DiscOttanta – Ci vuole orecchio di Enzo Jannacci

DiscOttanta – Ci vuole orecchio di Enzo Jannacci
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Enzo Jannacci ha costruito un mondo, si è posto in relazione con questa realtà fatta di emarginati-buffoni, di esclusi ridicoli e di persone meno abbienti che ridono giusto per riuscire ad andare avanti. (..) Gioca con i personaggi che ha inventato, li fa muovere, li fa vivere e mostra a chi non si accorge mai di niente, una parte del mondo in cui viviamo.

Peccato l’argomento
Sandro Patè

Enzo Jannacci è un personaggio fuori dal comune, è riduttivo definirlo cantautore perché è stato tante cose: pianista jazz sopraffino, comico ma anche un medico entrato nell’equipe medica di Barnard, uno dei primi luminari ad aver praticato un trapianto di cuore, cintura nera di karate e culturista, autore televisivo. Eppure ognuna di queste attività Jannacci riusciva a viverla con leggerezza ma, allo stesso tempo, con una profondità unica, come salire su una giostra o come accade a tutti nella vita, fra allegria e tragedia.

Tempo fa andai a suonare col mio gruppo al Teatro Socjale di Piangipane, Jannacci era stato a suonare lì qualche anno prima di morire. La tradizione del teatro vuole che a metà concerto ci si fermi per mangiare tutti degli ottimi cappelletti al brodo. Jannacci tirò dritto trascinando con sé tutta la band e dimenticandosene, ma gli organizzatori lo ricordano ancora come uno dei concerti più emozionanti di quella stagione.

Il DiscOttanta che andiamo a presentarvi oggi è Ci vuole orecchio

Uscito esattamente nel maggio 1980 è stato uno dei dischi più venduti del cantautore milanese ( cinque mesi in hit parade fino al settimo posto). Nel disco non sono citati, ma fra i musicisti abbiamo Sergio Farina alle chitarre, Julius Farmer al basso, Gianni Dall’Aglio e Flaviano Cuffari alla batteria. Gli arrangiamenti invece sono affidati a Jannacci e Roberto Colombo.

Le canzoni dell’album

Si parte con Musical: a mio parere la canzone migliore del disco, la più sentitamente jannacciana con un testo aperto a diverse interpretazioni. Descrive l’incomunicabilità di due operai che sono costretti per anni a lavorare fianco a fianco. Ma improvvisamente, il colpo di genio: la scala mobile diventa parte di un musical come una fuga da un destino mediocre e senza speranza. Musicalmente la musica segue gli stati d’animo dei protagonisti; inizia con un accompagnamento voce e piano malinconico per aprirsi ad un’orchestrazione completa dai mille colori.

Si passa alla title track Ci vuole orecchio scritta insieme agli autori Gino e Michele

Anche questa canzone si presta a tante interpretazioni, ma in realtà (secondo gli autori) parla degli intellettuali e la loro difficoltà di parlare alla gente comune (la base). Noi abbiamo la voce in gola ma senza base non si può cantare e con la base non si può stonare. Il singolo fu pubblicato perfino in Germania, ma quando un brano aveva successo Jannacci seguiva la strada opposta, infatti lo ha suonato raramente nei suoi concerti.

Fotoricordo.. il mare al contrario è uno dei brani meno conosciuti proprio perché ha una malinconia di fondo e perché scoperto come una ferita in superficie, senza un ritornello accattivante e la spensieratezza del brano precedente. Il mare è la metafora della vita di quelli che vorrebbero trovare un senso, malgrado tutto (vederlo schiumare) e altri che invece sono impegnati a cose più futili (parlare, mangiare, guardarsi parlare).

Paolo Conte, autore della canzone successiva La sporca vita ha dichiarato a proposito di Jannacci: “Ho avuto la fortuna di trovare un interprete come Enzo, che per me rimane il più grande cantautore che l’Italia abbia espresso. Jannacci è il personaggio con una dose di follia geniale”. Pur non essendo stato scritto da lui, il brano riassume una delle linee guida del pensiero jannacciano: la vita fa schifo, tradisce senza pietà ma la considera comunque un’esperienza irrinunciabile.

Silvano non volevole ciccioli

Altro brano scritto in collaborazione il successivo Silvano. Questa volta i colleghi-amici sono Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto che incisero il brano nel 1978. Uno dei primi testi coraggiosi usciti in Italia sul tema dell’omosessualità ma con leggerezza e ironia.

Si continua con Quello che canta onliù, è un brano autobiografico, descrive le aspettative che la gente ha nei riguardi di un artista considerato come un intrattenitore o una sorta di profeta. Jannacci si è sempre considerato un saltimbanco, non ha mai amato la prigionia del ruolo di cantautore e per questo è rimasto segregato come artista di culto, non classificabile.

Si vede è un brano quasi sconosciuto ma, in realtà, rappresenta bene un altra peculiarità di Jannacci: la sua capacità di osservare e descrivere gli aspetti della povera gente e la loro disperazione.

Si chiude con Il dritto. In realtà si tratta della ripresa del brano omonimo inciso da Jannacci nel 1970. Descrive una festa e un personaggio, il dritto appunto, incapace di relazionarsi con gli altri, superficiale e timoroso. Un atteggiamento di chiusura che impedisce di accettare la vita che riesce, talvolta e malgrado tutto, a regalare anche gioie.

Concludendo: se non vi piacciono le apparenze e avrete la pazienza di seguire Jannacci vi consiglio di entrare nel suo mondo apparentemente sconclusionato ma ricco di grande umanità e di valori universali.

a cura di
Beppe Ardito

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Beppe Ardito

Da sempre la musica è stata la mia "way of life". Cantata, suonata, scritta, elemento vitale per ridare lustro a una vita mediocre. Non solo. Anche il cinema accompagna la mia vita da quando, già da bambino, mi avventuravo nelle sale cinematografiche. Cerco di scrivere, con passione e trasporto, spinto dall'eternità illusione che un mondo di bellezza è possibile.

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