“Never Let Go” – la recensione in anteprima!

“Never Let Go” – la recensione in anteprima!
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Gli horror sono una delle passioni di chi vi scrive: in questi anni ne sono passati tanti davanti ai miei occhi, alcuni belli e altri decisamente meno. Ma “Never Let Go”, ultima fatica della pluripremiata Halle Berry nel doppio ruolo attrice-produttrice, di quale categoria farà parte?

In un anno in cui gli horror sono stati riscoperti ed i cinema invasi da locandine più o meno spaventose, esce finalmente l’atteso Never Let Go, ultima produzione del regista Alexandre Aja, conosciuto per l’ottimo Le Colline hanno gli Occhi, ma anche per quel flop clamoroso di Piranha 3D – come dimenticare quel pene di Jerry O’Connell (ho ancora i brividi, ma non di paura)!

Sin dal primo trailer, però, era chiaro che il tema principale del film fosse, sì, il Male, ma visto in maniera diversa: un’entità che ha sovrastato il mondo, da cui l’unico rifugio è la propria casa e una corda a cui stare sempre legato.

Il mio interesse nei confronti di questo film è stato contrastante. Da un lato mi è sembrato di tornare alle ambientazioni di A Quiet Place, da un altro provavo un interesse particolare senza capirne realmente il motivo.

Dopo tanti film visti in questo 2024, Never Let Go sarà riuscito ad appagare la mia ricerca dell’horror perfetto o sarà stata solo l’ennesima pellicola “vorrei, ma non posso”?

Casa benedetta di antico legno…

Il bosco può essere un luogo accogliente, ma può anche respingerti come un despota. Partendo da questo presupposto, ci troviamo in un lodge di montagna, dove al suo interno vivono la nostra protagonista, Halle Berry, con i suoi due figli, Nolan (Percy Daggs IV) e Samuel (Anthony B. Jenkins).

Calati in un’atmosfera quasi apocalittica (dove anche una semplice polaroid non è conosciuta dai figli), il trio vive in perfetta armonia con l’ambiente che li circonda e che offre loro cibo e sostentamento. Ma (perché c’è sempre un “ma” in queste narrazioni) l’aria è troppo tesa per offrire allo spettatore la stessa tranquillità della famiglia.

Per poter uscire per procacciarsi il cibo, i protagonisti devono necessariamente imbracarsi ad una corda benedetta per non farsi prendere dal Male. Perché, sì, il mondo è finito per colpa del Male che ha distrutto tutto.
Sin da questo primo colpo di scena (ma neanche troppo), capiamo dove virerà la storia e chi sarà il vero antagonista per i nostri protagonisti.

…per i puri e i buoni sei di sostegno

Senza dubbio la prova alla regia di Alexandre Aja si può valutare con un bel 6 di incoraggiamento: i tempi sono buoni, mantenendo un ritmo blando dai forti picchi nei momenti giusti. Il tutto supportato da una fotografia ai limiti della perfezione.

Le scelte dei colori e il taglio delle riprese aiutano a conferire alla pellicola quella cornice che ogni horror dovrebbe avere, le scene alla luce del sole aiutano lo spettatore nella visione, distraendolo da alcune pecche presenti qua e là, evidenziate dai buchi di trama.

Gran merito va dato anche agli attori: se per Halle Berry le parole sulle sue capacità attoriali non si sprecano più, per quanto riguarda i giovani Percy Daggs IV e Anthony B Jenkins possiamo dire con certezza che rappresentino la vera sorpresa del film, riuscendo a sorreggere tutta “la casa” con una performance di spessore.

Nonostante ciò, non si può non fare un appunto negativo su tutto il resto. La scrittura di Kevin Coughlin e Ryan Grassby è senza ombra di dubbio l’anello debole del film: per quanto la pellicola voglia richiamare un caposaldo degli horror con un alto contenuto di simbolismo,The Village, il tentativo risulta riuscito solo in parte.
La storia risulta infatti troppo banale e scontata, prendendo una direzione intuibile nella prima mezz’ora di film.

Questo non significa che anche l’utilizzo di simboli sia scontato e banale, anzi, gran parte dell’interesse risiede proprio in questo e nel cercare di imparare la nenia che viene ripetuta a più riprese dai protagonisti, quasi come una carezza delicata in un mondo di paura.

Ha del potenziale, ma non si applica

Never Let Go rimane un tipico “vorrei, ma non posso”, che porta a quella sensazione di dispiacere nei confronti di una pellicola che aveva tutte le carte in regola per diventare un piccolo cult.

Un ricordo di shyamalaiana memoria, che rimanda ai film inespressi del gota degli horror psicologici che solo una volta studiati vengono apprezzati, ma pur sempre da un piccolo gruppo di persone. Questo puntare su temi semplici ed altrettanto banali contrapposizioni rende il film come un petardo bagnato; l’utilizzo dei simboli fini a se stessi e privi del giusto background (cosa invece presente nel film di Shyamalan) sgonfia immediatamente tutta la struttura alla base della narrazione, in un crescendo che non c’è mai stato.

Come altri horror moderni, l’idea iniziale – ottima alla visione del trailer – si scioglie come neve al sole a causa di una realizzazione fin troppo edulcorata, fondata sulla paura di spaventare. Sono ormai lontani i tempi di Non Aprite Quella Porta e anche la psiche umana ha bisogno di essere stimolata con messaggi decisi.

Il dispiacere aumenta, vista la sublime fotografia e per le interpretazioni attoriali. Un’occasione persa per Aja, che poteva tornare ad ammirare quelle colline ed invece è solo finito tra i piranha.

Dategli comunque una possibilità, con quella leggerezza nel cuore che solo un film comedy può portare con sé. Anche se siamo di fronte ad un horror.

Buona visione!

a cura di 

Andrea Munaretto

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Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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