“Longlegs” – la recensione in anteprima del nuovo horror con Nicolas Cage
Uscito in estate negli Stati Uniti, arriva finalmente in Italia uno degli horror più attesi di questo 2024: “Longlegs”. Un’anima inquietante racchiusa tra musica Glam Rock anni ’70, continue simmetrie e un protagonista invisibile, che rendono la pellicola una piccola perla rara in mezzo ad un mare di film scadenti.
Eccoci tornati ad una nuova puntata della ricerca dell’horror dell’anno, dove sarà proprio Longlegs a portarsi a casa questo trofeo? Ammetto che, sin dalla prima visione del trailer, dentro di me è scattata quella scintilla tipica di chi ha finalmente trovato IL FILM.
Sfortunatamente, nel corso degli anni tante volte è capitata questa cosa a causa della perfezione dei trailer: continuo a provare delusione per quel maledetto Suicide Squad – perché avete fatto un teaser così bello e un film tanto indecente?! – ed in tempi più recenti tante altre volte il film era semplicemente un trailer più lungo.
In questo caso le mie aspettative erano altissime, grazie ad un Nicholas Cage che, a detta di molti, pareva aver fatto una grande interpretazione e al regista Oz Perkins, figlio d’arte con in cantiere un altro film horror di prossima uscita.
Arrivato in sala, nonostante girasse voce che il film fosse carino ma non un capolavoro, sono entrato in modalità coca-popcorn, con l’ansia tipica del primo appuntamento e con la voglia di trangugiarmi i 101 minuti del film con quell’ardore che solo le occasioni speciali sanno tirare fuori.
Ansia e psiche
“Well you’re slim and you’re weak
You’ve got the teeth of the hydra upon you
You’re dirty, sweet, and you’re my girl”Bang a Gong (Get it on) T-Rex 1971
L’immagine sullo schermo è in 4/3, anacronistico rispetto a quello che vediamo solitamente oggi al cinema.
Anni ’70, inverno. Davanti ad una casa arriva un losco figuro che saluta la bambina appena uscita e, in un discorso surreale che inizia ad instillare l’ansia nello spettatore, arrivano i titoli di testa.
Stacco.
Capitolo Primo
Siamo negli anni ’90 e conosciamo la nostra protagonista, l’agente Lee Harker (Maika Monroe), che al suo primo caso denota subito un intuito fuori dal normale, tanto da vederle assegnato un caso in cui da trent’anni l’FBI brancola nel buio: il caso Longlegs.
I successivi due capitoli scivolano via col giusto ritmo, tra codici da decifrare, messaggi lasciati sulla porta e una tensione che diventa sempre più palpabile, mentre Harker si avvicina sempre più ad una verità che potrebbe essere sconvolgente.
Un crescendo strettamente collegato ad un rapporto sempre maggiore tra l’agente e il Serial Killer, una connessione quasi spirituale che accresce il senso di ansia e angoscia nel pubblico, portandolo all’immedesimazione estrema con la protagonista.
Simmetria, mia mania
Oz Perkins riesce a portare sullo schermo un film dalle tinte horror non solo in grado di non perdersi nei jumpscares (anche se comunque presenti), ma di concentrarsi sul punto focale, ovvero sul rapporto tra i due protagonisti.
Il quale, anche grazie alle musiche e alla fotografia, riesce ad avere uno sviluppo in crescendo, che porta sempre più tensione e senso di disagio. Ed è proprio questo il punto forte di tutto il film: la pellicola non vuole farsi classico, ma un thriller dalle tinte oscure, come ciliegina sulla torta.
Per gli amanti della fotografia, questo film risulterà inoltre il vero e proprio punto massimo di esaltazione. Essa è infatti curata nei minimi particolari, e l’idea di scandire il passaggio tra presente e passato con il cambio di formato è un tocco sopraffino. La scelta dell’utilizzo spasmodico della simmetria, inoltre, riesce a rendere in maniera ancor più efficace quel senso di ansia che il regista vuole trasmettere.
Altro punto fondamentale di Longlegs sono le emozioni scandite dal respiro della protagonista, che nei momenti di massima tensione sovrasta tutto il resto.
Certo, non è un film perfetto sotto ogni punto di vista: il ritmo risulta lento e a molti potrebbe far storcere il naso questo continuo progredire, funzionale però al messaggio che la pellicola vuole trasmettere.
Così come la trama, che a volte sembra sbrigativa e presentare alcuni buchi, come se si avesse paura di annoiare il pubblico.
Voleva far paura e ci è riuscito
Paragonato da molti a Il Silenzio degli Innocenti, in realtà Longlegs si avvicina al capolavoro di Jonathan Demme solo per il rapporto tra l’agente dell’FBI e il Serial Killer, ma con risvolti totalmente differenti e una storia che poco ha in comune.
Una pellicola che può essere considerata come una ventata d’aria fresca nel panorama dell’horror cinematografico, che era arrivato ad un punto di non ritorno, non spaventando più lo spettatore.
Bisogna dare atto a Perkins di aver fatto suo questo genere, prendendolo e ribaltandolo. Portando sullo schermo un nuovo modo di fare paura, giocando sulla componente psicologica e suscitando reazioni diametralmente opposte in base alla sensibilità di chi guarda.
Dunque, non posso che consigliare Longlegs poiché sono stato io stesso il primo a rimanerne colpito e ad uscire dalla sala con quel senso d’angoscia che tanto cercavo in un film di questo tipo. Una sensazione che mi è rimasta addosso per diversi giorni, portandomi a sviluppare un pensiero critico nei confronti del genere horror e di come questo si stia lasciando andare.
Un plauso va inoltre a Nicolas Cage, che è riuscito in un colpo solo a scrollarsi di dosso il suo personaggio tipico con un’interpretazione magistrale, pur essendo davvero poco presente all’interno della pellicola.
Il consiglio è di vedere la pellicola in lingua originale per godere a la sua recitazione, che non farà altro che crearvi un brivido freddo sulla schiena.
Il film vi aspetta al cinema da domani, giovedì 31 ottobre.
Buona visione!
a cura di
Andrea Munaretto
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