Tra emancipazione e segregazione: la donna nella storia antica

Tra emancipazione e segregazione: la donna nella storia antica
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La nostra storia è caratterizzata da una continua evoluzione di norme, valori e ruoli sociali, frutto dell’acquisizione di nuovi metodi e tecniche utili a fronteggiare i problemi della vita.
Argomento di grande interesse sociale è il ruolo della donna nella società, ruolo che cambia nei vari Paesi del mondo.
Secondo diverse credenze errate, la donna ha sempre avuto, soprattutto in epoca antica, un ruolo marginale e sottomesso all’uomo. Per sfatare in parte tale mito, in questo articolo analizzeremo il mutamento del ruolo della donna nella storia antica, partendo dall’età Paleolitica, passando per le civiltà mesopotamiche e arrivando, in ultima analisi, al ruolo della donna durante l’Impero romano. Tramite questo breve excursus vedremo come il mutare degli stili di vita e, soprattutto, il passaggio dal Paleolitico al Neolitico, hanno portato trasformazioni nelle società.

La donna nel Paleolitico

Dall’alba dei tempi l’uomo ha sempre sentito il bisogno di dare spiegazioni a tutto ciò che non riusciva a capire. Questo bisogno porta alla creazione di una divinità onnipotente, onnisciente e creatrice, la Grande Madre, simbolo della terra e della fertilità (umana e vegetale), capace di generare la vita da sé stessa. È Signora del cielo, della terra e delle acque, Signora del tempo, presiede al ciclo della nascita, della vita, della morte e della rinascita.
Si parla di un archetipo “femminino” documentabile tramite numerosi manufatti come le statuette delle “Veneri”; tutti i popoli mediterranei del Paleolitico lasciano tracce del culto della Grande Madre.
Probabilmente questo culto nasce in società molto legate alla natura, non dimentichiamo che in questo periodo si parla di forme di società nomadi

Venere del Paleolitico, caratterizzata da seno e fianchi abbondanti, simbolo di fertilità.

Per quanto siano scarse le testimonianze in questo periodo storico, si ipotizza che all’interno di tali comunità i ruoli sono suddivisi in base al genere. L’uomo è impegnato nella caccia, la donna nell’agricoltura dalla quale acquisisce una serie di conoscenze sulla corretta crescita delle piante, compresi i loro poteri curativi o velenosi.
La caccia non soddisfa da sola il fabbisogno della comunità, mentre gli alimenti di origine vegetale ricoprono circa il 60% dell’apporto nutritivo totale.
Si può quindi affermare che le donne svolgono una larga fetta del lavoro necessario alla sopravvivenza del gruppo.

Le prime fasi del Neolitico

Con l’avvento del Neolitico e la scoperta del ruolo maschile nella creazione della vita, si assiste alla comparsa del dio della vegetazione, il Paredro(termine di origine greca che significa “chi siede accanto”) della grande dea, dio maschile che nasce e muore annualmente.
È nel V millennio che si comincia a celebrare tramite culti e riti la nascita e la morte umana e vegetale; uno dei riti più interessanti vede il paredro come vittima sacrificale, sacrificio necessario per cedere il posto ad un nuovo dio più giovane l’anno successivo.
Adesso la Grande Madre si trasforma, si accompagna al suo “paredro”e assume valenze simboliche nuove, adattandosi sempre di più alle esigenze dei gruppi umani ormai sedentari.

Con il Neolitico si hanno cambiamenti all’interno della struttura della società, in particolare l’adozione dell’agricoltura come principale pratica di sussistenza, cambia in modo graduale il ruolo della donna. L’avvento delle prime macchine agricole (aratri e attrezzi vari), richiede un apporto di energia e forza fisica tali da far subentrare al posto delle donne la figura maschile. Inoltre la comparsa delle prime forme di guerra vede l’uomo sempre più impegnato nella vita militare.
La perdita del ruolo di agricoltrice accresce il ruolo della donna all’interno della casa: in questa fase si colloca un aumento progressivo delle nascite e della sopravvivenza dei bambini, proprio perché la madre dispone di maggiore tempo per la loro cura. Oltre al ruolo domestico la donna, sfruttando i prodotti della terra e dell’allevamento, sviluppa attività di tipo artigianale e artistico.

La donna nel regno di Sumer

Fin dal 4000 a.C. i Sumeri sono stanziati nella regione meridionale della Mesopotamia, dove il Tigri e l’Eufrate si versano nel Golfo Persico. Questo popolo dà vita alle prime città-stato, alla scrittura cuneiforme e getta, inoltre, le fondamenta della matematica e della geometria.
In questo contesto la donna ha un’indipendenza quasi assoluta rispetto alla famiglia d’origine e al marito; può disporre dei propri beni, stipulare contratti e fare testamento. 

