“Tigre, Tigre”: la sconvolgente autobiografia di Margaux Fragoso

“Tigre, Tigre”: la sconvolgente autobiografia di Margaux Fragoso
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Tigre, Tigre è un romanzo uscito nel 2011, edito da Mondadori. La storia parla di una ragazza, Margaux Fragoso, l’autrice del libro, che è stata vittima di pedofilia.

La famiglia di Margaux non è per niente stabile: suo padre, originario di Portorico, è un ubriacone che mette le mani addosso a lei e a sua madre e, non contento, le rimprovera per ogni cosa. Il suo rapporto col genitore è di amore e odio, un giorno la adora e sembra volere il meglio per lei, un altro si disinteressa completamente di chi frequenta e cosa fa.

Sua madre, una donna buona ma con diversi problemi psichici, passa le giornate a chiamare amici e associazioni benefiche per chiedere dei consigli. Inoltre ama appuntarsi curiosità e notizie di cronaca in quello che lei chiama il “Libro dei Fatti”.

Insomma, i genitori di Margaux sono troppo presi dalle loro faccende per accorgersi di ciò che accade a loro figlia.

Fonte: Google immagini
Come tutto ha inizio

Margaux ha sette anni quando, in un pomeriggio d’estate, conosce Peter, un uomo di cinquant’anni. Lui vive assieme alla sua compagna, Inés, una donna di cui non è realmente innamorato e con la quale ha due figli, Miguel e Ricky. Lei e sua madre rimangono subito ammaliate da quest’uomo gentile dal sorriso contagioso, così accettano l’invito ad andare a casa sua. Quello che in prima battuta sembra essere un evento isolato, diventa un rito settimanale al quale Margaux e sua madre non rinunciano più. La casa di Peter diventa così la loro seconda dimora.

Col passare del tempo, mentre la madre di Margaux si gode la casa assieme a Inés e ai suoi figli, lei e Peter diventano inseparabili. L’uomo ama scattare foto alla ragazza, per poi metterle in un raccoglitore ad anelli, assieme a numerose lettere indirizzate a lei. Inoltre si guadagna la sua fiducia facendola salire sulla sua moto ed esaudendo qualsiasi suo desiderio.

I due si creano un mondo tutto loro. Un luogo fatto di storie inventate in cui la piccola Margaux impersona una donna bellissima, che di giorno fa la modella e di notte si trasforma in una tigre. Nella storia, una volta trasformatasi in bestia, il personaggio che interpreta Peter la incatena in cantina per non farla scappare. Un mondo fatto di codici comprensibili solo a loro e di segreti oscuri. Come quello dello scantinato, dove i due si recano abitualmente per compiere atti che sarebbe meglio gli altri non sapessero.

La loro amicizia si fa sempre più stretta fino a quando la gente inizia a guardarli con sospetto e a mormorare. Dopotutto un uomo di mezza età che cammina per strada tenendo per mano una ragazzina che non è sua figlia, può sembrare parecchio strano

Una storia vera

Tigre, Tigre è la storia vera dell’autrice, che dall’infanzia fino ai vent’anni circa, ha avuto una relazione con un uomo molto più grande di lei. Singolare è come questa storia di pedofilia sia stata per tanto tempo sotto gli occhi di tutti, eppure nessuno abbia fatto nulla. Singolare inoltre, come l’autrice, pur essendo una vittima consapevole di ciò che ha subito e di ciò che le è stato portato via, non condanni mai, totalmente, il suo aguzzino (la famosa Sindrome di Stoccolma).

Senza contare poi che Margaux, come lascia intendere in alcuni punti del libro, non sia l’unica vittima di Peter: nel racconto infatti, vengono menzionati anche altri bambini presi in affido dall’uomo, che sembrerebbero aver subito abusi anch’essi.

Inoltre, è interessante vedere come la Margaux bambina pensi sempre di avere il “potere” sul suo abusante, di averlo in pugno, quando in realtà è il contrario: è lui, adulto consapevole, a manipolarla psicologicamente per farle fare ciò che vuole.

Anzi, lui asserisce più volte di essere nel giusto e che sia la società ad essere malata. Per di più, prova a convincere Margaux del fatto che sia normale che un uomo anziano stia con una bambina, come succede in alcuni paesi del mondo ancora oggi. Peter dice queste cose con tale convinzione che anche il lettore è portato a credere che siano normali.  

Il romanzo della Fragoso è duro ed esplicito perché le scene che raccontano gli abusi non hanno filtri e sono molto dettagliate. Per questo penso che non sia un libro per tutti.  

Tigre, Tigre è un racconto sconvolgente, ma purtroppo ci fa anche capire che storie come quella di Margaux sono molto più comuni di quello che pensiamo. Ciò che rimane al lettore non è solo lo shock di aver letto una storia assurda, ma anche il disagio di immaginare quello che rimarrà dopo. Perché se da una parte è vero che la relazione tra Margaux e Peter avrà una fine (non è uno spoiler, viene detto fin dalle prime pagine), ciò che rimarrà nella mente e nel corpo di lei sarà qualcosa di indelebile e duraturo. Un dolore che probabilmente la accompagnerà per tutta la vita.

Immaginate una bambina di sette anni o giù di lì, che adora le palline di gomma da masticare rosse dei distributori automatici ma lascia lì quelle blu e verdi; una bambina che teme suo padre e alla quale non piacciono i puzzle (noiosi!); che ama i cani e i conigli e le iguane e i coni gelato; che adora viaggiare sul sellino posteriore di una moto (perché chi altro, a sette anni, ha la possibilità di andare in moto?); che odia tornare a casa sua (sempre) perché quella di Peter è come uno zoo, e soprattutto perché Peter è divertente, Peter è proprio come lei, solo più grande, e riesce a fare cose che lei non è capace di fare. Forse lui sapeva che le cellule umane si rigenerano ogni sette anni, che dopo ognuno di questi cicli emerge una persona nuova dal vecchio agglomerato di atomi. Diciamo che nei sette anni successivi quest’uomo, Peter, riprogrammò le sue effervescenti cellule di bambina. Che fu bravissimo a memorizzare i suoi percorsi di gioia e a seguire le sue fantastiche piste di desiderio, come la voglia improvvisa di gelato ricoperto, di farsi leccare la faccia dalla dolce lingua rosea di un cane e di stare a guardare i conigli che sgranocchiano cibi verdi e croccanti.

a cura di
Silvia Ruffaldi

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Silvia Ruffaldi

Silvia ha studiato Scienze della Comunicazione a Reggio Emilia con il preciso scopo di seguire la strada del giornalismo, passione che l’ha “contagiata” alle superiori, quando, adolescente e ancora insicura non aveva idea di cosa avrebbe voluto fare nella vita. Il primo impatto con questo mondo l’ha avuto leggendo per caso i racconti/reportage di guerra di Oriana Fallaci e Tiziano Terzani. Da lì in poi è stato amore vero, e ha capito che se c’era una cosa che voleva fare nella vita (e che le veniva anche discretamente bene), questa doveva avere a che fare in qualche modo con la scrittura. La penna le permette di esprimere se stessa, molto più di mille parole. Ma dato che il mestiere dell’inviato di guerra può risultare un tantino pericoloso, ha deciso di perseguire il suo sogno, rimanendo coi piedi ben piantati a terra e nel 2019 ha preso la laurea Magistrale in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Delle sue letture adolescenziali le è rimasto un profondo senso di giustizia, e il desiderio utopico di salvare il mondo ( progetto poco ambizioso, voi che dite ?).

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