La valle dei sorrisi – la recensione del nuovo horror di Paolo Strippoli

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La valle dei sorrisi è il nuovo film horror di Paolo Strippoli, presentato fuori concorso all’82esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nel cast: Michele Riondino, Giulio Feltri, Paolo Pierobon e Romana Maggiora Vergano. Attualmente in sala, distribuito da Vision Distribution.

Dopo A classic horror story (2021) diretto a quattro mani insieme a Roberto De Feo e Piove (2022), Paolo Strippoli torna in sala con La valle dei sorrisi. Con questa nuova pellicola, l’autore conferma nuovamente la sua intenzione di voler raccontare drammi e tematiche umane attraverso il thriller e l’horror.

Questa sua ultima opera parla di accettazione del lutto, depressione, abuso, sfruttamento, religione, dipendenza, omosessualità e difficoltà adolescenziali. Il film affronta questi temi in modo calibrato, senza fare un miscuglio sconclusionato, mettendo sempre più in mostra la maturità artistica di Strippoli.

Trama

Sergio (Michele Riondino) è un insegnate di educazione fisica che viene trasferito in un paesino di montagna di nome Remis, famoso principalmente per un brutto incidente ferroviario avvenuto anni prima. Il protagonista noterà fin da subito un atteggiamento strano da parte dei paesani, sempre felici e sorridenti in qualunque circostanza.

Questa felicità collettiva è causata da Matteo (Giulio Feltri), un ragazzo adolescente, studente di Sergio, con una strana capacità: assorbe la sofferenza e il dolore delle persone che abbraccia. Nonostante l’insegnante stesso usufruirà del potere di Matteo, si rivelerà l’unica persona a capire e a legare umanamente con il ragazzo, portandolo involontariamente in una discesa nel baratro che coinvolgerà tutta Remis.

La crescita di Paolo Strippoli

Come accennato poc’anzi, La valle dei sorrisi è un grande passo avanti nella crescita artistica di Strippoli. Se A classic horror story colpì per il mondo in cui parodizzava il genere e Piove si dimostrò un grande dramma familiare a metà tra Babadook e La città verrà distrutta all’alba, quest’ultima pellicola è un ottimo film drammatico a tinte horror.

Remis è dal primo minuto inquietantissima. Un paesino sperduto che vive di artificialità, felice esteriormente grazie alla capacità di Matteo, ma interiormente morto a causa del trauma dell’incidente ferroviario. I suoi abitanti sono degli sconfitti dalla vita, incapaci di affrontare i loro lutti e la depressione che ne consegue. Sono talmente disperati che non si fanno scrupolo a sfruttare e a divorare la felicità e la crescita sana di un adolescente, venerandolo come un messia ma usandolo come una droga, da prendere periodicamente ogni volta che il dolore emotivo torna a manifestarsi.

La bravura di Paolo Strippoli sta nella sua scelta di rivelarti fin da subito le peculiarità del paesino, per poi prendersi tutto il tempo necessario a costruire il legame tra Sergio e Matteo. In quanto esterno alle dinamiche di Remis, l’insegnante è l’unico a vedere il ragazzo in quanto essere umano. Gli permette di fare sport come tutti gli altri, ride e scherza con lui. Ma soprattutto, gli è riconoscente per avergli alleviato le sofferenze, ma non lo considera un favore dovuto obbligatoriamente e comprende come questo potere gli causi male a sua volta.

La caratterizzazione e lo sviluppo del personaggio di Matteo

La scrittura del personaggio di Matteo dimostra una cura non indifferente. Un adolescente che vorrebbe vivere la sua vita normalmente, come tutti gli altri, ma che a causa del suo dono (o maledizione) è praticamente usato come una spugna. Tutti gli abitanti di Remis, in primis il padre e il parroco, sfruttano Matteo senza vergogna. La venerazione religiosa (con tanto di quadri a sfondo religioso nelle case) è puramente egoistica. Il ragazzo è un oggetto, che ha il compito di alleviare con un abbraccio il dolore altrui e poco importa se ciò gli causa disagio o addirittura sofferenza.

Tutto questo porta Matteo a chiudersi a riccio. Non è capace di dire di no e non si sente libero di esprimere i primi impulsi e attrazioni sessuali (disagio aggravato anche a causa del suo orientamento omosessuale). Il ragazzo non riceve neanche supporto dal padre, che anzi è il primo ad opprimerlo e a costringerlo a “fare il suo dovere verso gli abitanti del paese”. Sarà il rapporto con Sergio che lo porterà a ribellarsi, anche se ciò condurrà ad una rapida discesa nella follia.

I temi trattati

Il personaggio di Matteo incarna la maggior parte delle tematiche espresse dalla pellicola. Se la religione, l’abuso e l’omosessualità sono temi di contorno, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la depressione e l’accettazione del lutto. Il dolore per una perdita è la tematica principale del film, il suo cuore pulsante. Senza ombra di dubbio, è l’elemento che porta La valle dei sorrisi ad essere catalogato più come dramma/horror psicologico, che come un horror a sfondo sovrannaturale.

Non c’è un singolo personaggio all’interno della pellicola che viene risparmiato da questo tema. I paesani, ognuno per il suo motivo, portano ancora dopo anni lo strascico dell’incidente ferroviario. A causa del suo potere, Matteo assorbe il dolore, rendendolo suo. Ma è Sergio quello che soffre più di tutti, per un lutto che è troppo forte da affrontare, e che, fino all’incontro con il ragazzo, affogava nell’alcol.

La valle dei sorrisi va a confermare ulteriormente la capacità del genere horror di sposarsi con un tema tanto delicato come l’accettazione del lutto. Negli ultimi anni abbiamo avuto tantissimi esempi del genere, da Babadook fino ad arrivare ai recenti Talk to me e Bring her back. Il film di Strippoli riesce con dignità a mettersi al fianco di queste pellicole, pur non essendo loro pari.

Unica nota negativa, La valle dei sorrisi si porta con se uno dei problemi più tipici del genere horror: la mancanza di logica nel comportamento dei personaggi. Qualsiasi persona al posto di Sergio, specie per l’atteggiamento dei paesani verso di lui, avrebbe fatto i bagagli molto prima della ribellione di Matteo.

In conclusione

La valle dei sorrisi si può definire con orgoglio un bel film di genere nostrano. Ereditario di idee e sviluppi legati più al cinema americano, ma perfettamente adattati nella nostra realtà italiana. Paolo Strippoli cresce sempre di più e si conferma uno dei talenti più interessanti del panorama cinematografico nostrano.

Fate un favore al cinema horror italiano, che sta tornando ancora in maniera troppo timida, e soprattutto fate un favore a voi stessi e andate al cinema a vederlo. Non solo supporterete il cinema di genere qua in Italia, ma verrete deliziati da quello che, senza dubbi, possiamo annoverare tra i migliori titoli del 2025.

a cura di
Andrea Rizzuto

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