Fra il gran numero di scritti venuti alla luce grazie agli scavi archeologici, si racconta di ragazze che scelgono il loro sposo. È stato ritrovato, inoltre, il primo elenco di professioni femminili (2400 a.C.), dove sono citati i nomi delle donne che svolgevano le professioni di dottore, cuoca, scriba e prostituta. Per quanto riguarda quest’ultima figura, probabilmente si trattava di prostitute del tempio, una figura di culto collegata ai riti della fecondità.
Una donna in particolare, Ku-baba, governò la città di Kish nel 2450 a.C.; fu la prima donna governatore che la storia ricordi.

Ku-baba

Come già accennato, le frequenti guerre, rare nelle società presumibilmente matriarcali della preistoria, rafforzano il potere maschile. Proprio la crescente militarizzazione porta la donna a un gradino inferiore della scala sociale.

Sotto la dominazione babilonese

Con la dominazione babilonese la società muta definitivamente diventando patriarcale e la vita delle donne subisce un profondo cambiamento. Il matrimonio viene organizzato dai genitori per beneficio economico e le donne sono subordinate al volere delle famiglie.
In questo periodo vengono introdotte leggi che sanciscono la vita sessuale della popolazione: mentre l’uomo non deve sottostare ad alcuna norma, la donna, invece, deve rispettare numerosi divieti.

Con il codice di Ur-Nammu (2100 a.C.), condottiero babilonese che unificò l’intera regione sotto il governo della città di Ur, la condizione della donna peggiora: l’uomo può sbarazzarsi della donna in qualsiasi momento mentre la donna, se vuole separarsi dal marito, rischia la morte.
In questo contesto colei che appartiene a una classe sociale elevata conserva un minimo di potere, mentre la donna delle classi più basse può addirittura essere venduta come schiava.

La civiltà del Nilo

Nell’Antico Egitto si ha una concezione completamente diversa, la donna ha la stessa posizione giuridica dell’uomo, pur essendo gli uomini a ricoprire quasi tutte le cariche pubbliche. Secondo quanto attestato dalle fonti archeologiche, anche qui esiste una divisione del lavoro in base al sesso.
Le bambine delle classi agiate sono istruite tanto quando i bambini, imparano dagli scriba a leggere, scrivere e suonare strumenti musicali. Crescendo si occupa principalmente della casa come “Signora della casa”. Alcune donne appartenenti alle classi agiate arrivano a detenere il potere supremo, altre collaborano attivamente nelle politiche dei mariti. Hanno inoltre titoli religiosi e civili, dispongono di proprietà che amministrano e che possono dare in eredità e partecipano a transizioni mercantili senza il supporto di un tutore (marito o altra figura maschile). 

Donne egizie nella pittura

Si attesta una particolare emancipazione della donna tramite dei papiri di medicina: essi indicano rimedi per l’aborto e per favorire la contraccezione. Proprio in Egitto si parla delle prime forme di preservativo fatto in budello animale.

La cura del corpo, le acconciature e il trucco sono molto importanti per la donna egizia. Dopo la conquista dell’Egitto da parte dell’Impero romano, infatti, la donna romana viene particolarmente influenzata dalla cultura egizia. Per portare un esempio, dopo l’arrivo di Cleopatra a Roma molte donne romane iniziano a truccarsi nella stessa maniera.

La donna nell’Antica Grecia

Con la civiltà greca si assiste a una radicale segregazione della donna; prima caratterizzata da una certa autonomia, per non parlare della libertà della donna egizia, adesso assume un ruolo passivo, prevalentemente domestico, subordinata al padre e, successivamente, al marito. La donna ha compiti di natura prettamente domestica, controlla gli schiavi e gestisce la casa. Può uscire di casa solo per le feste religiose o per eventi di carattere familiare (matrimoni, nascite), per il resto è relegata all’interno delle mura domestiche.

Le donne greche e i lavori domestici

Con l’avvento della democrazia la sua condizione va a peggiorare sempre di più: tutte le donne che possono avere figli vengono quasi completamente relegate in casa.
Vista come “oggetto”, viene considerata come parte del patrimonio del padre e, successivamente, del marito. Il matrimonio, infatti, si basa sul concetto di dono, il padre offre al marito la figlia in “dono”, insieme alla dote.

