Il 9 novembre 1989 è una data straordinaria, il giorno in cui tutto cambiò per sempre. In quella sera di novembre “cadde” il muro di Berlino
Il reading teatrale “Berlino, cronache del muro” tratto dall’omonimo libro uscito qualche mese fa, porta sul palco del Teatro degli Atti di Rimini il suo autore, Ezio Mauro, in compagnia dell’attore Massimiliano Briarava, seconda voce narrante.
La scenografia è scarna: due tavoli contrapposti, l’Est e l’Ovest, che ricordano però anche gli uffici della Stasi, il Ministero della Sicurezza di Stato che dal 1950 al 1989 sorvegliò, o meglio spiò, le vite di milioni di berlinesi. Alle loro spalle, sullo schermo, vengono proiettate fotografie di Berlino, prima, durante e dopo la barriera di cemento che cambiò la storia.
Ezio Mauro ripercorre i fatti che hanno portato alla costruzione del muro, fino alla sua caduta: la DDR, il blocco di Berlino Ovest, le rivolte, la notte surreale tra il 12 e il 13 agosto 1961, quando famiglie intere, amanti, amici furono separati, le file fuori dai negozi, i morti. Sullo schermo si rincorrono le cifre: sono centinaia le persone rimaste uccise, tutte nel tentativo di oltrepassare quella maledetta barriera. E poi il muro, simbolo sacrale, in cemento e filo spinato, dell’insicurezza del regime comunista che per ventotto anni spezzò Berlino, e il mondo intero, in due blocchi. Quello occidentale e quello orientale.
Quello che sorprende è la normalità
Tutto l’Occidente si disinteressò del muro. Kennedy, avvisato con un clamoroso ritardo di 17 ore, non lascerà la sua residenza di vacanza. Lo stesso fece De Gaulle. Da un giorno all’altro le comunicazioni tra i paesi del blocco occidentale e quello sovietico si interruppero. Da un giorno all’altro venne costruito, nell’indifferenza totale, un muro. Gli unici a cui sembrava importare qualcosa erano loro, i berlinesi. Che si svegliarono una mattina, all’improvviso, divisi.

Di muro si moriva
Qualcosa tra quelle feritoie, in mezzo a quel filo spinato riuscì comunque a passare. “Non si può fermare il vento”, ci ricorda Ezio Mauro. Non si possono fermare i sogni. Soprattutto quelli spinti dal desiderio di libertà.
Assurdi, geniali o disperati che siano. Come quello della coppia che tentò di approdare ad Ovest a bordo di una mongolfiera fatta in casa. L’uomo, solo lui, riuscì ad oltrepassare il muro, ma il suo sogno poco dopo si infranse al suolo, dove si schiantò.
Sfilano le immagini d’epoca: le Trabant, le stoviglie in plastica della Ddr, lo spionaggio legalizzato della Stasi, gli intellettuali che si tradirono l’un l’altro. La scrittrice Christa Wolf, ad esempio. Dopo la caduta del muro si saprà che fu informatrice della Stasi e che aveva scritto una informativa su alcuni suoi colleghi. “Dopo aver venduto l’anima, si può ancora scrivere d’amore?”, si chiede Ezio Mauro.
E poi c’è lui: David Bowie, a fare da colonna sonora alle fotografie con la sua Heroes. Le casse rivolte ad Est come nel concerto del 1987, segno che qualcosa stava cambiando.
Fino a quella notte, l’ultima, il 9 novembre 1989: con l’annuncio in tv dell’apertura immediata delle frontiere. “Sofort” annuncia, preso alla sprovvista Günther Schabowski. Da subito. Decine di berlinesi, finalmente uniti, si rigettarono in strada. Seduti a cavalcioni sul muro o in piedi di fronte alla porta sigillata di Brandeburgo ridevano, applaudivano, formarono ingorghi. Le bande suonavano, le persone si abbracciavano. Dopo ventotto anni il muro era caduto. Ventotto anni. Tanti, ma non abbastanza per spegnere il desiderio di libertà.

A cura di
Daniela Fabbri
Foto da
Unitina.it
Liberta.it
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