Claudia Venuti e l’amore: una guida alle delusioni

Claudia Venuti e l’amore: una guida alle delusioni
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Claudia Venuti, scrittrice e responsabile editoriale di The Soundcheck, ha concesso proprio a noi della redazione una schietta intervista dopo l’uscita del suo libro “Pensavo fosse amore, invece era un caso umano”. Claudia ha così deciso di raccontarsi in tutta la sua trasparente fragilità

Cosa fare quando finisce un amore? Quando l’uomo che ti sembrava essere quello giusto si rivela l’ultimo di una serie di impietosi farabutti? Semplice, ci scrivi su un bel libro, lo pubblichi e rivendichi i tuoi dannati diritti nella relazione. Claudia, dopo svariate delusioni amorose, ha smesso di cercare negli altri quello che è sempre stato dentro di lei, forse, sopito per troppo tempo. Il momento in cui si realizza che l’amore per sé stessi vale più di qualsiasi promessa tradita si trasforma, così, in un passaggio epifanico. É un attimo in cui ci si rende conto che la propria felicità vale molto di più del compiacimento altrui.

Prima, però, di raggiungere il nirvana, in cui tutto ti tocca ma nulla ti sfiora, ce n’è di strada da fare. E Claudia ne ha fatta tanta. In dieci anni di altalenanti relazioni, ha dovuto affrontare un parterre notevole di casi umani. Alcuni seduti nella prime file della categoria “traditori seriali”, altri tra le ultime postazioni in mezzo agli “egocentrici” e i “noiosi”. La scrittrice ha riportato, con profondità e ironia, parte della sua vita e consapevolmente si è messa a nudo, riconoscendo, talvolta, molti errori di valutazione. A posteriori è sempre facile parlare con cognizione di causa: quando la passione e la delusione insieme ti attraversano, la lucidità mentale inizia a perdere punti.

“Pensavo fosse amore, invece era un caso umano” è un libro tutti

Nonostante la difficile via della strada dei ricordi, Claudia si è spogliata di antiche sovrastrutture legate all’amore e, grazie a questo libro, sembra essere rinata nel percorso dell’accettazione di sé. Sì, perché quando dopo diverse difficoltà con le relazioni si comprendono errori e misfatti, le ferite guariscono e chi ne esce più forte è proprio chi è riuscito a valorizzarsi. “Pensavo fosse amore, invece era un caso umano” edito da Sperling & Kupfer parla di Claudia, ma parla di noi, di chi si sente vittima di un sistema in cui avere una relazione è un obbligo. In cui avere un uomo, le cui fattezze assomigliano a quelle del principe azzurro, sembra essere l’unico obiettivo per le giovani donne. Fin tanto che tale concetto verrà inculcato nelle generazioni a venire, gli amori probabilmente saranno tutti fallimentari.

Con cinico sarcasmo, Claudia Venuti illustra una serie di casi umani, alcuni divertenti, altri veri eroi tragici di una storia Shakespeariana. Comunque, ciò che rimane è una buona dose di speranza e che, alla fine della fiera, il vero amore arriva per davvero nel momento in cui meno lo cerchi. In questa intervista la scrittrice racconta ai nostri lettori la sua personale rivalsa negli amori e nei rapporti umani.

Ciao Claudia, innanzitutto benvenuta su The Soundcheck che tra l’altro è casa tua! Ho avuto il piacere di leggere il tuo libro e devo confessarti che appassionarmi così tanto alle tue storie mi ha fatto sentire un po’ colpevole. Come se non vedessi l’ora di scoprire un nuovo colpo di scena. Però patteggiavo sempre per te! Il libro è un flusso di coscienza estremamente personale. Quanto e se ti è costato essere te stessa?

Eccoci, grazie per il supporto! E sì, questo nuovo libro è diverso da tutti gli altri proprio perché ho scelto di raccontare e condividere con i miei lettori una parte della mia vita, quella riguardante le mie disavventure sentimentale degli ultimi dieci anni. A dire il vero però, essere me stessa non mi è mai costato, anzi… Attraverso la scrittura ho sempre esorcizzato dolori e delusioni e ho sempre messo in discussione e in gioco la parte più vera di me. Questa volta però, non l’ho fatto inventando personaggi e storie, ma mettendoci la faccia, in tutti i sensi. Non mi è costato essere me stessa, forse a tratti mi è costato tornare con la mente ad alcuni momenti della mia vita perché riaprire alcune parentesi non è sempre facile, soprattutto quando si tratta di persone che in qualche modo mi hanno fatto del male

Cosa provavi mentre trattavi le tue delusioni amorose? Sei riuscita ad avere un giusto distacco o eri in preda ad un turbinio di emozioni?