Le uniche donne veramente libere erano le eteree, ovvero le cortigiane. Perlopiù ex schiave o straniere, esse offrono prevalentemente prestazioni sessuali. Questa figura si può paragonare agli attori di oggi; le eteree si esibiscono, infatti, in spettacoli di musica e danza per l’élite romana. La loro autonomia è tale da poter gestire autonomamente i loro averi e uscire di casa a proprio piacimento. 

È opportuno fare una distinzione tra la condizione della donna a Sparta e ad Atene.
A Sparta la donna è leggermente più libera, soprattutto per quanto riguarda l’attività fisica dove uomini e donne hanno pari uguaglianza. L’importanza dell’attività fisica a Sparta è da ricercarsi nel culto, molto sentito all’interno della popolazione, della forza e della volontà.
Ad Atene invece la donna è completamente reclusa, rispecchiando la tipica concezione della donna greca.

Solamente in campo religioso la donna ha gli stessi diritti dell’uomo; le donne sposate, madri di famiglia con buona reputazione possono essere elette sacerdotesse.

La libertà della donna etrusca
Statua di una donna etrusca

Nessun altra donna come quella etrusca gode di così tanta emancipazione, libertà e autonomia, soprattutto nella zona dell’ Etruria (Toscana). Un esempio lampante è la presenza di un nome proprio per la donna, al contrario della donna greca e romana.
Dalle fonti ci è giunta l’immagine di una donna raffinata, orgogliosa, gentile, che gradisce i piaceri mondani, ama vestirsi e agghindarsi con gioielli, dedica molto tempo alla cura del corpo e ricopre un ruolo significativo sia a livello familiare che sociale. Si pensa pure che le donne si muovessero o viaggiassero in assoluta autonomia; in questo caso viene a mancare la figura del padre o del marito accompagnatore. 

A differenza delle sue contemporanee, partecipa ai banchetti signorili, affiancando il marito nell’accoglienza degli invitati e bevendo e mangiando assieme a loro. Può inoltre partecipare a spettacoli pubblici, come feste locali, religiose, danze ed assistere a gare sportive.
Le iscrizioni trovate su alcuni vasi antichi testimoniano, inoltre, che furono loro stesse titolari di attività commerciali.

La donna romana

Prima di approfondire questa figura è giusto precisare che tra l’età arcaica e repubblicana e il periodo dell’Impero lo status delle donne cambia.
Partendo da questa premessa, in età repubblicana la donna non ha alcuno statuto giuridico, non può possedere nulla, non ha diritti politici e civili poiché per sposarsi o ereditare ha bisogno di un tutore

La donna romana, a differenza di quella etrusca, non ha nome proprio, viene definita in base alla gens (gruppo di famiglie che si riconosce in un antenato comune e pratica culti comuni) di appartenenza.

Affresco donne romane

Con l’avvento dell’Impero si hanno alcune novità. Si passa a un matrimonio senza tutela, la sposa non passa più sotto l’ala del marito, ma rimane sotto quella del padre o di qualche altro componente della sua famiglia. Inoltre può amministrare i propri beni, divorziare, contrarre nuovo matrimonio e, soprattutto, curare gli interessi politici ed economici del marito se lontano. Pur non avendo alcun diritto politico da questo momento in poi può partecipare alla vita politica. Sono molti gli esempi di donna come Fulvia, moglie di Marco Antonio, e Terenzia, moglie di Cicerone, che influenzarono ingentemente la vita pubblica dell’Impero.

L’avvento del Cristianesimo radica maggiormente l’ideale secondo cui la donna è un essere inferiore, capace solo di procreare e curare gli interessi familiari; da qui la donna perde del tutto autonomia e si identifica con la figura della sposa cristiana: asservita al marito, ai figli e devota a Dio.

Considerazioni finali

Abbiamo visto come, a differenza delle credenze comuni, la donna non ha sempre avuto un ruolo marginale nella società. Per quanto non se ne parli molto nei libri di storia, principalmente orientati su uno sguardo maschile, è importante tener conto dei contributi che hanno apportato nella storia: dalla rivalutazione della libertà personale da parte delle donne romane dopo l’arrivo di Cleopatra all’ingente influenza politica data da molte consorti nel periodo romano.
La storia della donna è piena di ostacoli, privazioni e dipendenza che la caratterizzano, purtroppo, ancora oggi in vari Paesi del mondo. In realtà nemmeno nei Paesi maggiormente sviluppati è arrivata ad avere pari diritti.
Lasciamo così al lettore uno spunto di riflessione personale.

a cura di
Chiara Zago

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