The Girl with the Needle: il cupo dramma di Magnus Von Horn candidato all’Oscar

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Presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes, The Girl with the Needle dello svedese Magnus Von Horn è ora disponibile in esclusiva sulla piattaforma MUBI. Ambientato nella Copenaghen del primo dopoguerra, la pellicola danese è candidata agli Oscar 2025 come miglior film internazionale.

Era dal 2022 che la Danimarca non entrava nella cinquina degli Oscar per il miglior film internazionale. L’ultima volta è stato Jonas Poher Rasmussen, con il documentario animato Flee, a rappresentare il suo Paese alla cerimonia più prestigiosa di Hollywood. Appena un anno prima, fu proprio la Danimarca ad aggiudicarsi la statuetta (la quarta della sua storia) con Un altro giro, diretto da Thomas Vinterberg.

Questa volta tocca a Magnus Von Horn (alla terza regia dopo Efterskalv e Sweat) fare da portabandiera al Dolby Theater di Los Angeles il prossimo 2 marzo, giorno della cerimonia di consegna degli Academy Awards (nella notte tra il 2 e il 3 in Italia). Il suo The Girl with the Needle, infatti, è stato candidato al fianco del francese Emilia Perez, del brasiliano Io sono ancora qui, del film d’animazione lettone Flow e del potentissimo Il seme del fico sacro, film tedesco diretto dal regista iraniano Mohammad Rasoulof.

Presentato in competizione alla 77° edizione del Festival del Cinema di Cannes, il film mescola finzione e realtà, portando sullo schermo una storia che gioca con i generi, incorniciata in un bianco e nero logoro e graffiante. Dal mélo al thriller in costume, dal dramma sociale al true crime, The Girl with the Needle fotografa una Copenaghen cupa e resiliente, all’indomani della fine della prima guerra mondiale.

The Girl with the Needle

Seguiamo la vita di Karoline (Vic Carmen Sonne), operaia in un’azienda tessile. In difficoltà economiche e senza marito, partito in guerra, la giovane donna si infatua del direttore della fabbrica. Messa incinta e successivamente abbandonata dall’uomo, Karoline vede sgretolarsi il sogno di una vita migliore, finendo nuovamente per strada e per di più senza un lavoro. I mesi che seguono sono lunghi e difficili, soprattutto per una donna in gravidanza e sola.

Magnus Von Horn regala poetiche istantanee di vita comune, come l’uscita dei lavoratori dalle fabbriche in un chiaro omaggio ai fratelli Lumiere, e momenti disturbanti e di grande impatto, come il tentativo di aborto auto inflitto dalla protagonista nei bagni pubblici della città.

Proprio in questa occasione Karoline fa la conoscenza di Dagmar (Trine Dyrholm, già vista in Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli), che le impedisce di concludere l’atto, promettendo di aiutarla a trovare una nuova famiglia per il bambino che porta in grembo. Dagmar, infatti, gestisce una rete di adozioni clandestine al fine di aiutare le povere donne ad affrontare gravidanze indesiderate. Un incontro che regala una svolta narrativa a dir poco agghiacciante, che si ispira a uno degli episodi di cronaca nera più famosi della storia danese.

Tra un’estetica incantevole e una narrazione altalenante

The Girl with the Needle è un film dove conta soprattutto la forma, a partire dalla sequenza iniziale che passa in rassegna volti deformi e inquadrature distorte: quasi un monito di ciò che di lì a poco vedremo sullo schermo, dove ciascuno dei personaggi indossa una maschera che cela le loro intenzioni o la loro vera natura. Poi c’è il formato in 4:3 e tutta una cura estetica che si rifà all’espressionismo tedesco.

Un estetica certamente suggestiva, che però rischia di oscurare il racconto e l’incisività dello stesso, risultando a tratti fin troppo freddo. Persino lo stesso elemento crime, dalla grande portata drammatica, non risulta del tutto efficacie e appagante, apparendo quasi del tutto scollegato da quanto visto nella precedente ora e mezza.

Ecco, quindi, che a un comparto tecnico lodevole, dall’accurata ricostruzione d’epoca alla splendida fotografia di Michał Dymek, si contrappone una narrazione altalenante e incerta nelle intenzioni. The Girl with the Needle appare come un thriller gotico non tanto interessato a costruire un racconto cupo ed enfatico del male, quanto piuttosto a mettere in scena, con la lentezza tipica del cinema nordico, un dramma sociale dove a emergere è soprattutto la differenza di classe.

Donne e maternità

Ma l’opera terza di Magnus Von Horn è anche, e soprattutto, una storia di donne. Con gli uomini al fronte, sono loro a tenere salde le redini della società. Si occupano della casa, della crescita dei figli, ma sono anche la principale forza lavoro del Paese: amorevoli e disilluse, innocenti e colpevoli, con i volti segnati dalla stanchezza, gli sguardi ora sognanti ora persi nel vuoto. E, soprattutto, sono sole. Abbandonate anni prima da uomini partiti per la guerra e tornati tormentati, feriti o brutalmente sfigurati, con i volti nascosti da maschere-ritratto o mostrati a un pubblico pagante nei Freak Show.

Donne sole, lavoratrici, vedove e madri. Ed è proprio la maternità un altro grande tema del film. Una maternità difficile e, in alcuni casi, indesiderata. Come quella di Karoline, rimasta incinta con una promessa di matrimonio, e poi allontanata. Il regista svedese dipinge un affresco crudele, dove i bambini vengono partoriti e respinti, comprati e venduti, fino a svelare una realtà oscura e piena di orrore.

a cura di
Alessandro Michelozzi

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