Sergio Andrei: il mio “PULP” non è finzione ma realtà
Cosa accade quando musica e cinema si mescolano indissolubilmente? In alcuni casi la musica può diventare immagine, un corto, in altri è proprio il cinema a diventare un album; stiamo parlando di “PULP”, il nuovo album di Sergio Andrei, fuori il 28 gennaio. Affascinati dalle sue canzoni e dai videoclip scritti direttamente da lui, non poetavamo non intervistarlo. Ecco che cosa ci siamo detti!
Ciao Sergio benvenuto su The Soundcheck! Il 28 gennaio pubblichi il tuo album “PULP”: Già dal titolo possiamo presagire qualcosa di splatter o disturbante…ci sbagliamo?
Allora, diciamo che non lo vedo proprio splatter e forse neppure disturbante… Il nome “Pulp” è nato inizialmente in studio… Wibe (Walter Babbini) disse per scherzo “Il tuo è un pulp pop”. La definizione mi piacque- innanzitutto perché volevo un titolo breve e poi perché in pulp ritrovavo diversi mondi. È una parola che viene da “polpa” e descrive in primo luogo i magazine che venivano venduti in america per pochi spicci. Erano giornali fatti con cartaccia e le storie spesso non erano niente di che… si passava dal giallo all’erotico… i generi erano molteplici.
Mi piaceva dunque l’idea di una cosa sporca, da poche lire… soprattutto come opera prima, e che racchiudesse storie da sfogliare. La definizione è poi divenuta più specifica e si è allargata ad altro. “Produzione letteraria o cinematografica a carattere popolare, contraddistinta da una ricerca esasperata dell’eccessivo e del sensazionale.” Ecco. A volte porto all’estremo dei concetti o degli spaccati di vita reale. Sia in maniera tragica che ironica.
Il sopra le righe mi piace se ha attinenza con il reale. “Brava che sei” ne è un esempio… di certo non frequentavo guardie pedofile o madri che ascoltano rap… è un estremismo.
In che modo sei riuscito a coniugare le situazioni assurde tipiche di una pellicola di Tarantino all’interno della quotidianità romana?
Ricollegandomi alla risposta di prima, probabilmente non lego Tarantino in quanto tale alla capitale. Ciò che mi piace pensare è poter calare quelle caratteristiche del “pulp” nella vita quotidiana di un ragazzo qualsiasi. Alla fine, Tarantino ha creato un suo genere e un suo tratto riconoscibile, ma esso è composto da continue citazioni bulimiche. Ogni suo film è citazione di altro in senso estremo e lo stesso con Pulp ha portato nel cinema qualcosa che collegava ai magazine in America.
Ti succede spesso di lasciarti influenzare dal cinema per quanto riguarda la creazione musicale?
Sono due strade che sento andare sempre parallele. Ho mesi in cui non credo più in una, altre in cui non credo più nell’altra. Nei videoclip le faccio incontrare… ma spesso una canzone mi influenza una canzone e un film mi fa venire voglia di sceneggiatura…
Abbiamo notato che anche i video che accompagnano alcuni brani del disco, somigliano molto a dei cortometraggi: come nasce la loro sceneggiatura? Te ne occupi in prima persona?
Sì, come dicevo prima musica e cinema si fanno strada dentro di me e compongono la mia formazione fin da piccolo. Nei video sono riuscito, grazie anche al team e agli amici, a creare un primo step di unione. Nell’ultimo video, “Ciò che rimane”, oltre ad aver scritto il testo con sketch, ho curato la regia. È stato una piccola esperienza ma importante. Spero mi possa servire per provare a farlo con un corto.
Su The Soundcheck ci occupiamo anche di cinema, non possiamo quindi non chiederti quale film ci consiglieresti di vedere e che ci permette di entrare meglio nel mood del tuo album (oltre a Pulp Fiction ovviamente)!
Tosta tosta! “L’uomo che non c’era”,“La haine”, “vie da boheme” e poi, un film che casualmente ci consigliò Libero de Rienzo ascoltando e leggendo alcune cose… “Perdizione” di Bela Tarr …probabilmente ci vide il tema del bancone e del bar. Un grande abbraccio a lui. (Vedendo i titoli mi sa che ho un problema con il bianco e nero)
a cura di
Ilaria Rapa