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Niente di vero di Veronica Raimo, pubblicato da Einaudi, ha vinto il Premio Strega giovani 2022. L’autrice è nata a Roma nel 1978. Ha pubblicato anche altri romanzi come Il dolore secondo Matteo (edito Minimum Fax) nel 2007, Tutte le feste di domani (Rizzoli) nel 2013 e Miden (Mondadori) nel 2018. 

Niente di vero lo definirei un romanzo labirintico: tu entri in questa narrazione e non sai assolutamente dove sei, dove stai andando e da dove uscirai. 

Veronica Raimo racconta della sua famiglia e di sé stessa in maniera ironica, disinibita e disincantata.  

Da un lato c’è il racconto dei fatti, senza seguire una logica temporale, dall’altro in contemporanea le reazioni e le implicazioni che i protagonisti di questi eventi, in particolare il padre e la madre con le loro fobie e ansie, ma anche il fratello e la nonna, hanno generato in una ragazza che stava crescendo.

Niente di vero
Niente di vero di Veronica Raimo: la trama 

“Mio fratello muore tante volte al mese”

Questo è l’esordio del romanzo, per rappresentare l’ansia della madre della protagonista verso il fratello, ritenuto oltretutto un genio e quindi circondato di attenzioni; per poi continuare con le ossessioni igieniche del padre.

La sua infanzia le ha lasciato dei vuoti che sembrano incolmabili, che si materializzano in una noia profonda, nell’insonnia, nella stitichezza e nella scarsa autostima. Con questi presupposti la protagonista inizia la ricerca della sua identità, che non ha basi ma appunto è tutta da inventare.

Da qui il racconto delle fughe adolescenziali, del suo difficile rapporto con il corpo, del sesso, scene familiari ed episodi che hanno colpito particolarmente la vita della protagonista: come la morte del padre.

Cosa mi è piaciuto di Niente di vero

Ogni volta che mi sono sentita chiusa in una cameretta, dentro un gioco con delle regole, non ho provato a fuggire ma a inquinare il raziocinio della stanza e delle regole. A immaginare cose finte, a dirle, a provocarle, fino a crederci. Fino a pensare che un dado può sempre dare cinque, benché non serva assolutamente a nulla.

Questa frase racchiude, secondo me, proprio il succo più amaro di questo romanzo, dover fingere per essere, dover auto sabotarsi per credere di essere; è una presa di coscienza che lascia trasparire tutta la forza che ci vuole per affermare sé stessi quando qualcuno in qualche modo, anche inconsapevolmente, non te ne dà la possibilità.

Niente di vero è un romanzo che fa riflettere sulle dinamiche familiari e su quali possono essere le conseguenze di rapporti disfunzionali come in questo caso, che generano anche tanta insicurezza nelle relazioni.

Lo stile è diretto, ironico, e non c’è nessuna censura di sentimenti, emozioni, pensieri e frustrazioni perché poi, alla fine, siamo quel che siamo proprio perché abbiamo una storia che ci contraddistingue e con la quale dobbiamo confrontarci. 

Mi ha ricordato un pò Annie Ernaux in Il posto: la sua spietatezza nel raccontare alcuni momenti della sua vita e del rapporto con il padre.

Consiglio questo libro a chi ama leggere le storie degli altri per potersi immedesimare, anche se non ti troverai davanti un romanzo di formazione ma un memoir dal ritmo convulso.

Ogni singolo episodio narrato segue strade mai lineari, così come non è lineare il percorso che ha portato la protagonista a prendere atto e ad aggirare in qualche modo, anche attraverso l’ironia, quanto già sapeva dall’inizio: noi siamo la somma dei nostri ricordi, anche di quelli che non abbiamo più o che abbiamo sfumato o modificato nel tempo, ma da questi si può sempre partire per reinventarsi.

a cura di
Anna Francesca Perrone

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