’attore?
Gli incontri che si fanno. Questo continuo scambio, questa continua interazione, che la recitazione porta con sé.
Il mestiere dell’attore è, infatti, estremamente dinamico: ti sposti continuamente, visiti una marea di posti differenti durante le trasferte. Come per The Good Mothers, per la quale abbiamo girato in Calabria e a Roma. O per The Equalizer 3, che mi ha portato sulla costiera amalfitana.
Durante le riprese si crea una dimensione molto ristretta, quasi alienante. Una sorta di bolla, nella quale ti isoli, ma che è comunque ridotta ad una parentesi, nella quale ti collochi. Una parentesi, una boccata d’aria dalla tua vita.
La tua vita è sul set, assieme al resto della troupe, con la quale si creano rapporti estremamente profondi.
Da questa condivisione continua di istanti, minuti, giornate – e tutto quello che queste portano con loro – nasce un vero e proprio nucleo familiare. L’intensità di questi rapporti con le persone con le quali stai lavorando ovviamente varia da set a set, ma sono quella sensazione di condivisione continua, e l’estrema confidenza che nasce dall’esperienza vissuta insieme, che amo particolarmente.
Terminate le riprese, ognuno ritorna alla propria vita. Ci si separa di nuovo, ma arricchiti da tanti legami ed esperienze indimenticabili, che continui a portarti dentro.
Parliamo poi dell’ultimo progetto al quale hai lavorato: “The Equalizer 3”! Com’è stato lavorare a questo film – e trovarti sullo stesso set con Denzel Washington?
Recitare sul set di The Equalizer 3 è stata un’esperienza diversa rispetto a Blocco, ma anche rispetto a The Good Mothers! Stiamo parlando di un grande blockbuster americano, ma l’aspetto che lo rende particolarmente interessante – a mio avviso – è il fatto che esso si costruisca proprio attorno a un attore del calibro di Denzel Washington.
Sul set Denzel è stato incredibile: non stava fermo un attimo!
Che dire di lui?
Non parla con gli attori prima di avere provato almeno una volta con loro sulla scena, nelle vesti dei rispettivi personaggi. Questo per non perdere l’autenticità di quel primo incontro.
Ho imparato davvero tanto nelle due giornate passate sul set con lui. Due, su diciotto! La mia attenzione era completamente rivolta a questo professionista incredibile e alla sua recitazione, e, durante le scene girate assieme, ho cercato di apprendere il più possibile.
Recitare con lui è sempre stato il mio sogno! Un anno fa ho rilasciato un’intervista a Vanity Fair, nella quale mi hanno chiesto quali fossero i miei attori di riferimento, ed indovina come ho risposto?
Inoltre, ho avuto la fortuna di lavorare anche con Antoine Fuqua, uno dei registi della mia vita, che ha girato film come Brooklyn’s Finest e Training Day, uno dei primi film che ho visto con mio padre e che mi ha fatto appassionare al Cinema!
Per questo – e ci tengo a dirlo a gran voce – ai sogni ci si deve credere sempre!
Ma come sei riuscito ad entrare a far parte di questo progetto?
È successo a luglio. Io e la mia compagna avevamo preso una casa al mare, a San Felice Circeo, per sfuggire al caldo di Roma. Un giorno mi è arrivata una chiamata da un mio collega, che mi chiedeva di aiutarlo nella preparazione di un provino per… The Equalizer 3! Dovevo semplicemente fargli da spalla e dargli le battute per la realizzazione del self tape (che dopo il Covid è diventato estremamente richiesto nella fase del casting).
In realtà, mentre lo aiutavo a preparare il provino, ho trovato parecchi spunti interessanti per la messa in scena del personaggio, un cane pazzo terrorizzato dalla paura di perdere tutto ciò che ha ottenuto.
Così ho chiamato la mia agente, chiedendole di mandarmi il provino per The Equalizer 3, e sono stato selezionato come prima scelta per il mio personaggio da Antoine Fuqua in persona!
La cosa che mi ha stupito maggiormente è stata l’immediatezza della scelta del casting, per lo meno nei miei confronti: non sono stato sottoposto a quattro o cinque provini, come si fa di solito qui in Italia.
Ne è bastato uno.
Come se vedessero la prova attoriale – quella che racchiude in sé il personaggio – nella sua vera essenza, indistintamente. Tutto ciò che è in più si raffina, successivamente, sul set.
Ma di cosa parla “The Equalizer 3”, e per quando è atteso al cinema?
Il film è un sequel, e parla di un ex agente della CIA, Robert McCall, che, giunto in vacanza in Italia, si inizia a legare alla gente del luogo e decide di fermarsi un po’ di più, scoprendo così altre realtà di stampo mafioso che si nascondono nell’ombra del paesino di Altomonte. L’attività criminale è gestita da due fratelli, molto diversi l’uno dall’altro.
Il primo è un uomo di grande cultura, estremamente serafico e posato. L’altro – il mio personaggio – un cane pazzo, che sta cercando di farsi un nome per distaccarsi dal fratello, e che quindi gestisce da solo – con estrema violenza – tutta la zona costiera, dove Robert si trova in villeggiatura.
L’ex agente cercherà quindi di porre fine ai soprusi da lui compiuti, ma riuscirà a sconfiggere da solo il dominio della mafia? Lo scoprirete al cinema, a partire dal 30 agosto!
Come vedi la storia è piuttosto lineare: da una parte c’è l’eroe, dall’altra il cattivo. È un blockbuster, dopotutto!
Tuttavia, per me, lavorare in una produzione di questo tipo è stato ugualmente parecchio stimolante.
Puoi farmi un confronto tra questi due “cattivi” di stampo mafioso che hai interpretato in questi due progetti?
Sono personaggi che collocherei agli antipodi: il primo è un giovane che entra per necessità nella dimensione della ‘Ndrangheta. Una mafia che agisce costantemente sotto i nostri occhi, alla luce del sole, in settori come quello edilizio. Una mafia silenziosa, invisibile, dotata di una violenza diversa.
Ma Carmine è anche un ragazzo innamorato, nonostante la giovane in questione sia la figlia del suo capo. Per questo motivo non ho interpretato questo personaggio come un vero e proprio criminale.
L’altro è, invece, un vero e proprio villain. Un uomo che non riesce ad empatizzare col prossimo, estremamente violento e spregiudicato. In The Equalizer 3, dunque, ho interpretato il mio primo vero cattivo! Nonostante anche lui abbia sogni, desideri, e un passato che grava sulle sue spalle.
Come vedi il tuo futuro ora?
Quello che posso dirti è che mi piacerebbe – come ho già detto prima – continuare a raccontare storie che mi appassionino, per fornire un mio contributo reale ad esse. Ed anche per divertirmi, e mettere tutto me stesso nei progetti a cui prenderò parte in futuro.
Per questo mi auguro di poter diventare un attore in grado di poter scegliere in modo indipendente i propri progetti: per poter continuare a fare ciò che amo di più. Recitare. Senza smettere mai di divertirmi!
a cura di
Maria Chiara Conforti
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