David Gilmour – Circo Massimo, Roma – 29 settembre 2024
Il leggendario chitarrista dei Pink Floyd prosegue il filotto di date sotto il cielo della Città Eterna
Il Circo Massimo di Roma si trasforma in un’estasi collettiva per le decine di migliaia di cuori accorsi al cospetto di David Gilmour, che incanta la capitale nella terza serata consecutiva del 29 settembre.
Uno show che ricalca in larga parte quelli delle due serate precedenti, e che sancisce qualche giorno di pausa per Gilmour che riprenderà con gli unici spettacoli nell’Europa continentale i prossimi 1°, 2 e 3 ottobre.
Il centro di Roma si veste a festa per quella che si prospetta essere la cornice delle grandi occasioni
Una giornata soleggiata e calorosa è il contesto ideale per una di quelle domeniche che si preannunciano storiche. Ribolle nell’aria l’attesa che col passare delle ore diventa sempre più spasmodica, tra blocchi stradali ed esodi che dal centro storico si infittiscono con l’avvicinarsi delle ore 21.
Roma non si fa cogliere impreparata, e giocoforza non ci siamo fatti trovare impreparati nemmeno noi
È stato inevitabile andare a curiosare i video postati in rete, tratti dai precedenti show di Roma e da quelli preparativi di Brighton.
Inconsciamente il sentimento, o meglio il timore, condiviso dalla maggioranza degli spettatori è che lo scandire del tempo, come nei rintocchi di “Time”, non risparmi nemmeno una delle più sacre divinità della musica contemporanea, vuoi per la tenuta vocale, vuoi per quel tocco magico sulle sei corde che solo Gilmour è in grado di dare.
Di certo, tre date consecutive al principio dell’autunno, seppur a Roma, sono una bella sfida per chiunque, anche per il leggendario Gilmour.
Quei timori in parte sembravano essersi concretizzati come spettri che aleggiavano al di sopra del mastodontico palco
Alle 21 precise fa il suo ingresso David Gilmour, con la consueta apertura “di ricognizione” scandita da “5 A.M.” e “Black Cat”.
Ma la vera prova del nove arriva subito con “Breathe” e “Time”, quando la voce di David sembra essere provata dai due show consecutivi e anche dall’arrivo di una leggera ma distinta umidità sul prato del Circo Massimo, la quale ha sostituito i confortevoli 25 gradi che hanno caratterizzato la giornata.
Con grande sollievo del pubblico già nei successivi brani, quali “Fat Old Sun”, “Marooned” e l’immancabile “Wish You Were Here”, quei timori svaniscono come fumo verso il tetto stellato di Roma. La voce di Gilmour è già più calda e sicura, così come le dita che si destreggiano con maggior disinvoltura.
Anche il pubblico si lascia andare, dopo che Guy Pratt (al basso) ha introdotto lo show concedendo di fotografare e riprendere, ma (con un appello che raramente viene proposto) pregando di spegnere torce e flash, che non solo possono mettere in difficoltà gli stessi musicisti ma che spesso mettono in difficoltà fotografi (ai quali l’uso è vietato) e videomaker. Insomma, ne sappiamo qualcosa…
Il primo set con una novità sul palco
Scopriamo un David piacevolmente coinvolgente e loquace, in particolare quando introduce la figlia Romany. Se “Roro” aveva destato anni fa curiosità sui social quando si mostrò simpaticamente “spazientita” di fronte alle impartizioni del papà, sul palco dimostra di meritare quelle attenzioni. Non tanto per “ius sanguinis“, bensì per le ottime abilità musicali, e soprattutto per una voce fuori dal comune, come si è potuto apprezzare in “Between Two Points”.
Il secondo set
La consueta pausa aumenta la fibrillazione degli spettatori verso il gran finale, nel quale Gilmour lascia molto spazio ai suoi brani da solista dall’album “Rattle That Lock” e, ovviamente, dal fresco “Luck and Strange”.
Ma c’è ancora spazio per una toccante rivisitazione di “The Great Gig in The Sky” a lume di candela, con il soave canto delle coriste (alle quali nel frattempo si è aggiunta Romany) e con David al monocordo.
Gilmour si congeda dalla fase toccante del set con una devota dedica alla moglie Polly Samson, prima di condividere con Roma “Coming Back to Life”.
E il gran finale…
“Scattered” segna il fatidico momento nel quale il pubblico in platea si fionda in transenna al cospetto di GIlmour, con la trepidante attesa per l’immortale “Comfortably Numb”.
Ancora una volta la magia avviene: quello spettacolo di luci, laser, sguardi e voci si uniscono fra loro, amalgamandosi come in un rito collettivo col pubblico per conferire quell’aura di sacralità attorno a Gilmour, specie quando i due assoli si librano nell’aria.
Per un attimo credo che chiunque abbia pensato dentro di sé “È questa l’ultima volta nella quale ascolterò Comfortably Numb dal vivo? Ho davvero assistito al mio ultimo show di Gilmour?”.
A pensarci intensamente, spaventa sapere di essere nella generazione finale alla quale è dato il privilegio di assistere a spettacoli simili, al cospetto di una delle ultime leggende della musica rock dell’ultimo mezzo secolo.
Ma per quanto la tirannia del tempo sia spietata ci godiamo il dono dell’attimo presente, che come la musica dei Pink Floyd riecheggerà nell’eternità.
Un ringraziamento speciale a D’Alessandro e Galli.
a cura di
Emmanuele Olivi
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