Mentre scrivevo ho provato diverse emozioni, inizialmente ho utilizzato e sperimentato la mia parte ironica e auto-ironica, soprattutto nei primi capitoli, strada facendo però è stato inevitabile ritrovarmi a sentire di nuovo il sapore di sentimenti negativi, legati soprattutto alla rabbia. Pur trattandosi si cose affrontate e superate, ripassare al setaccio quei momenti con tutte le menzogne e le prese in giro, è stato un po’ come rivivere quei periodi. Da un lato sono riuscita a guardare tutto con distacco, dall’altro no, ma credo sia normale perché tendo sempre a sviscerare tutto, a maggior ragione con la scrittura. Sapevo che non sarebbe stato un “viaggio” semplice, ma con questo libro ho voluto chiudere qualunque spiraglio col passato, con i rimorsi e con quella rabbia che in realtà poi si è trasformata in maturità e consapevolezza.

Nel libro citi spesso un sesto senso che ti ha accompagnato durante le disavventure. Ci parli un po’ di più a cosa ti riferisci. Cosa avresti fatto se non lo avessi avuto?

Come ho scritto anche nella dedica, il mio sesto senso mi ha sempre salvata e mi è dispiaciuto non aver dato sempre e subito ascolto a quella vocina interiore che mi diceva di lasciar perdere. Io, testarda e convinta, ho sempre continuato a credere e sperare anche di fronte a fatti palesi e dimostrazioni che lasciavano presagire tutto, tranne che un reale interesse. Col tempo ho imparato ad ascoltarmi, ad ascoltare le mie sensazioni perché spesso erano un chiaro segnale, uno “stop” che mi rifiutavo di vedere, ma che in realtà poco dopo si rivelava fondamentale. Grazie al mio sesto senso, pur rischiando di sembrare una pazza paranoica, ho sempre scoperto tutto ciò che quelle persone nascondevano, se non lo avessi avuto, probabilmente avrei fatto la fine di tante altre ragazze che, ad oggi, sono ancora accanto a questi soggetti del tutto privi di trasparenza e sincerità.

Speri che le nuove generazioni di donne imparino dalle tue lezioni?

Io spero che le nuove generazioni di donne imparino ad amare sé stesse per ciò che sono, molto prima di quanto non sia riuscita a farlo io. É facile dire di volersi bene o amarsi, ma in realtà prima di arrivare alla piena consapevolezza di noi stesse e del nostro valore a volte la strada è molto più lunga di quanto si possa credere. Io ci ho impiegato diversi anni e delusioni, poi, nel momento in cui ho deciso che avrei smesso di rincorrere ed elemosinare attenzioni e amore, ho scoperto il mio vero valore, quello della mia persona e da quel momento non ho mai più permesso a nessuno di calpestarlo.

Tra i vari casi raccontati nei tuoi libri mi ha colpito in particolare quello di Enrico. È stata una storia molto breve ma questo ragazzo ha usato parole molto dure nei tuoi confronti e verso un tuo libro. In merito a ciò, ritieni che la scrittura sia classista? Quali effettive caratteristiche servono per scrivere?

Enrico era solo un narcisista esaltato, una persona talmente piena di sé che fortunatamente ho abbandonato al primo appuntamento (da cui non vedevo l’ora di scappare). Usò parole molto dure su quello che all’epoca era il mio primo libro, non ancora pubblicato e ricordo la sensazione di amarezza nel sentir parlare in quel modo quel ragazzo. Io non penso che la scrittura sia classista, la scrittura è scrittura e personalmente è sempre stata la mia auto-terapia, un modo per accarezzare le mie paure, le cose che non riuscivo ad esternare e tutte quelle che credevo fossero debolezze. Il fatto di non aver frequentato un liceo classico o di non avere una laurea in lettere non significa nulla perché avere qualcosa dentro, qualcosa da raccontare a sé stessi o a qualcuno, non necessita di una laurea, ma di un cuore. L’unica caratteristica che cerco di salvaguardare e portare avanti è l’autenticità.

Hai mai pensato che la tua professione avesse potuto rappresentare un aspetto negativo nelle tue relazioni con gli uomini? Hai, forse, regalato un pezzo di te, tramite i tuoi libri, a degli sconosciuti e loro si sono approfittati della tua persona senza conoscerti davvero?

