Scuro ci racconta il nuovo album “Multipolare”

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Fuori dal 13 dicembre “Multipolare” per Atomo World, il nuovo album di SCURO. Il disco di nove tracce è stato anticipato dai singoli “Balla” e “Daltonico”.

    “Multipolare” perché è un disco che mostra diverse facce di sé esplorando generi musicali differenti tra loro.

    Ma ecco cosa ci ha raccontato Scuro!

    “Multipolare” è un titolo intrigante. Cosa rappresenta per te questa “multipolarità” e come si riflette nelle tracce dell’album?

    Credo sia il termine che meglio rappresenta questo lavoro, un centro focale che gravita intorno a diversi poli differenti tra loro; ho messo insieme le idee in maniera libera senza schemi o limitazioni tenendole insieme attraverso il fil rouge del mio racconto e del mio imprinting personale. Mi sono sempre piaciuti gli artisti da cui non sai mai cosa aspettarti.

    Ci sono brani come “Quarantanni” e “Non ce l’ho fatta” che ricordano l’indie-rock degli anni 2000. È un omaggio a quel periodo o un’influenza costante nel tuo stile?

    Mi rivedo molto anche in quel periodo storico e in quel genere. Credo che musicalmente sia stata una fase molto importante e che sia un bene riprenderla in un periodo come questo in cui l’eco di quelle sonorità si sia quasi spenta. In quei due brani ci sento le mie influenze di Beck, David Bowie, Blur, Bluvertigo e tante altre cose.

    In “Manicomio” affronti un confronto tra generazioni. Cosa ti ha spinto a trattare questo tema e come pensi che le due generazioni possano dialogare?

    Ho voluto scrivere di questo perché mettere insieme generazioni diverse è sempre molto interessante quanto difficile. La generazione precedente tende a perdere il contatto con quella attuale; io affronto il tema dal punto di vista del “sempre giovane” ma “non più giovane” e credo che la possibilità di confronto e dialogo (e non di scontro) possa avvenire riconoscendo gli uni nei confronti degli altri gli aspetti positivi delle proprie diversità e farne un’opportunità.

    Il brano “Dopo di me” si conclude con una coda orchestrale. Cosa ti ha ispirato a inserire questa esplosione strumentale?

    L’intensità emotiva di quel brano ha richiamato in maniera naturale l’esigenza di una chiusura quasi epica, che si innalza verso qualcosa di trascendentale e “superiore”. Ho tradotto in musica tutto questo ispirandomi al mondo sperimentale beatlesiano, ispirato dai miei studi in composizione. La coda strumentale è quasi una spirale, perché pur essendo un ciclo armonico ripetuto, si evolve in continuazione.

    La traccia conclusiva “Non lo so nemmeno io, forse” ha un’atmosfera intima e acustica. Come mai hai scelto questo pezzo per chiudere il disco?

    Probabilmente è il brano più introspettivo dell’album; ho pensato che fosse giusto mettermi a nudo per l’ascoltatore che ha l’attenzione di scoprire il disco fino alla fine e non per chi si ferma in superficie.

    “Balla” è un pezzo synthpop energico, mentre “Daltonico” ha un sapore retrò e romantico. Come descriveresti il legame tra questi due brani?

    Sono due mondi differenti visti dallo stesso occhio; in entrambi i brani si avverte un senso di dolce malinconia ma anche lo stesso modo di affrontarla: la danza liberatoria e il viaggio, la scoperta.

    Con “Multipolare” hai esplorato tanti generi e temi. Quale direzione pensi di prendere per i tuoi progetti futuri?

    Ci sono sempre tante idee, il pensiero si muove e si evolve sempre. Dipenderà da come sarò sintonizzato nel momento in cui sentirò il bisogno di far ascoltare delle nuove canzoni.

    Se dovessi descrivere l’album in una sola frase, quale sarebbe?

    “Multipolare” descrive me stesso in una fase di piena libertà e di centratura interiore.

    a cura di
    Staff

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