Il sol dell’avvenire: l’ultimo film di Nanni Moretti tra sogno e delirio

Il sol dell’avvenire: l’ultimo film di Nanni Moretti tra sogno e delirio
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Il film di Nanni moretti tra sogno e delirio. Moretti riesce a comunicare con chi l’ha sempre osservato.

L’ultimo film di Nanni moretti tra sogno e delirio

Nanni Moretti torna nelle sale con un nuovo film. A soli due anni di distanza dal precedente, il regista pioniere di un’intera generazione porta sullo schermo un film che somiglia molto a quello che fu “Caro diario” e “Aprile”. Giovanni (interpretato da Moretti stesso) è un regista che sta girando un film per lui molto importante. Nella lavorazione varie cose andranno storte. Tante cose che si possono riassumere in una sola: l’irruzione del nuovo mondo, o del nuovo modo di fare cinema, che a Giovanni sta stretto.

Moretti interpreta il ruolo di un regista completamente pieno di sé e delle sue convinzioni. Passa la maggior parte del film con un sorriso sfacciato e con gli occhi stralunati, mentre coinvolge chiunque nel suo delirio. Solo sua moglie, interpretata da Margherita Buy (attrice di fiducia di Moretti dai tempi di “Il caimano”), ha uno sguardo oggettivo e disincantato sulla carriera e l’ossessione che Giovanni ha verso il suo lavoro.

L’ossessione che ha Moretti, per le parole e per il linguaggio del cinema è chiaro fin dai primi lavori: “Sogni d’oro”, “Palombella rossa” si muovono tutti intorno ad un’ossessione e una rigidità nel modo di vedere il mondo che hanno sempre reso i personaggi di Moretti amabili e divertenti.

Tutto questo mondo arriva a scontrarsi con nuovi registi che fanno intrattenimento e non cinema, attrici che non si vogliono far dirigere, ma soprattutto piattaforme e produttori.

Silvio Orlando

Chiunque sia appassionato dei film di Moretti si ricorda dei ruoli che Silvio Orlando ha interpretato per lui: l’allenatore di una squadra di pallanuoto perdente, il regista fallito, il marito lasciato, l’attore che in “Aprile” aspetta di girare, ma non gira mai.

Qui, invece, finalmente interpreta il protagonista del film che, in un modo o nell’altro, va avanti. Vederlo ai margini del racconto, impegnato nel suo lavoro di attore, rende giustizia e suscita tenerezza nello spettatore che l’ha sempre visto in altri panni. Anche se può sembrare un ruolo marginale, in realtà chiude il ciclo dei personaggi interpretati da Silvio Orlando con un lieto fine. Non sarà l’unico lieto fine del film.

Margherita Buy

Pacata ed angelica come risulta sempre essere Margherita Buy, interpreta un’altra volta sua moglie. La moglie paziente che gli sta accanto, che produce tutti i suoi i film. È la seconda volta, in due anni, che Moretti mette in scena una moglie che lo tradisce ideologicamente. Stanca di lui e forse anche del suo cinema, Margherita Buy produce proprio il film che Giovanni detesta in modo viscerale.

Lei è lì per rappresentare il suo cinema, o forse il cinema in generale. Rappresenta il cinema perché la ama ancora, perché non può vivere senza di lei, perché in questo film lei si allontana da lui ma lui non da lei, perché sta andando in un’altra direzione ma questo film, forse l’ultimo, glielo concede.

I due si lasciano ma si lasciano in un modo tenero, pacifico. Giovanni alla fine sembra arreso e disposto a dare alla figura di sua moglie la libertà che lei ha chiesto.

Noemi, Aretha Franklin e Battiato

Da una scena in macchina in cui ad un certo punto si accende la radio e la musica diventa extradiegetica, Moretti comincia a cantare, trascinando nel suo delirio, o nel suo sogno, chiunque gli stia intorno, dalla moglie alla troupe cinematografica.

Canta guardando in macchina “Sono solo parole” di Noemi e tutti terminano solo quando con un battito di mani urla “azione!”. Lì si interrompe la magia ma ne inizia subito un’altra.

Stessa cosa succede per Aretha Franklin, in macchina, con sua moglie. La riesce a coinvolgere in uno squarcio di musical e lei lo guarda esattamente come lo guardiamo noi: inteneriti, affezionati, ammaliati, da questo personaggio che poi è il regista, più di quanto non lo sia mai stato.

Moretti gioca con il cinema come solo chi ha la sua esperienza sa fare per mettere in scena un film su tre livelli narrativi, che parlano tra di loro e che raccontano la sua e anche la nostra storia.

“Voglio vederti danzare” non è solo un momento musical in cui Giovanni coinvolge tutti nel cantare, ma anche e soprattutto un momento in cui i personaggi e gli attori iniziano a volteggiare liberi per il set. Con una luce meravigliosa che cade sui loro visi.

Accade in un momento che sembra lontano anni luce (ed in effetti lo è) dal momento in cui Michele Apicella canta in “Palombella rossa” “e ti vengo a cercare”. Più anziano, più rilassato, non per forza meno nevrotico ma comunque più in pace con il mondo che lo circonda, anche questo è un lieto fine.

Il lieto fine storico

Bellocchio in “Esterno notte”, Tarantino in “Once upon a time in…Hollywood”. Sono questi i registi che negli ultimi anni hanno ignorato la storia per regalare un lieto fine. “solo quando sceglie un personaggio è” dice McKee in “story”. E allora, di conseguenza, anche uno sceneggiatore esiste solo quando fa scegliere il suo personaggio.

Giovanni sceglie, infatti. Sceglie di non far suicidare il suo protagonista, lo fa lottare per ciò in cui crede, proprio come lui lotta per continuare a fare il suo film.

Dalla scelta di Giovanni cambia il film, cambia la Storia, e tutti quanti sfilano contenti e soddisfatti, con uno sguardo di speranza rivolto oltre l’inquadratura. Sono tutti gli attori della carriera di Moretti, e noi li riconosciamo. Uno solo, l’ultimo guarda in macchina, è Giovanni, Nanni Moretti, che ci saluta, con sguardo affezionato. Che per l’ultima volta ha utilizzato il cinema come strumento per parlare a noi, senza effettivamente dirci nulla.

Conclusioni

Moretti è forse l’unico regista italiano ad avere una confidenza cinematografica tale da potersi permettere di fare film che parlano in un certo modo, perché è sicuro della persistenza del suo pubblico.

Il cinema è un’esperienza surreale, sempre, qualunque film si stia guardando. Riunisce persone che non si conoscono e fa vivere loro un’esperienza comune ed irripetibile. Con i film di Nanni Moretti, questa magia viene amplificata. Si ha un rapporto con il regista, con la sua immutata ironia, con i personaggi, gli attori e persino le musiche che usa.

Andare al cinema da Nanni Moretti è come tornare da un amico che si vede poco, che ha sempre nuove cose da raccontare ma con un modo di raccontarle a cui si è affezionati, che rimane fedele a sé stesso e che è cresciuto con te.

a cura di
Emma Diana D’attanasio

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