Assolutamente sì, ho regalato molti pezzi di me tramite i miei libri, e la parola “approfittare” credo sia la più adatta in questo contesto perché è ciò che hanno realmente fatto. È facile approfittarsi delle persone buone o di quelle particolarmente fragili e bisognose di ricevere almeno una briciola di ciò che sono in grado di donare. Nessuno di loro mi ha mai conosciuta davvero perché quando la persona che hai di fronte, nonostante tutto, ti trasmette insicurezza, non ci sentiremo mai libere di essere realmente noi stesse, tenderemo naturalmente a voler proteggerci. La mia professione per alcuni di loro è stata solo un ottima scusa e mezzo per arrivare a me e conquistare la mia fiducia.

“Pensavo fosse amore, invece era un caso umano” ti ha aiutato a dare una nuova prospettiva alle tue disavventure in amore?

Questo nuovo libro mi ha dato la conferma di cui avevo bisogno, la certezza di aver cambiato prospettiva e di aver messo da parte persino il dolore perché alla fine è arrivata la persona giusta e questo bagaglio di passato è rimasto fermo nel passato. Non l’ho trascinato con me e non c’è traccia di ciò che è stato nel mio presente. Ci ho fatto pace.

Spesso crediamo che a causa di chi ci ferisce, ne possano pagare le conseguenze gli altri o chi verrà dopo. Io posso affermare con assoluta certezza che, dal momento in cui, dopo un lungo lavoro su me stessa ho preso atto e coscienza del mio valore, la persona che è arrivata non ha subito nulla di ciò che ero o avevo vissuto perché è stata la persona a cui ho regalato la vera me, quella che per anni avevo protetto e che, a tratti, non avevo ancora avuto il piacere di conoscere. Credevo di aver dato tutto e invece no, il meglio era ancora nascosto dentro me.

Perché bisogna ancora credere nell’amore dopo tutti quei casi umani?

Perché le persone fortunatamente non sono tutte uguali, anche se ho temuto fosse così. Anzi a dire il vero ad un certo punto ero certa che sarei rimasta sola per sempre perché la sola idea di provare a fidarmi ancora di qualcuno, mi terrorizzava. Avevo paura di cascare ancora in qualche trappola. Avevo un’idea ben chiara di amore e di insieme, un’idea che somigliava ad un’utopia stando alla realtà, ma stando alla mia fantasia, a ciò in cui credevo con tutta me stessa, no. Una parte di me, probabilmente la più forte, non ha mai smesso di credere che prima o poi sarebbe arrivata la mia persona, quella con la quale avrei condiviso davvero tutto, senza la paura di essere abbandonata.

Cosa scriverebbero di te i protagonisti del tuo libro? A quale descrizione corrisponderesti dal loro punto di vista?

Voglio essere sincera: credo non saprebbero neanche lontanamente trovare le parole giuste per descrivermi e non credo possano esprimersi, stanno bene nei loro angolini, in silenzio, a vivere le loro finte vite. I loro punti di vista sarebbero una serie distorta di punti di vista. Incapaci di conoscere e descrivere loro stessi, se non inventando storie, vite immaginarie e scuse, temo sarebbe troppo chiedere loro di provare a scrivere qualcosa di me, decisamente e nettamente lontana da loro.

C’è qualcuno che ringrazi di questi casi umani, nonostante tutto?

A dire il vero li ringrazio tutti, dal più “innocuo” fino ai peggiori perché tutti, ma davvero tutti, hanno contribuito alla mia crescita e al mio acquisire sempre più consapevolezze. Certo mi sarei risparmiata volentieri qualcuno, ma alla fine è andata bene così perché ad un certo punto sapevo benissimo cosa avrei voluto e cosa non avrei mai più accettato e voluto da un rapporto. Mi hanno aiutata a capire soprattutto una cosa, che ascoltarmi è e sarà sempre la cosa migliore da fare, assecondare le mie sensazioni è l’unico modo per stare in pace con me stessa. Grazie a loro sono diventata molto più selettiva ed esigente anche in altri ambiti relazionali della mia vita. Dare sempre tanto a chiunque non significa che poi ci tornerà tutto indietro, quindi bisogna fare attenzione e imparare a “dosare” e selezionare accuratamente le persone di cui circondarsi.

a cura di
Noemi Didonna

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